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sabato 24 settembre 2022

Luna, cinguettio a me caro.

Bagnatosi il cuore
ed il petto sotto la pioggia
sta, cinguettando il motivo
d’un attimo di eterno
che nel suo pianto stabile
sta; come le radici forti 
di un albero imperturbabile
anch’egli cinguettando il motivo
d’ altronde immutabile sta,
eppure egli emigra
nel suo pianto stabile 
tra le stagioni
al cantar della bella primavera
e nell’ immenso di luce bianca
tra sette colori sta.


Poesia sulla Resilienza dell'Anima

Ci sono suoni in natura che diventano la colonna sonora della nostra anima. Un "cinguettio caro", come quello che dà il titolo a questa poesia, può essere il simbolo di una speranza che resiste, di una melodia che ci accompagna attraverso le stagioni della vita.

La mia poesia, "luna, cinguettio a me caro", è un'esplorazione di questa resistenza. Racconta la storia di un'anima – forse quella di un artista, forse quella di ognuno di noi – che affronta il dolore, lo trasforma in un canto costante e viaggia attraverso le intemperie fino a raggiungere un luogo di pace e di piena consapevolezza, illuminato dalla luce della luna.

La poesia si apre con un'immagine di totale vulnerabilità: "Bagnatosi il cuore / ed il petto sotto la pioggia". La pioggia qui è una metafora delle difficoltà, del dolore, delle prove della vita che ci bagnano fin dentro l'anima. Il soggetto della poesia non si ripara, ma "sta", accoglie questa pioggia.

E cosa fa mentre è esposto alle intemperie? "cinguettando il motivo / d’un attimo di eterno". Inizia a cantare. Questo canto è la prima, fondamentale trasformazione: il dolore (la pioggia) non produce silenzio, ma arte. Un'arte che ha il potere di rendere un "attimo" di sofferenza o di bellezza, "eterno".

La poesia definisce questo canto con un ossimoro meraviglioso: un "pianto stabile". Un pianto è per sua natura un'emozione instabile, un'esplosione di dolore. Ma qui è "stabile", "immutabile". Ciò suggerisce che il soggetto ha imparato a dominare la propria sofferenza, a trasformarla in qualcosa di costante, controllato, quasi un mantra. Non è più un grido di disperazione, ma una melodia malinconica e forte, una testimonianza di resilienza.

La seconda parte della poesia introduce un altro paradosso. La forza di questo essere è paragonata a quella delle "radici forti di un albero imperturbabile". È un'immagine di stabilità assoluta, di un radicamento profondo al proprio essere, alla propria terra, al proprio "pianto stabile". Sembra un'entità destinata a rimanere immobile.

"Eppure egli emigra". Nonostante le sue radici, viaggia. Questo è il cuore del percorso esistenziale descritto. Siamo allo stesso tempo radicati nella nostra identità, nel nostro dolore e nella nostra arte, ma siamo anche costretti a un perenne viaggio "tra le stagioni", attraverso i cambiamenti della vita.

Come è possibile viaggiare pur essendo radicati? La poesia ci dà la risposta: egli emigra "nel suo pianto stabile". Il suo canto, la sua arte, la sua essenza non sono una zavorra che lo tiene fermo, ma diventano il veicolo stesso del viaggio. È la propria identità, forgiata nel dolore, che permette di attraversare il tempo e le difficoltà senza perdersi.

Ogni viaggio ha una destinazione. Questa migrazione stagionale conduce "al cantar della bella primavera", un tempo di rinascita, di rinnovamento, di speranza. E qui avviene la trasfigurazione finale.

L'essere approda "nell’ immenso di luce bianca". Questa "luce bianca" è la Luna del titolo. È un simbolo di pace, di chiarezza, di illuminazione spirituale e di ciclicità. È la meta del lungo viaggio, un luogo di serenità quasi mistica.

E in questa luce unitaria, egli "tra sette colori sta". La luce bianca, come quella di un prisma, si scompone e rivela tutti i colori dell'arcobaleno. Questa è l'immagine della comprensione finale. Dopo aver cantato per tutto il tempo un'unica, stabile melodia nata dal dolore, l'anima scopre che quella melodia e quella luce contengono in sé tutti i colori, tutte le sfumature, tutte le possibilità dell'esistenza. Il dolore, la gioia, la malinconia, la speranza: tutto coesiste in un'unica, armonica visione.

"Luna, cinguettio a me caro" è la celebrazione della resilienza dello spirito. È la storia di come l'anima, attraverso la sua espressione più autentica (il "cinguettio"), possa assorbire il dolore (la "pioggia"), rimanere fedele a sé stessa (le "radici") e allo stesso tempo viaggiare attraverso la vita (l'"emigrare"), per giungere infine a uno stato di grazia (la "luna") in cui tutta la complessità dell'esistenza si rivela come una bellezza armonica (i "sette colori").

È un inno a quel canto interiore che, se lo ascoltiamo e lo coltiviamo, può guidarci attraverso qualsiasi tempesta, verso la nostra personale e luminosa quiete.


~mia.








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