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martedì 10 ottobre 2023

Filtro ..Uno..

"Filtro", "percezione", "essenza", "cuore", "interpretazione", "bianco e nero", "arte astratta", "significato quadro", "psicologia arte", "emozioni", "autenticità".



Tra Apparenza e Essenza

Nel vasto mare delle percezioni umane, la realtà non è mai una verità assoluta e univoca. Ogni esperienza, ogni emozione, ogni informazione che riceviamo passa attraverso un sistema complesso di lenti interiori, un meccanismo sottile che modella ciò che vediamo, sentiamo e crediamo. Questo processo è ciò che ho voluto esplorare con la mia opera intitolata "Filtro... Uno".

Questa raffigurazione, volutamente realizzata in un'intensa scala di grigi, bianco e nero, è un tentativo di spogliare la realtà dal suo velo di colore, per concentrarsi sull'essenza, sulle forme e sui contrasti che definiscono la nostra percezione. Il bianco e nero non è una limitazione, ma una scelta stilistica che amplifica il messaggio, costringendo l'osservatore a guardare oltre la superficie, a cercare il significato nelle tonalità e nelle trame.

Al centro della composizione, in alto, emerge una forma che evoca un cuore, ma non un cuore tradizionale, perfetto. È un cuore che sembra quasi un bocciolo, una gemma, o forse una forma organica in fase di trasformazione, quasi fatto di terra e radici, o di pietra lavorata dal tempo. Questa imperfezione, questa materialità, suggerisce la complessità dell'amore e delle emozioni. Non sono entità eteree, ma profondamente radicate nella nostra fisicità e nella nostra esperienza. Questo cuore, posto quasi a galleggiare o a emergere da uno sfondo che evoca increspature, vibrazioni, o forse una superficie d'acqua che riflette, simboleggia la nostra essenza più profonda, il nostro centro emotivo.

Sotto di esso, emerge una figura stilizzata, delle mani o una sagoma antropomorfa, con le braccia aperte, quasi in atto di ricevere, di accogliere, o di offrire. È una posizione di apertura, di vulnerabilità ma anche di forza. Questa figura rappresenta l'individuo, il "filtro" stesso. Siamo noi che, con le nostre esperienze, le nostre convinzioni, i nostri stati d'animo, accogliamo o respingiamo ciò che il mondo ci presenta. Siamo noi che, consapevolmente o meno, elaboriamo le informazioni, diamo forma alle emozioni e interpretiamo la realtà.

Il "filtro" è il nostro sguardo interiore. È il modo in cui le nostre gioie passate influenzano come percepiamo una nuova felicità. È il modo in cui le nostre ferite non rimarginate possono distorcere la percezione di un gesto d'affetto. È la somma delle nostre paure e delle nostre speranze che plasma il modo in cui affrontiamo il futuro. Questo quadro invita a riflettere su quanto di ciò che "vediamo" sia effettivamente esterno a noi e quanto sia una proiezione del nostro mondo interiore.

In un'era dominata dai filtri digitali che modificano le immagini, "Filtro... Uno" ci spinge a guardare ai nostri filtri più autentici, quelli dell'anima. Ci chiede di essere consapevoli di come percepiamo il mondo, di riconoscere che la nostra realtà è un'interazione costante tra ciò che è fuori e ciò che è dentro di noi. Non è un giudizio, ma un invito all'introspezione: quanto siamo aperti a ciò che l'universo ci offre? Quanto permettiamo ai nostri preconcetti di limitare la nostra visione? E quanto siamo disposti a guardare il cuore delle cose, anche quando non sono perfette, anche quando sono espresse solo in bianco e nero, per coglierne la vera, profonda essenza?

Attraverso le sue tonalità di grigio e le sue forme evocative, "Filtro... Uno" ci ricorda che la vera percezione risiede nella capacità di leggere oltre le apparenze, di sentire il cuore pulsare al di là del velo, e di accogliere la complessità della vita con mente e spirito aperti.


~Mia.

mercoledì 4 ottobre 2023

Muro .. Uno ..

"Muro", "ostacolo", "barriera", "speranza", "trasformazione", "percezione", "arte astratta", "significato quadro", "superare limiti", "prospettiva", "bellezza", "natura"



La Barriera che diventa Orizzonte

Nel linguaggio comune, la parola "muro" evoca immagini di separazione, ostacolo, limite invalicabile. Un muro divide, protegge a volte, ma più spesso preclude, nasconde ciò che sta oltre. Eppure, l'arte ha il potere di trasformare le percezioni, di svelare nuove prospettive anche nelle più comuni delle strutture. È con questa intenzione che ho dato vita alla mia serie "Muro", e in particolare a questa prima opera, "Muro... Uno".

A un primo sguardo, il quadro si presenta con una composizione che potrebbe suggerire proprio una barriera. Le linee verticali, quasi delle fitte trame di vegetazione o strutture, si ergono a creare un confine. Ma è osservando attentamente i colori e la luce che l'interpretazione si rovescia. Il muro non è grigio e inerte, ma vibrante di vita. Le tonalità dominanti di giallo brillante e verde intenso, con sprazzi di rosso e blu, suggeriscono una vitalità quasi febbrile, un'esplosione di energia che travalica la funzione di mero impedimento. Non è un muro di mattoni, ma un muro di natura, una barriera vivente.

E poi, sopra questo "muro" di foglie e rami, o forse attraverso una sua fessura, emerge una luce. Un cielo dai toni caldi del tramonto o dell'alba – rosa, arancio, viola, blu profondo – domina la parte superiore della tela. Questo elemento cromatico è cruciale. La luce non è nascosta o bloccata; anzi, si irradia, creando un contrasto potente con la densità della vegetazione sottostante. Quella che inizialmente poteva apparire come una barriera insormontabile, rivela ora una funzione inaspettata: diventa un portale, un telaio attraverso cui intravedere un orizzonte nuovo, una promessa di ciò che c'è oltre.

"Muro... Uno" non è un'ode all'ostacolo, ma alla sua trasformazione. Quanti "muri" incontriamo nella nostra vita? Possono essere paure interiori, pregiudizi radicati, difficoltà economiche, relazioni complesse, o semplicemente le sfide inattese che il destino ci pone davanti. Spesso ci sentiamo bloccati, convinti che ciò che ci sta di fronte sia un limite definitivo. Ma questo quadro suggerisce una prospettiva diversa. Se guardiamo più a fondo, se cerchiamo la bellezza e la vitalità anche nell'ostacolo, potremmo scoprire che il "muro" stesso è composto da elementi vivi, dinamici, che possono essere attraversati o che, in qualche modo, possono rivelare una via.

La luce che emerge dal cielo simboleggia la speranza, la possibilità, la visione. Ci ricorda che anche di fronte alle barriere più imponenti, c'è sempre un "oltre" da esplorare, una nuova alba o un tramonto suggestivo che ci attende. Il muro non è la fine, ma un punto di passaggio, un'opportunità per elevare lo sguardo, per cercare la luce, per trovare una via d'uscita che prima non avevamo considerato.

Questo quadro è un invito a ridefinire il nostro rapporto con gli ostacoli. È un incoraggiamento a non vedere un muro come un confine invalicabile, ma come un elemento del paesaggio che, con la giusta prospettiva, può rivelare un nuovo scenario, una nuova possibilità. "Muro... Uno" ci sussurra che la vera forza non sta nell'abbattere ogni barriera, ma nel trovare la bellezza e la speranza anche al loro interno, trasformando ciò che sembrava un limite in un varco verso l'infinito.


~Mia.

mercoledì 27 settembre 2023

Spine

Ostinato nel diversificarmi
dagli stessi colori, 
ad ognuno il proprio mestiere.
Misticanza su tavole imbandite 
dai suoni grezzi e gravi, gli orchi, le voci soavi
acuti di chiacchiericci da intrattenimento
mentre la serata scivola; m’ allontano
per una passeggiata. Vera e cruda
la sua mano scruta la mia
come dune di sabbia 
dei paesaggi sterili e piatti,
leggeri su giorni nuovi da sperimentare;
alcune luci riflesse ed ombre sconfinate
corpi d’ acciaio adiacenti scalfiti da tempeste di sabbia
con ognuno i propri sogni in testa.



L'Inquietudine dell'Anima e la Ricerca di Autenticità

La poesia è un viaggio nell'anima, un percorso che si snoda tra immagini, suoni e sensazioni, invitando il lettore a una profonda riflessione. La mia poesia "Spine" è un tentativo di catturare proprio questa complessità: la tensione tra il desiderio di distinguersi e la realtà di un mondo che, a volte, appiattisce le individualità. È una riflessione sulla ricerca di autenticità in un contesto sociale spesso chiassoso e superficiale.

I versi iniziali, "Ostinato nel diversificarmi dagli stessi colori, ad ognuno il proprio mestiere.", stabiliscono immediatamente il tono. C'è un desiderio profondo, quasi una necessità, di affermare la propria unicità. "Diversificarsi dagli stessi colori" evoca l'immagine di una ribellione contro l'omologazione, il rifiuto di essere un'altra sfumatura in una palette già vista. È una dichiarazione di intenti: ognuno ha la sua funzione, il suo scopo, il suo "mestiere" nel grande disegno della vita. Questa affermazione non è solo un atto di auto-affermazione, ma anche un riconoscimento della ricchezza che deriva dalla pluralità delle individualità.

La scena si sposta poi su un contesto sociale: "Misticanza su tavole imbandite dai suoni grezzi e gravi, gli orchi, le voci soavi acuti di chiacchiericci da intrattenimento mentre la serata scivola;". Qui percepiamo una "misticanza", un'unione eterogenea di persone e situazioni. Le "tavole imbandite" suggeriscono convivialità, ma i "suoni grezzi e gravi" e la presenza di "orchi" accanto a "voci soavi" e "acuti di chiacchiericci da intrattenimento" dipingono un quadro di contrasti. C'è una dissonanza: il divertimento può nascondere una certa ruvidezza, una superficialità intrinseca. La serata "scivola", suggerendo forse un tempo che passa senza un vero scopo o un'autentica connessione. È una rappresentazione vivida di come le interazioni sociali, pur apparentemente piacevoli, possano a volte lasciare un senso di vuoto o di alienazione in chi cerca qualcosa di più profondo.

Ed è qui che arriva il punto di svolta: "m' allontano per una passeggiata." Questo verso è un atto di evasione, una fuga necessaria dal rumore e dalla superficialità. La passeggiata è un atto di ricerca interiore, un modo per ritrovare se stessi lontano dalle distrazioni esterne. È un momento di pausa, di respiro, in cui la mente può liberarsi dalle catene del "chiacchiericcio da intrattenimento".

Il contatto con l'altro, o forse con una nuova percezione della realtà, avviene con "Vera e cruda la sua mano scruta la mia come dune di sabbia dei paesaggi sterili e piatti,". Qui l'immagine diventa potente e quasi tattile. La mano "scruta", non solo tocca, ma esplora, indaga. È un contatto autentico, "vera e cruda", privo di finzioni. Il paragone con "dune di sabbia dei paesaggi sterili e piatti" è suggestivo. Le dune, pur create dal vento, possono essere uniformi e apparentemente senza vita. Ma in questo contesto, la mano che le scruta forse rivela la loro unicità, le loro infinite sfumature. È una metafora della riscoperta della profondità e della texture anche dove sembra esserci piattezza, e del potere di una connessione autentica di rivelare la complessità al di là della superficie.

Infine, la poesia si apre al futuro: "leggeri su giorni nuovi da sperimentare; alcune luci riflesse ed ombre sconfinate corpi d’ acciaio adiacenti scalfiti da tempeste di sabbia con ognuno i propri sogni in testa." Questo è il messaggio di speranza e resilienza. Le "dune di sabbia" diventano "leggere" e si proiettano su "giorni nuovi da sperimentare". Nonostante le sfide passate, c'è un senso di leggerezza e di apertura al futuro. Le "luci riflesse ed ombre sconfinate" simboleggiano la dualità dell'esistenza, la coesistenza di gioia e dolore, chiarezza e mistero, che continuano a definirci. I "corpi d’acciaio adiacenti scalfiti da tempeste di sabbia" sono un'immagine potente della resilienza umana. Siamo forti, quasi indistruttibili, ma le esperienze, le "tempeste di sabbia" della vita, lasciano segni, "scalfiture" che raccontano la nostra storia. E nonostante tutto, ognuno porta con sé "i propri sogni in testa", un bagaglio prezioso di aspirazioni e desideri che ci spinge avanti.

"Spine" è, in sintesi, un viaggio dal disagio sociale alla ricerca di autenticità, culminando in una visione di resilienza e speranza. Le "spine" del titolo potrebbero essere le piccole asperità della vita, le difficoltà nel trovare il proprio posto, o le piccole ferite che si accumulano. Ma sono anche un promemoria che l'autenticità, pur a volte dolorosa, è ciò che ci rende "integri" e capaci di portare avanti i nostri sogni, anche in un mondo pieno di contrasti.


~Mia.

lunedì 25 settembre 2023

Alcuni Mali

 "Alcuni Mali", "dolore", "inquietudine", "sofferenza", "emozioni", "arte astratta", "significato quadro", "psicologia arte", "ombra interiore", "espressione artistica", "catarsi", "consapevolezza".



Quando l'Arte Dà Voce alle Ombre Interiori

Esistono aspetti della nostra esistenza che preferiamo non affrontare, angoli bui della psiche o sfide della vita che ci appaiono come pesi invisibili, macigni che portiamo dentro. Sono i "mali", non intesi necessariamente come il male assoluto, ma come quelle afflizioni, quelle inquietudini, quei disagi che, a vari livelli, toccano l'esperienza umana. Il mio quadro, intitolato appunto "Alcuni Mali", è un tentativo di dare forma e colore a queste ombre, di esplorarle senza timore, riconoscendo la loro presenza e la loro capacità di influenzare il nostro mondo interiore.

L'impatto visivo dell'opera è immediato e potente. Il rosso, dominante e vibrante, satura quasi completamente la tela. Non è un rosso caldo e rassicurante, ma piuttosto una tonalità che evoca passione, certo, ma anche urgenza, allarme, dolore, la vitalità cruda di una ferita aperta o di un'energia indomita. Questo sfondo tumultuoso suggerisce un'atmosfera di tensione, un campo di battaglia emotivo dove i "mali" prendono forma.

Al centro di questo sfondo incandescente, emerge una figura scura e complessa, quasi una creatura informe o una forma organica contorta. È composta da tonalità di nero, grigio e blu profondo, che contrastano nettamente con l'esplosione di rosso. Le sue forme sono irregolari, quasi spinose, con elementi che sembrano protrudersi come artigli o punte. Questo nucleo scuro è la rappresentazione visiva dei "mali": non un'unica entità, ma un agglomerato di paure, ansie, dispiaceri, traumi, o forse anche malattie invisibili che affliggono l'anima e il corpo. Il modo in cui le pennellate blu si insinuano e si mescolano a questo nero, aggiunge una dimensione di freddezza o di lucida sofferenza, un contrasto tra il calore del dolore e la fredda consapevolezza.

L'espressione "Alcuni Mali" nel titolo è significativa. Non si tratta di tutti i mali del mondo, né di un'affermazione definitiva sulla natura del dolore. È un riconoscimento che, nella nostra vita, incontriamo alcuni di questi mali. Sono specifici, personali, eppure universali nella loro essenza. Questo quadro non ha la pretesa di risolvere o spiegare il dolore, ma piuttosto di visualizzarlo, di dargli un volto, per quanto astratto, affinché possiamo osservarlo, riconoscerlo e, forse, iniziare a comprenderlo.

L'arte, in questo contesto, diventa un mezzo di catarsi. Dipingere "Alcuni Mali" è stato un modo per esplorare quelle sensazioni che spesso restano inespresse, per tirar fuori ciò che a volte si tiene nascosto. Non è una resa, ma un atto di confronto. Riconoscere l'esistenza di queste ombre, dar loro uno spazio visibile, è il primo passo per affrontarle. Il quadro diventa uno specchio, un invito per l'osservatore a riflettere sui propri "mali", su quelle sfide interiori che ciascuno porta con sé.

In un mondo che spesso ci spinge a mostrare solo la parte migliore di noi, a celare le fragilità, "Alcuni Mali" è un'affermazione della complessità dell'essere umano. È un promemoria che la bellezza non risiede solo nella luce, ma anche nella capacità di contemplare e integrare le ombre. Accettare che ci siano "alcuni mali" nella nostra vita non è segno di debolezza, ma di profonda onestà e forza interiore. È attraverso il riconoscimento di queste sfide che possiamo aspirare a una maggiore consapevolezza e a una più completa integrità.


~Mia.

domenica 24 settembre 2023

Tempo

 
"Tempo", "significato del tempo", "cambiamento", "transitorietà", "esistenza", "arte astratta", "interpretazione quadro", "filosofia dell'arte", "flusso", "natura cangiante", "emozioni", "riflessione"


Il Sussurro delle Nuvole

Il Tempo è forse il più enigmatico dei concetti umani, una forza invisibile eppure onnipresente che modella ogni aspetto della nostra esistenza. È il ticchettio inesorabile dell'orologio, il mutare delle stagioni, il ricordo di ciò che è stato e l'attesa di ciò che sarà. Con la mia raffigurazione intitolata semplicemente "Tempo", ho voluto catturare non tanto la sua misurazione lineare, quanto piuttosto la sua essenza fluida, la sua natura cangiante e la sua capacità di generare bellezza e cambiamento.

A un primo sguardo, il quadro evoca immediatamente un paesaggio celeste, un cielo vasto e dinamico. Le pennellate ampie e mosse, soprattutto nella parte superiore, suggeriscono il movimento di nuvole, dense e stratificate, che si trasformano continuamente. I colori predominanti sono tonalità di rosa, arancio e bianco, che si fondono e si separano, creando un'atmosfera che può richiamare un'alba o un tramonto particolarmente vivido, oppure la quiete tempestosa di un cielo carico di promesse o di ricordi. Questo dinamismo cromatico è la prima chiave di lettura del "Tempo": esso non è mai statico, ma un flusso incessante di trasformazione.

La parte inferiore del quadro, con i suoi toni più scuri di blu profondo e grigio, potrebbe rappresentare la terra o un corpo d'acqua, riflettendo o assorbendo la luce e il movimento del cielo. La fusione tra queste due sezioni suggerisce una connessione indissolubile: il tempo che scorre sul piano celeste si manifesta e si riflette sulla nostra realtà terrena. È un promemoria che, per quanto le nostre vite siano ancorate alla materialità, siamo costantemente influenzati dalle forze invisibili che ci sovrastano e ci attraversano.

I "moti" dipinti sulla tela – le striature, le sfumature, le intersezioni di colore – sono la rappresentazione visiva dei "moti" del Tempo. Sono le onde che si formano e si disfano, i cicli che si susseguono, le esperienze che si accavallano l'una sull'altra. Non c'è una forma definita o un punto focale statico; tutto è in movimento, tutto è transitorio, esattamente come la natura del Tempo stesso. Questa fluidità invita l'osservatore a riflettere sulla propria relazione con il passare dei giorni, degli anni: ci lasciamo trasportare dalle sue correnti, o cerchiamo di opporci al suo inesorabile scorrere?

"Tempo" non è una raffigurazione di un istante, ma dell'eterna transizione. Ci invita a considerare come i momenti si susseguono, come le emozioni mutano e come le circostanze evolvono. È un'esplorazione del significato di vivere nel presente, pur essendo consapevoli del passato che ci ha plasmato e del futuro che ci attende. Il quadro suggerisce una contemplazione passiva e attiva del Tempo: lo guardiamo mentre si manifesta, ma ne siamo anche parte integrante, agenti e ricettori della sua incessante danza.

In definitiva, "Tempo" è una meditazione visiva sulla natura effimera eppure potente dell'esistenza. Ci ricorda che, sebbene non possiamo fermare lo scorrere del tempo, possiamo scegliere come viverlo, come interpretare le sue nuvole cangianti e come accogliere i suoi riflessi sul nostro cammino. È un invito a trovare bellezza nel cambiamento, serenità nella transitorietà e ispirazione nel flusso continuo della vita.


~Mia.

sabato 23 settembre 2023

Gender

"Gender", "identità di genere", "fluidità", "percezione di sé", "identità personale", "diversità", "complessità umana", "arte astratta", "significato quadro", "autenticità", "espressione di sé", "dibattito gender".

 

Oltre il Visibile, L'Essenza Fluida dell'Identità

Il concetto di "gender" è oggi più che mai al centro di un dibattito complesso e sfaccettato. Va ben oltre la semplice distinzione biologica, addentrandosi nelle profondità dell'identità personale, della percezione di sé e del modo in cui ognuno si posiziona nel mondo. Con la mia raffigurazione intitolata "Gender", ho cercato di dare forma a questa complessità, esplorando la fluidità e la natura intrinseca di un aspetto così fondamentale dell'essere umano.

A un primo sguardo, il quadro cattura l'attenzione con un elemento centrale scuro, quasi un vuoto o un abisso, circondato da un'aura luminosa e vibrante di blu e azzurro, che sfuma in tonalità più calde e terrose sullo sfondo. Questo nucleo scuro può essere interpretato come il mistero dell'identità, il profondo e intimo sentire di sé che non è immediatamente visibile o definibile dall'esterno. È lo spazio interiore dove l'individuo elabora la propria percezione, spesso al di là delle etichette e delle aspettative sociali.

L'anello di luce, un blu elettrico che si irradia dal centro, suggerisce l'energia e la vitalità di questa identità che cerca di emergere. Non è un contorno netto, ma un'aura che si fonde e si confonde con le pennellate circostanti. Questo evoca la natura dinamica del gender: non è una categoria fissa, ma un'esperienza in continua evoluzione per molti, una scoperta progressiva di ciò che si è e di come ci si sente. Le diverse sfumature di blu e azzurro possono simboleggiare l'ampio spettro delle identità di genere, ciascuna con le sue unicità e le sue sfumature.

Lo sfondo del quadro, con le sue striature orizzontali e verticali in tonalità che vanno dal rosso-arancio al marrone, e poi al grigio e al bianco, crea un contrasto significativo. Queste linee e colori possono rappresentare il mondo esterno, le strutture sociali, le convenzioni e le aspettative che spesso tentano di incasellare l'individuo. La fluidità delle pennellate suggerisce però che anche queste "strutture" non sono rigide, ma possono essere influenzate, attraversate, o persino ridefinite dall'emergere delle identità individuali. È un paesaggio in costante movimento, come il dibattito e la comprensione sociale del gender.

"Gender" è un invito a guardare oltre le apparenze e le categorizzazioni superficiali. Ci spinge a considerare l'identità non come un'etichetta predefinita, ma come un viaggio personale, intimo e spesso invisibile agli occhi degli altri. Il nucleo oscuro al centro non è un vuoto da temere, ma uno spazio sacro di autenticità, protetto e illuminato dalla propria verità interiore.

L'opera celebra la diversità e la complessità dell'esperienza umana. In un mondo che sta imparando a riconoscere e celebrare un numero sempre maggiore di identità, questo quadro si propone come una meditazione visiva sulla bellezza di ciò che è "non-binario" nel senso più ampio del termine – la capacità di esistere al di là delle definizioni prestabilite, di esprimere la propria essenza in modi nuovi e autentici. È un inno alla libertà di essere, alla forza di esistere pienamente nella propria verità, indipendentemente dalle convenzioni. Ci ricorda che l'identità è un'arte in sé, una creazione continua che merita rispetto, comprensione e celebrazione in tutte le sue infinite, meravigliose sfumature.


~Mia.

venerdì 22 settembre 2023

Colori per fare il Venerdì

 
"Venerdì", "fine settimana", "gioia", "attesa", "liberazione", "colori vivaci", "arte astratta", "significato quadro", "emozioni", "psicologia del colore", "transizione", "benessere".


L'Armonia Vibrante dell'Attesa e della Gioia

Il venerdì è più di un semplice giorno della settimana; è una promessa, un sospiro di sollievo che precede il riposo e la libertà del fine settimana. È il giorno in cui l'energia della fatica settimanale si mescola con l'anticipazione della leggerezza imminente. È questa sensazione di transizione, di attesa gioiosa e di liberazione, che ho cercato di catturare nella mia raffigurazione intitolata "Colori per fare il Venerdì".

A un primo sguardo, il quadro si presenta come un'esplosione di geometrie e tonalità calde e vivaci. Le grandi fasce orizzontali e verticali, intersecate da linee nere nette, creano una composizione astratta che suggerisce dinamismo e struttura allo stesso tempo. Non è un paesaggio, ma un'emozione tradotta in forme e colori, un'istantanea visiva di quel particolare stato d'animo che solo il venerdì sa regalare.

Le tonalità predominanti sono il rosso acceso, l'arancio vibrante e il giallo solare. Questi colori sono intrinsecamente legati all'energia, alla passione, alla gioia e alla positività. Il rosso può richiamare la vitalità, l'arancio l'entusiasmo, e il giallo la luce, l'ottimismo, la carica positiva che si inizia a percepire al termine della settimana lavorativa. Sono i "colori" dell'eccitazione, della speranza che si fa concreta.

Il blu petrolio o verde scuro, che attraversa la parte centrale del quadro, introduce un elemento di contrasto. Potrebbe simboleggiare la persistenza degli impegni, le ultime ore di lavoro che ancora ci tengono ancorati alla routine. Ma anche questo blu non è freddo e statico; è attraversato da pennellate che suggeriscono movimento e transizione, quasi a indicare che anche le ultime resistenze si stanno sciogliendo, aprendo la strada alla liberazione.

Le linee nere, nette e decise, non sono barriere, ma piuttosto elementi strutturali che definiscono e contengono l'esuberanza dei colori. Potrebbero rappresentare la routine, gli schemi, le discipline che scandiscono la settimana, ma che al venerdì si preparano a sciogliersi. Oppure, sono come i margini di un calendario, o le intersezioni delle nostre vite, che si incontrano e si trasformano in un'armonia vibrante.

"Colori per fare il Venerdì" è un'ode all'attesa e alla liberazione. Il quadro cattura quel momento quasi magico in cui si sente l'energia scivolare via dalle spalle, e si inizia a respirare l'aria del fine settimana. È una rappresentazione della gioia che non è ancora esplosa completamente, ma che è lì, in nuce, pronta a manifestarsi.

L'opera ci invita a celebrare i piccoli momenti di transizione, a riconoscere la bellezza nell'anticipazione. Ci ricorda che anche la fine di un ciclo (la settimana lavorativa) può essere un momento di grande energia positiva e di preparazione a qualcosa di migliore. È un invito a riempire i nostri "venerdì" di colori, di attese positive, di gratitudine per il lavoro svolto e di entusiasmo per il tempo libero che ci aspetta. Che sia un pomeriggio di riposo, un incontro con gli amici o l'inizio di un viaggio, il "venerdì" è la tela su cui iniziamo a dipingere il nostro tempo libero con le tonalità più brillanti dell'anima.


~Mia.

giovedì 21 settembre 2023

Stella

Succede a volte di piangere
proprio del cuore
come fosse una terribile fine,
ragioni di vita, esperienze.
Esiste poi un posto
dove la felicità imposta
non arriva più 
e piangi proprio dal cuore
per permetterle di raggiungerti lì.



Oltre la Felicità Imposta: Riflessioni sulla mia poesia "Stelle"

Nel mio percorso artistico, che si snoda tra il colore sulla tela e il peso delle parole, ci sono temi che ritornano, urgenze che bussano con insistenza alla porta della mia coscienza. Uno di questi è il concetto di vulnerabilità, e il suo rapporto quasi paradossale con la felicità. Da questa riflessione è nata una delle mie poesie più intime, intitolata "Stelle".

A una prima lettura, potrebbe sembrare una poesia sulla tristezza. E in parte lo è. Ma il suo cuore pulsante, il suo messaggio più profondo, non è il pianto in sé, ma la sua funzione trasformativa.

Il Pianto che Viene "Proprio dal Cuore"

La poesia si apre con un'immagine potente: "Succede a volte di piangere / proprio del cuore". Non è un pianto superficiale, non sono le lacrime di un capriccio passeggero. È un pianto viscerale, che sgorga dal centro esatto del nostro essere, dal luogo in cui accumuliamo "ragioni di vita, esperienze". È il pianto che arriva quando il peso del vissuto diventa insostenibile, quando sentiamo che qualcosa dentro di noi ha raggiunto un punto di rottura, "come fosse una terribile fine".

Tutti conosciamo questa sensazione. È un momento di resa totale, in cui le maschere cadono e ci troviamo nudi di fronte al nostro stesso dolore. È un'esperienza che ci spaventa, perché la nostra società ci insegna a essere forti, a resistere, a "pensare positivo". Ma cosa succede se, per una volta, smettiamo di resistere?

Il Rifugio dalla "Felicità Imposta"

Qui si innesta il concetto chiave della poesia: "Esiste poi un posto / dove la felicità imposta / non arriva più". Cos'è la "felicità imposta"? È il sorriso forzato che indossiamo per non preoccupare gli altri. È la pressione dei social media che ci vogliono sempre performanti, vincenti, in vacanza. È l'idea che la tristezza sia un fallimento da nascondere a ogni costo.

Il "posto" di cui parlo nella poesia non è un luogo fisico. È uno stato interiore, un santuario dell'anima. È il punto di massima onestà con noi stessi. È il momento in cui ci diamo il permesso di essere fragili, di essere "sbagliati", di essere semplicemente umani. In questo spazio sacro, le aspettative esterne non hanno più potere. La felicità fasulla, quella da copertina, non può raggiungerlo perché è un luogo troppo autentico per lei.

Piangere per Fare Spazio

Ed è qui che avviene la magia, il paradosso: "...e piangi proprio dal cuore / per permetterle di raggiungerti lì". Il pianto non è più una fine, ma un inizio. Diventa un atto di purificazione, un modo per fare pulizia, per svuotare il cuore da tutto ciò che lo opprime. È come se le nostre lacrime lavassero via la patina della finzione, creando uno spazio vuoto, fertile.

E solo in quello spazio pulito e sincero, la vera felicità – non quella "imposta", ma quella autentica, silenziosa e gentile – può trovare la strada per raggiungerci. Non è una felicità che urla, ma una che sussurra. Non è una conquista, ma un accogliere. Il pianto diventa l'invito, la porta che apriamo per farla entrare.

Ma perché il titolo "Stelle"?

Forse vi sarete chiesti perché una poesia sul pianto si intitoli "Stelle", una parola che non compare mai nel testo. Le stelle hanno questa meravigliosa caratteristica: sono visibili solo nel buio. Non possiamo ammirare la loro luce tremolante in un cielo di mezzogiorno. Abbiamo bisogno dell'oscurità della notte per percepirne la bellezza e la vastità.

Allo stesso modo, la felicità autentica, la speranza, la nostra luce interiore – le nostre "stelle" – spesso possono essere viste solo quando ci concediamo di attraversare il nostro buio personale. Quel pianto che viene dal cuore è la nostra notte dell'anima, il buio necessario che ci permette, infine, di tornare a vedere le stelle.

Questa poesia è un invito ad abbracciare la nostra intera gamma di emozioni, a onorare il nostro dolore come un passo necessario nel cammino verso una gioia più vera e profonda.

~Mia.

domenica 10 settembre 2023

Riflesso

 
Riflesso, Pittura Astratta, Pittura Materica, Arte e Psicologia, Analisi Opera, Artista Emergente, Blog d'Arte, Pittura a Spatola, Colori e Emozioni, Arte Contemporanea


Tra Luce e Frammenti d'Anima

C'è un momento, nel processo creativo, in cui un'opera smette di essere solo colore e materia e inizia a respirare, a raccontare una storia. Per me, quel momento è arrivato con questo quadro, a cui ho dato il titolo di "Riflesso". Oggi voglio portarvi con me nell'analisi di questo quadro astratto, per esplorare i sentieri di pensiero e le emozioni che si nascondono dietro le sue pennellate dense e frammentate.

Guardando l'opera, la prima sensazione è quella di un'energia quasi turbolenta. Un caos controllato di blu profondi, rossi infuocati e squarci di luce bianca. La tecnica, una pittura materica ottenuta forse con una spatola più che con un pennello, crea una superficie tridimensionale, quasi una scultura su tela che invita non solo a guardare, ma anche a toccare con gli occhi. Ma cosa significa "Riflesso"? Il titolo è la chiave per aprire le porte di questo paesaggio enigmatico.

La lettura più immediata è quella di un paesaggio naturale. Possiamo immaginare una grande roccia scura, o un iceberg, che emerge da un'acqua increspata. I tocchi di colore, simili a puntini di luce, potrebbero essere il riflesso del sole (quel grande cerchio bianco e luminoso in alto a destra) o delle stelle sulla superficie dell'acqua. I rossi e i blu che si scontrano nel cielo e nell'acqua raccontano di un momento preciso della giornata: forse un'alba o un tramonto, quando il cielo si tinge di colori caldi ma l'ombra della sera o della notte (il blu e il nero) è ancora dominante.

È un paesaggio astratto, non una rappresentazione fedele, ma l'essenza di un'emozione provata di fronte alla natura. È il freddo dell'acqua, il calore della luce, il peso della terra.

Ma c'è un secondo, più profondo, livello di lettura. "Riflesso" non è solo un fenomeno ottico, è anche sinonimo di introspezione, di pensiero. E se questo quadro fosse il riflesso di un paesaggio interiore?

In quest'ottica, la grande massa scura e frammentata al centro non è più una roccia, ma il nostro Io. Un Io complesso, fatto di spigoli, di parti luminose e di abissi oscuri, tenuto insieme a fatica ma solido. Le striature di colore che lo attraversano sono le esperienze, le cicatrici, i ricordi. La psicologia del colore qui è fondamentale: il blu rappresenta la parte più riflessiva, malinconica e profonda, mentre il rosso è la passione, la rabbia, l'energia vitale. Queste due forze sono in perenne dialogo, a volte in lotta, come accade dentro ognuno di noi.

Quel sole bianco diventa allora un'idea, un barlume di speranza, un momento di chiarezza che illumina il nostro caos interiore. L'intero quadro diventa una mappa delle nostre emozioni, un'esplorazione che lega indissolubilmente arte e psicologia.

La creazione di "Riflesso" è stata un processo istintivo. Ho iniziato stendendo i blu e i neri, creando una base profonda e scura. Sentivo il bisogno di rappresentare un peso, una densità. Poi, con la spatola, ho iniziato a "ferire" quella superficie, a graffiarla, facendo emergere i rossi da sotto, come se stessi scavando per trovare un'energia nascosta. I piccoli punti di colore, quasi un mosaico, sono arrivati per ultimi, come una pioggia di luce che porta quiete dopo la tempesta.

~Mia.

mercoledì 6 settembre 2023

Fermi

Arrabatto per riuscire a tenermi qualcosa
in un tempo che spiazza anche se già non ci sei più
ti osservo andare via
e mi chiedo perché scavarsi affondo
al punto di non realizzare il solco ormai creato
se dopotutto male non c’ era,
ridicola percezione.
La guerra è signora come la morte
in effetti ieri è stata una difficile giornata
lavoravo sul male 
tentando di non distruggere ho dipinto un quadro,
e tu sei parte spensierata della mia vita
tra i ricordi più belli che ho
i tuoi occhi fermi.



Rifugio dal Dolore

Ci sono momenti nella vita in cui il tempo si deforma. Un'assenza può diventare così presente da disorientare ogni gesto, ogni pensiero. È da questo spazio sospeso, da questo "tempo che spiazza", che nasce la mia poesia "Fermi". È un testo che parla di perdita, di una battaglia interiore, ma soprattutto del ruolo vitale che l'arte assume quando si cerca di non andare in pezzi.

La Battaglia Interiore e la Percezione del Dolore

La poesia si apre con un verbo fisico, quasi disperato: "Arrabatto". È lo sforzo di chi annaspa, di chi cerca un appiglio nel caos di un'assenza. La persona a cui ci si rivolge non c'è più, eppure la sua dipartita è un evento continuo ("ti osservo andare via"). Questo introduce uno dei temi centrali: la difficile elaborazione del lutto.

Il testo esplora poi il labirinto mentale del dolore: il chiedersi "perché scavarsi affondo", il non riconoscere la profondità della propria ferita ("il solco ormai creato"). La frase "se dopotutto male non c’era, ridicola percezione" è un pugno nello stomaco. Racconta di come, a volte, la nostra stessa mente tenti di sminuire il nostro dolore, di giudicarlo sproporzionato, ridicolo. Ma il dolore non risponde alla logica, e questa lotta interiore è una vera e propria guerra.

L'Arte come Terapia: "Tentando di non Distruggere ho Dipinto un Quadro"

"La guerra è signora come la morte". Con questo verso, il sentimento personale viene elevato a una condizione universale. La sofferenza interiore è totalizzante, assoluta. E in questa guerra, l'energia distruttiva deve trovare una via d'uscita.

Qui si manifesta il potere dell'arte come terapia. La frase "lavoravo sul male / tentando di non distruggere ho dipinto un quadro" è il cuore pulsante della poesia. È una dichiarazione potentissima. L'atto del dipingere non è un semplice passatempo, ma un'alternativa consapevole all'autodistruzione. È un modo per prendere "il male", quell'energia nera e caotica, e incanalarla in qualcosa di costruttivo. La tela diventa il campo di battaglia dove la guerra può essere combattuta senza annientare chi la vive. È la trasformazione alchemica del dolore in bellezza, della distruzione in creazione. Questo processo mostra come la pittura e le emozioni siano legate in un dialogo vitale e necessario.

L'Ancora della Memoria: "I Tuoi Occhi Fermi"

Dopo la tempesta della guerra interiore e la catarsi della pittura, il tono della poesia cambia. Si apre uno squarcio di luce serena. L'assenza, prima così dolorosa, si trasforma in un ricordo prezioso: "e tu sei parte spensierata della mia vita / tra i ricordi più belli che ho".

E qui, finalmente, si svela il significato della poesia e del suo titolo, "Fermi". In tutto questo caos, in questo arrabattarsi, l'unico punto fermo, l'unica cosa a cui aggrapparsi, è un'immagine: "i tuoi occhi fermi". Quello sguardo rappresenta la stabilità, la pace, un amore che non vacilla neanche nel ricordo. È l'àncora che permette alla nave di non andare alla deriva. Nonostante il "tempo che spiazza", quel ricordo è immobile, saldo. È il "qualcosa" che il poeta, all'inizio, si sforzava di tenersi.


~Mia.

martedì 5 settembre 2023

Guerra

 
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Conflitto Interiore ed Esteriore

Ci sono opere che nascono per accarezzare l'anima e altre che nascono per scuoterla. Il mio quadro "Guerra" appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Non è un'opera facile, né vuole esserlo. È un'esplosione di materia e colore che cerca di dare una forma a una delle esperienze umane più devastanti: il conflitto. In questa analisi del quadro, voglio guidarvi attraverso il suo simbolismo, esplorando come una tela possa diventare il campo di battaglia sia del mondo esterno che della nostra interiorità.

L'impatto visivo è immediato e violento. L'opera è dominata da un rosso profondo, stratificato, che evoca sangue, rabbia, fuoco. Non è un colore piatto, ma un vortice di sfumature che crea uno sfondo caotico e instabile. Su questo palcoscenico di pura emozione, si stagliano pochi, ma potentissimi, elementi simbolici.

Anatomia di un Conflitto: L'Analisi dei Simboli

Per comprendere appieno il significato di questa pittura astratta, dobbiamo scomporla nei suoi elementi chiave, come un generale che analizza una mappa strategica.

  1. La Cicatrice Bianca: Una linea diagonale, spessa e materica, taglia la tela in due. Non è una linea pulita; è una ferita, una cicatrice. La sua consistenza ruvida e quasi gessosa la fa sembrare una trincea scavata nella terra, un muro che divide due fazioni, o la scia accecante di un'esplosione. Rappresenta una divisione netta, un punto di non ritorno, una ferita che segna permanentemente il paesaggio (interiore o esteriore).

  2. Il Bersaglio Nero: Nell'angolo in alto a destra, un cerchio e una "X" nera formano un bersaglio inequivocabile. È il simbolo più freddo e deliberato del quadro. Rappresenta l'intenzionalità della violenza, la disumanizzazione del nemico ridotto a un semplice target. Quel cerchio potrebbe essere un mondo, un'idea, una persona, una parte di noi stessi, "cancellata" dalla croce della negazione e dell'attacco.

  3. Le Lacrime Blu: In netto contrasto cromatico con il rosso dominante, alcune macchie di un blu intenso appaiono come schizzi, quasi come proiettili di un colore inaspettato. Questo è il simbolismo del colore nella sua forma più potente. Se il rosso è la rabbia calda della battaglia, il blu è il dolore freddo e profondo che ne consegue. Sono le lacrime, i lividi, il trauma. Sono il costo emotivo del conflitto, la tristezza che emerge anche nel mezzo della furia.

La Guerra Interiore: Quando la Battaglia è Dentro di Noi

Se spostiamo l'interpretazione dal piano letterale a quello psicologico, "Guerra" diventa una mappa del nostro conflitto interiore. L'arte e la psicologia si fondono. Il campo di battaglia non è più all'esterno, ma dentro di noi.

  • Il rosso è la rabbia, l'ansia, la lotta contro i nostri demoni.
  • La cicatrice bianca è il trauma, la ferita psicologica che ci divide, che crea un "prima" e un "dopo".
  • Il bersaglio nero può rappresentare l'autocritica feroce, l'auto-sabotaggio, quella parte di noi che prende di mira e cerca di annientare la nostra stessa felicità o autostima.
  • E le lacrime blu sono i momenti di disperazione, gli attacchi di panico o di tristezza che ci colgono alla sprovvista durante la nostra guerra personale.

Il Processo Creativo: Dipingere per non Soccombere

Creare "Guerra" è stato un atto di catarsi. Come ho scritto nella mia poesia "Fermi", a volte si dipinge "tentando di non distruggere". Questo quadro ne è la prova più diretta. La stesura del rosso è stata violenta, quasi una lotta con la tela. La cicatrice bianca è stata un gesto di rottura, un solco scavato con forza. Il bersaglio nero è stato l'ultimo atto di una condanna. Infine, le macchie di blu sono state gettate sulla tela con un gesto di resa, quasi di sfinimento.

L'arte come catarsi permette di espellere queste emozioni distruttive, di dar loro una forma e uno spazio al di fuori di noi, per poterle finalmente guardare in faccia senza esserne sopraffatti.


-Mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...