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giovedì 2 settembre 2021

Girasoli

Al calar della bella stagione
un esercito ricopre l’intero campo,
ora tutti col capo chino.
Assolto il loro compito
non sorridon più 
all’ anelante sole,
avvolti in eterei manti
son devoti al nuovo padrone.



Il Volto Chino dei Girasoli

Quando pensiamo ai girasoli, la nostra mente corre all'estate, a campi dorati e a corolle che seguono gioiose il cammino del sole. La mia poesia "GIRASOLI", pur partendo da questa immagine, la cattura nel suo momento più malinconico e solenne: la fine della bella stagione. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia contemporanea, un commento al testo poetico che esplora il simbolismo dei girasoli non come emblema di vita, ma come metafora della fine di un ciclo, della dignità nella decadenza e della devozione a un nuovo, oscuro padrone.

L'analisi di questa poesia si apre in un'atmosfera crepuscolare, "al calar della bella stagione", un'ambientazione che preannuncia una poesia sulla fine dell'estate e l'inizio del declino. La prima, potente immagine è quella di un "esercito" di girasoli. Questa metafora dell'esercito di fiori è cruciale: non sono una folla allegra, ma una schiera ordinata, disciplinata, che suggerisce una vita di dovere e forse di lotta. La loro condizione attuale è una rottura totale con l'iconografia classica: sono "ora tutti col capo chino". Questo gesto di chinare il capo, che è il cuore del significato della poesia, è polisemico: è un segno di sconfitta di fronte al tempo che passa, di lutto per il sole perduto, di umiltà, o semplicemente il peso fisico di una vita portata a compimento. 

La poesia prosegue spiegando la ragione di questa postura: "Assolto il loro compito". Questa è una poesia sul ciclo della vita che non parla di una fine ingiusta, ma di una transizione che avviene dopo che lo scopo è stato raggiunto. Il loro dovere, quello di "sorridere" e seguire "l'anelante sole", è terminato. Hanno vissuto la loro stagione di luce e ora la loro devozione si sposta. Avvolti in "eterei manti" – forse la nebbia autunnale, forse la patina della decadenza – i girasoli si consacrano a un "nuovo padrone". L'identità di questo padrone è lasciata volutamente ambigua, ma le interpretazioni convergono verso le forze del declino: la terra che li reclama, la gravità che ne piega il capo, la notte che vince sul giorno, o la morte stessa. Questa poesia sull'autunno e la decadenza non è però disperata; c'è una solennità quasi militare in questa ordinata sottomissione. I girasoli non si ribellano al loro destino, ma lo accettano con una devozione che ha del sacro, mostrando una dignità profonda proprio nel momento del loro tramonto.

"GIRASOLI" ci invita a guardare oltre l'immagine solare di questi fiori per scoprire la bellezza struggente del loro autunno. È una meditazione sulla fine di ogni ciclo vitale, che ci insegna come, una volta compiuto il nostro dovere, ci sia una forma di grazia e di dignità nell'accettare il cambiamento, nel chinare il capo e nell'affidarsi a ciò che verrà dopo. È un tributo alla bellezza che risiede non solo nel pieno splendore della vita, ma anche nel suo lento e solenne congedo.

Vi siete mai soffermati a guardare un campo di girasoli a fine stagione? Quali emozioni vi ha suscitato la loro postura, quel capo chino rivolto verso la terra?


~mia.

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