Poesia sulla Resilienza dell'Anima
Ci sono suoni in natura che diventano la colonna sonora della nostra anima. Un "cinguettio caro", come quello che dà il titolo a questa poesia, può essere il simbolo di una speranza che resiste, di una melodia che ci accompagna attraverso le stagioni della vita.
La mia poesia, "luna, cinguettio a me caro", è un'esplorazione di questa resistenza. Racconta la storia di un'anima – forse quella di un artista, forse quella di ognuno di noi – che affronta il dolore, lo trasforma in un canto costante e viaggia attraverso le intemperie fino a raggiungere un luogo di pace e di piena consapevolezza, illuminato dalla luce della luna.
La poesia si apre con un'immagine di totale vulnerabilità: "Bagnatosi il cuore / ed il petto sotto la pioggia". La pioggia qui è una metafora delle difficoltà, del dolore, delle prove della vita che ci bagnano fin dentro l'anima. Il soggetto della poesia non si ripara, ma "sta", accoglie questa pioggia.
E cosa fa mentre è esposto alle intemperie? "cinguettando il motivo / d’un attimo di eterno". Inizia a cantare. Questo canto è la prima, fondamentale trasformazione: il dolore (la pioggia) non produce silenzio, ma arte. Un'arte che ha il potere di rendere un "attimo" di sofferenza o di bellezza, "eterno".
La poesia definisce questo canto con un ossimoro meraviglioso: un "pianto stabile". Un pianto è per sua natura un'emozione instabile, un'esplosione di dolore. Ma qui è "stabile", "immutabile". Ciò suggerisce che il soggetto ha imparato a dominare la propria sofferenza, a trasformarla in qualcosa di costante, controllato, quasi un mantra. Non è più un grido di disperazione, ma una melodia malinconica e forte, una testimonianza di resilienza.
La seconda parte della poesia introduce un altro paradosso. La forza di questo essere è paragonata a quella delle "radici forti di un albero imperturbabile". È un'immagine di stabilità assoluta, di un radicamento profondo al proprio essere, alla propria terra, al proprio "pianto stabile". Sembra un'entità destinata a rimanere immobile.
"Eppure egli emigra". Nonostante le sue radici, viaggia. Questo è il cuore del percorso esistenziale descritto. Siamo allo stesso tempo radicati nella nostra identità, nel nostro dolore e nella nostra arte, ma siamo anche costretti a un perenne viaggio "tra le stagioni", attraverso i cambiamenti della vita.
Come è possibile viaggiare pur essendo radicati? La poesia ci dà la risposta: egli emigra "nel suo pianto stabile". Il suo canto, la sua arte, la sua essenza non sono una zavorra che lo tiene fermo, ma diventano il veicolo stesso del viaggio. È la propria identità, forgiata nel dolore, che permette di attraversare il tempo e le difficoltà senza perdersi.
Ogni viaggio ha una destinazione. Questa migrazione stagionale conduce "al cantar della bella primavera", un tempo di rinascita, di rinnovamento, di speranza. E qui avviene la trasfigurazione finale.
L'essere approda "nell’ immenso di luce bianca". Questa "luce bianca" è la Luna del titolo. È un simbolo di pace, di chiarezza, di illuminazione spirituale e di ciclicità. È la meta del lungo viaggio, un luogo di serenità quasi mistica.
E in questa luce unitaria, egli "tra sette colori sta". La luce bianca, come quella di un prisma, si scompone e rivela tutti i colori dell'arcobaleno. Questa è l'immagine della comprensione finale. Dopo aver cantato per tutto il tempo un'unica, stabile melodia nata dal dolore, l'anima scopre che quella melodia e quella luce contengono in sé tutti i colori, tutte le sfumature, tutte le possibilità dell'esistenza. Il dolore, la gioia, la malinconia, la speranza: tutto coesiste in un'unica, armonica visione.
"Luna, cinguettio a me caro" è la celebrazione della resilienza dello spirito. È la storia di come l'anima, attraverso la sua espressione più autentica (il "cinguettio"), possa assorbire il dolore (la "pioggia"), rimanere fedele a sé stessa (le "radici") e allo stesso tempo viaggiare attraverso la vita (l'"emigrare"), per giungere infine a uno stato di grazia (la "luna") in cui tutta la complessità dell'esistenza si rivela come una bellezza armonica (i "sette colori").
È un inno a quel canto interiore che, se lo ascoltiamo e lo coltiviamo, può guidarci attraverso qualsiasi tempesta, verso la nostra personale e luminosa quiete.
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