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domenica 23 giugno 2024

Nostalgia

Albeggiando una stagione più saggia,
del rumore dei pini 
il cicalio di un’ estate bruna

e gli schizzi d’ acqua dei bambini
d’un mare che si rivela ancora 
in grado di giocare.




L'Eco dell'Estate nell'Arte: Tra Nostalgia e Rivelazione

L'estate, con le sue giornate infinite e la luce dorata, è da sempre una musa inesauribile per gli artisti. Non è solo la stagione del riposo, ma un periodo intriso di significati profondi: la maturità della natura, la spensieratezza dell'infanzia, e quel sottile velo di malinconia che accompagna la consapevolezza che ogni ciclo ha una fine. La mia poesia "Nostalgia" tenta di catturare proprio questa essenza: "Albeggiando una stagione più saggia, / del rumore dei pini / il cicalio di un’estate bruna / e gli schizzi d’acqua dei bambini / d’un mare che si rivela ancora / in grado di giocare." Questi versi, seppur brevi, racchiudono l'idea di un'estate che, pur nella sua maturità e nel suo passaggio verso una "stagione più saggia", conserva la capacità di sorprendere e di connettersi con la gioia primordiale del gioco.

Ma come si manifesta questa nostalgia estiva, questa capacità di rivelazione e gioco, nelle opere d'arte che hanno attraversato i secoli? Pensiamo ai paesaggi impressionisti, dove la luce estiva viene frammentata in pennellate vibranti, catturando l'effimero istante di un pomeriggio al sole. Monet, con le sue serie di covoni o le ninfee, non dipingeva solo la natura, ma la percezione sensoriale di essa sotto una luce specifica, evocando la sensazione di un'aria calda e vibrante. In quelle opere, non c'è solo una rappresentazione fedele, ma un'interpretazione emotiva dell'estate, un invito a immergersi nella sua atmosfera quasi tattile.

Andando oltre la mera rappresentazione paesaggistica, l'estate spesso è diventata un simbolo di innocenza e libertà. I dipinti che ritraggono bambini che giocano in riva al mare o in campi fioriti non sono solo scene idilliache, ma veri e propri inni alla spensieratezza. L'immagine degli "schizzi d'acqua dei bambini" nella mia poesia richiama esattamente questa iconografia. È un momento di pura gioia, dove l'acqua diventa un complice nel divertimento, e il mare non è solo un elemento naturale, ma quasi un'entità vivente, "in grado di giocare". Questa personificazione del mare suggerisce una connessione profonda tra l'uomo e la natura, dove entrambi condividono un'energia vitale e una capacità di rinnovamento.

L'idea di un' "estate bruna" può evocare diverse sfumature. Potrebbe riferirsi alla pigmentazione della terra bruciata dal sole intenso, tipica delle regioni mediterranee alla fine della stagione calda, o al colore delle pigne mature cadute dai pini, il cui "rumore" – forse il fruscio delle foglie o il canto delle cicale – diventa la colonna sonora di quei giorni. Questa "brunitura" può anche alludere a un senso di maturità, di esperienza accumulata, che si sovrappone alla vivacità dei ricordi d'infanzia. È la nostalgia non solo di un tempo che è stato, ma anche della consapevolezza che quel tempo ha plasmato chi siamo.

Nell'arte moderna e contemporanea, la nostalgia per l'estate assume forme più complesse. Non è più solo l'idealizzazione di un paesaggio, ma può diventare un'indagine sulla memoria, sulla perdita o sul desiderio di un ritorno a stati d'animo passati. Alcuni artisti utilizzano l'immagine dell'estate per esplorare temi di isolamento o alienazione, contrapponendo la luce accecante a un senso di vuoto interiore. Altri ancora usano le icone estive per commentare la società dei consumi, la superficialità delle vacanze o la commercializzazione del piacere.

Tuttavia, il filo conduttore che lega tutte queste rappresentazioni è l'eco persistente di un'emozione profonda. Che si tratti del "cicalio" incessante, del "rumore dei pini" che sussurra storie antiche, o del fragore giocoso delle onde, l'estate continua a risuonare nelle nostre menti e nei nostri cuori. L'arte ci offre un ponte per attraversare il tempo e rivivere queste sensazioni, permettendoci di trovare una "stagione più saggia" anche nei ricordi più vividi, e di riconoscere che la capacità di "giocare" – di essere spensierati e aperti alle meraviglie del mondo – è un dono che non dovrebbe mai svanire. È proprio in questa rivelazione continua, in questo eterno ritorno delle sensazioni estive, che l'arte trova la sua forza più duratura.



~Mia.

sabato 15 giugno 2024

Montagne

Un cantastorie
preso dalle proprie acrobazie
sbattendo le ali in cima al mondo.



Le Vette dell'Anima

Le montagne hanno da sempre esercitato un fascino quasi magnetico sull'animo umano. Non sono semplici formazioni geologiche, ma colossi silenziosi che incarnano sfida, mistero, e una bellezza spesso inaccessibile. La mia poesia "Montagne" tenta di catturare questa essenza attraverso l'immagine di un "cantastorie / preso dalle proprie acrobazie / sbattendo le ali in cima al mondo." Questa figura enigmatica, sospesa tra il cielo e la terra, simboleggia l'artista stesso, o forse l'essere umano in cerca di ispirazione, che trova sulle vette più alte il palcoscenico ideale per esprimere la propria essenza e le proprie "storie".

Nel corso della storia dell'arte, le montagne sono state rappresentate in modi molto diversi, riflettendo le sensibilità e le visioni del mondo di ogni epoca. Nell'antichità, spesso incutevano timore e rispetto, considerate dimore di divinità o luoghi inospitali, selvaggi e inaccessibili. Non a caso, le prime raffigurazioni non le idealizzavano, ma le mostravano come barriere naturali, maestose ma minacciose. La loro imponenza rifletteva l'idea di una natura indomita, al di là del controllo umano.

Con l'avvento del Romanticismo, la percezione delle montagne cambiò radicalmente. Esse divennero il simbolo del Sublime, un concetto estetico che evocava un senso di grandezza, stupore e persino terrore reverenziale di fronte alla potenza della natura. Artisti come Caspar David Friedrich ne sono un esempio lampante. Il suo celebre dipinto "Il Viandante sul Mare di Nebbia" non è solo un paesaggio, ma un'esplorazione filosofica. Il viandante, solitario e contemplativo di fronte a un'immensa distesa montuosa e nebbiosa, incarna la ricerca spirituale e la sensazione di piccolezza dell'uomo di fronte all'infinito. È lì che il "cantastorie" della mia poesia trova la sua risonanza più forte: l'individuo che si spinge ai limiti della propria esperienza, "in cima al mondo", non solo per conquistare, ma per assorbire e poi narrare la grandezza che lo circonda. Le "acrobazie" non sono solo fisiche, ma anche intellettuali e spirituali.

Nel XIX e XX secolo, con l'avanzare dell'alpinismo e l'accresciuto interesse per le terre selvagge, le montagne divennero anche icone di sfida, avventura e conquista. Pittori come Giovanni Segantini, con le sue Alpi innevate e la luce intensa, catturavano non solo la bellezza mozzafiato, ma anche la dura realtà della vita alpina e la resilienza dell'essere umano in ambienti estremi. Le montagne non erano più solo sfondo, ma protagoniste attive, custodi di storie di fatica e trionfo. L'atto di "sbattere le ali" del mio cantastorie può essere letto come l'espressione di questa lotta e liberazione, il culmine di un'impresa ardita.

Nel contesto contemporaneo, le montagne nell'arte continuano a essere un terreno fertile per l'espressione. Alcuni artisti le usano per riflettere sui cambiamenti climatici, dipingendo ghiacciai che si sciolgono o paesaggi alterati dall'intervento umano, trasformando il sublime in un monito. Altri le esplorano come luoghi di isolamento e introspezione, spazi dove il rumore del mondo si attenua e l'individuo può connettersi con il proprio io più profondo. Si pensi alle installazioni site-specific che utilizzano la morfologia delle vette come parte integrante dell'opera, o alle fotografie che ne catturano la desolazione maestosa.

Il "cantastorie" della mia poesia, con le sue "acrobazie" e le ali che battono "in cima al mondo", rappresenta l'artista che, come l'alpinista, si spinge oltre i limiti convenzionali per creare e condividere la propria visione. Le montagne sono il loro studio a cielo aperto, un luogo di ispirazione dove le storie prendono forma, nate dalla grandezza del paesaggio e dall'eco del silenzio. Esse ci ricordano che l'arte, come la natura, è un'incessante fonte di meraviglia e un invito a esplorare i confini della nostra percezione. È proprio sulle vette più alte, siano esse fisiche o metaforiche, che l'anima trova la sua voce più autentica e il suo canto più libero.


~Mia.

lunedì 20 maggio 2024

Magenta

D’ un pomeriggio
di fine Maggio
l’ emozioni Magenta,
noi in riva al mare.



Il Colore delle Emozioni: Dal Magenta Personale alla Tavolozza Universale dell'Arte

Il colore è, in sé, un linguaggio. Una vibrazione, una frequenza luminosa capace di toccare le corde più profonde dell'anima, evocando sensazioni e ricordi prima ancora che la ragione possa decodificarli. La mia poesia "Magenta" tenta di esplorare proprio questa connessione viscerale tra tonalità e sentimento: "D'un pomeriggio / di fine Maggio / l'emozioni Magenta, / noi in riva al mare." In questi versi, un colore, il magenta, diventa la lente attraverso cui osservare e definire uno stato d'animo, un'esperienza condivisa in un momento e in un luogo precisi. Ma cosa significa esattamente "emozioni Magenta", e come l'arte ha usato il colore per dipingere l'ineffabile?

Il magenta è un colore affascinante. Non è uno dei colori primari, ma una miscela di rosso e blu, situato nello spettro tra il violetto e il rosa. È spesso associato alla passione, all'energia, alla creatività, ma anche alla spiritualità e alla calma interiore. È un colore che non urla, ma risuona con un'intensità quasi regale, unendo la forza del rosso alla profondità del blu. Nelle mie "emozioni Magenta" di un pomeriggio di fine Maggio in riva al mare, questo colore potrebbe rappresentare la gioia vibrante dell'inizio dell'estate, una serenità profonda data dalla vicinanza della persona amata e dall'orizzonte infinito, o forse un'anticipazione di qualcosa di misterioso e bello. È la perfetta incarnazione di un momento di sospensione, dove il tempo sembra fermarsi.

L'arte ha una lunga e ricca storia nell'uso del colore non solo per rappresentare la realtà, ma per esprimere e manipolare le emozioni dello spettatore. Pensiamo agli Impressionisti, che hanno liberato il colore dalla sua funzione descrittiva per elevarlo a strumento puro di percezione. Monet, con le sue serie di covoni o le facciate della Cattedrale di Rouen, ci mostra come la luce e, di conseguenza, il colore, cambino radicalmente la percezione di un oggetto, evocando sensazioni diverse a seconda dell'ora del giorno o della stagione. Se avesse dipinto un tramonto magenta sul mare di fine maggio, l'emozione sarebbe stata palpabile, quasi un grido silenzioso di bellezza.

Ma è con gli Espressionisti e i Fauves che il colore assume una vera e propria autonomia emotiva. Artisti come Henri Matisse o Ernst Ludwig Kirchner non si preoccupavano più della resa fedele della realtà, ma usavano colori saturi, non naturali, per esprimere la loro visione interiore, le loro ansie, le loro gioie. Un cielo rosso o un albero blu non erano errori, ma intenzioni: il colore diventava il veicolo diretto dell'emozione dell'artista, comunicando un'energia quasi primordiale. Per loro, un'emozione non era solo un concetto astratto, ma poteva avere la potenza di un magenta vibrante o di un blu profondo.

Anche la sinestesia, l'associazione di un senso a un altro (come un colore a un'emozione o a un suono), ha radici profonde nell'arte e nella psicologia. Compositori che vedevano colori ascoltando musica, o pittori che "sentivano" il suono delle loro pennellate: la sinestesia è un ponte tra percezioni diverse che arricchisce l'esperienza estetica. L'idea di "emozioni Magenta" è un esempio perfetto di sinestesia poetica, invitando il lettore a "vedere" un sentimento.

La scena del "noi in riva al mare" aggiunge un ulteriore strato di significato. Il mare, nella sua immensità e ciclicità, è un simbolo universale di profondità emotiva, di introspezione e di libertà. La riva è il confine tra il conosciuto e l'ignoto, un luogo di transizione e di contemplazione. Seduti lì, forse con il sole che cala e tinge il cielo di colori vibranti che si avvicinano al magenta, la mente si apre a un'emozione pura, quasi tangibile. È in questi momenti di armonia con la natura e con gli altri che le emozioni si manifestano nella loro forma più autentica, e il colore diventa il loro testimone silenzioso.

In conclusione, la ricerca del colore perfetto per descrivere un'emozione è un viaggio continuo sia per il poeta che per l'artista visivo. Il magenta della mia poesia non è solo una scelta cromatica, ma la chiave per un'esperienza sensoriale e affettiva profonda. È un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a percepire i sentimenti non solo nel cuore, ma anche nelle sfumature del cielo, nella luce del pomeriggio e nella profondità del mare. L'arte, in tutte le sue forme, ci offre la capacità di decifrare queste "emozioni Magenta" e di trasformarle in qualcosa di universale e commovente.


~Mia.

martedì 14 maggio 2024

Chiamami

La tua voce che sorride al telefono
mentre rasserena

squilla…

affaccendati nei giorni nostri 
scorrevoli, mutevoli, inafferrabili.



L'Arte della Connessione: Trovare Serenità nei Giorni Inafferrabili

Viviamo in un'epoca in cui il tempo sembra danzare più veloce di qualsiasi altro ballerino, i nostri giorni si rivelano "scorrevole, mutevoli, inafferrabili". In questo vortice di impegni e stimoli, la ricerca di punti fermi, di momenti di calma e di connessione autentica, diventa non solo un desiderio ma una necessità vitale. La mia poesia "Chiamami" cattura proprio questa tensione: "La tua voce che sorride al telefono / mentre rasserena / squilla… / affaccendati nei giorni nostri / scorrevoli, mutevoli, inafferrabili." Questo semplice squillo, il suono di una voce familiare, si trasforma in un'ancora di salvezza in un mare di frenesia. Ma come l'arte ha esplorato e continua a esplorare questa universale sete di connessione e la sfida di trovarla nel flusso inarrestabile della vita moderna?

L'arte ha da sempre rappresentato i legami umani. Dai ritratti di famiglia del Rinascimento, che celebrava l'unità del nucleo familiare, alle scene di vita quotidiana del Barocco che mostravano interazioni sociali animate, gli artisti hanno cercato di catturare l'essenza della relazione. Pensiamo a capolavori come "La Lattaia" di Vermeer, che, nella sua apparente semplicità, evoca un senso di quiete, di lavoro paziente e di un'intima quotidianità. Sebbene non ci sia un telefono, la luce che filtra nella stanza e l'attenzione della donna al suo compito creano un'atmosfera di pacata esistenza, un contrasto sorprendente con la nostra attuale frenesia. La serenità che la voce al telefono porta nella mia poesia è simile a quella che si può trovare osservando un'opera che celebra la calma interiore.

Con l'avvento dell'età moderna e della comunicazione a distanza, il concetto di connessione si è evoluto. Le lettere, i telegrammi e, in seguito, il telefono, hanno permesso di mantenere i legami oltre le barriere fisiche. La "voce che sorride al telefono" diventa un simbolo di questa vicinanza immateriale, un ponte emotivo che attraversa chilometri. Artisti contemporanei hanno spesso esplorato questo tema, talvolta in modo esplicito, altre volte con sottile allusione. Opere che mostrano figure isolate ma connesse attraverso cavi, schermi o simboli di comunicazione, riflettono la complessità delle nostre relazioni digitali: la tecnologia ci avvicina ma può anche creare nuove forme di distanza.

La frenesia dei "giorni nostri scorrevoli, mutevoli, inafferrabili" è un tema ricorrente nell'arte del XX e XXI secolo. Il Futurismo, ad esempio, celebrava la velocità e la dinamicità della vita moderna, ma non senza una sottostante ansia per la perdita di controllo. Le città brulicanti dipinte da artisti come Umberto Boccioni mostrano un'energia travolgente, dove l'individuo è quasi inghiottito dal ritmo incessante. In questo contesto, lo "squillo" di un telefono diventa una pausa, un'interruzione, un richiamo all'umanità in mezzo al rumore della metropoli. È il momento in cui il tempo si dilata, anche solo per un istante, e si può riprendere fiato.

L'arte ci offre anche strumenti per affrontare questa inafferrabilità. Molti artisti cercano di rallentare la percezione, invitandoci a contemplare, a soffermarci sui dettagli, a trovare la bellezza e la serenità nel quotidiano. Le opere minimaliste, ad esempio, spogliano la realtà per rivelarne l'essenza, costringendo lo spettatore a una riflessione più profonda. Allo stesso modo, un'installazione sonora che riproduce il suono di una voce amica potrebbe avere lo stesso effetto "rasserenante" della voce al telefono, creando un'oasi di pace.

In definitiva, l'arte della connessione non riguarda solo chi o cosa rappresentiamo, ma anche come riusciamo a mantenere i fili sottili che ci uniscono in un mondo in continuo movimento. La poesia "Chiamami" è un promemoria intimo di questa verità: anche nel caos più grande, una singola voce può riportare la calma, riaffermando il valore inestimabile del legame umano. È un invito a non lasciarsi travolgere dalla corrente, ma a cercare e a coltivare quei momenti di autentica presenza, sia essa fisica o mediata, che rasserena e ci ricorda chi siamo, anche quando i giorni sembrano volare via senza essere afferrati.


~Mia.

domenica 12 maggio 2024

È insieme che …

In fine
ci siamo aggiustati.

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Quando "Insieme" Diventa la Chiave per l'Equilibrio

L'esistenza umana è un costante divenire, un perpetuo aggiustamento. Navighiamo tra sfide inattese, cambiamenti inevitabili e la ricerca incessante di un equilibrio, sia esso interiore o con il mondo che ci circonda. La mia poesia "È insieme che..." condensa questa verità universale in pochi, potenti versi: "In fine / ci siamo aggiustati." Questa affermazione, così semplice eppure così densa di significato, suggerisce un percorso, una lotta forse, e la consapevolezza che la soluzione è stata trovata non in isolamento, ma attraverso la connessione e la collaborazione. Ma come l'arte, nei suoi molteplici linguaggi, ha narrato questo processo di "aggiustamento", questa capacità di ricomporsi e di trovare armonia?

Fin dalle prime espressioni artistiche, l'uomo ha cercato di dare forma al suo bisogno di equilibrio e armonia. Le simmetrie nelle architetture antiche, le proporzioni perfette delle sculture classiche, o la ricerca della prospettiva nel Rinascimento, sono tutte manifestazioni di un desiderio innato di "aggiustare" il mondo, di renderlo comprensibile e bello. L'arte non si limitava a riflettere la realtà, ma aspirava a perfezionarla, a trovare un'armonia che trascendesse il caos quotidiano. È un processo in cui l'artista stesso, come un artigiano, "aggiusta" forme e colori finché l'opera non raggiunge la sua verità.

Nel corso dei secoli, il concetto di "aggiustamento" si è evoluto anche nell'arte figurativa. Non si tratta solo di composizione, ma di relazioni umane. Quanti dipinti ci mostrano famiglie che si ricompongono dopo un conflitto, comunità che lavorano insieme per un obiettivo comune, o individui che trovano conforto e sostegno nell'abbraccio reciproco? Spesso, l'arte religiosa ritrae scene di riconciliazione e di ritrovata armonia. Questi capolavori non sono solo belle immagini, ma specchi della nostra capacità di superare le divisioni e di "aggiustarci" gli uni agli altri, trovando forza nella condivisione.

Il Novecento, con le sue lacerazioni e le sue rivoluzioni, ha offerto nuove prospettive sull'idea di "aggiustamento". Le avanguardie, come il Cubismo, hanno smontato la realtà per poi ricomporla in modi nuovi, sfidando la percezione tradizionale. Non si trattava di un "aggiustamento" per tornare alla normalità, ma di un aggiustamento verso una nuova visione, una nuova comprensione. Le opere di Picasso o di Braque mostrano figure frammentate che, solo se osservate nel loro insieme, rivelano una nuova coerenza. È un'analogia perfetta con l'esperienza umana: a volte dobbiamo scomporci e riassemblarci, magari con l'aiuto di altri, per trovare una nuova forma di equilibrio.

Nel contesto contemporaneo, l'arte esplora l'idea di "aggiustarsi" in modi ancora più diversificati. Artisti che utilizzano materiali di recupero per creare nuove opere parlano esplicitamente di ricomposizione e trasformazione. Le installazioni che invitano alla partecipazione del pubblico sottolineano come "insieme" si possa costruire qualcosa di nuovo, che altrimenti non esisterebbe. Performance art che esplorano la resilienza umana di fronte alle avversità sono un potente promemoria che, anche nelle situazioni più estreme, la capacità di adattarsi e di trovare nuove forme di equilibrio è intrinseca alla nostra natura.

La poesia "È insieme che..." ci invita a riflettere su un momento cruciale: quel "in fine" che segna il raggiungimento di una stabilità. Non è un punto di arrivo assoluto, ma una fase di equilibrio conquistata. E il fatto che sia stato raggiunto "insieme" è un messaggio profondo sulla natura relazionale dell'essere umano. Nell'arte, così come nella vita, le opere più significative sono spesso quelle che ci ricordano che non siamo soli nel nostro percorso di aggiustamento. Che sia una tela condivisa da due artisti, un progetto collaborativo, o semplicemente l'atto di guardare un'opera d'arte e sentirsi capiti, la connessione è la forza motrice che ci permette di trovare la nostra armonia e di affermare: "In fine, ci siamo aggiustati." È in questa sinergia che risiede la vera bellezza e il potere duraturo dell'arte.


~Mia.

venerdì 10 maggio 2024

Giorni …Quattro…





"Giorni": L'Arte che Cattura il Vortice dell'Esistenza Quotidiana

L'esistenza umana è un'incessante sequenza di momenti, emozioni e interazioni che si susseguono senza sosta. Ogni alba porta con sé nuove sfide e nuove opportunità, tessendo la trama complessa di quella che chiamiamo "vita quotidiana". La mia serie pittorica intitolata "Giorni" nasce proprio dal desiderio di dare forma visiva a questa realtà fluida e multiforme, esplorando il modo in cui le esperienze si accumulano, si scontrano e si fondono, creando l'ordito delle nostre esistenze. Il quadro che ho qui il piacere di presentare è un'espressione emblematica di questa ricerca, un frammento visivo del nostro incessante scorrere attraverso i "giorni".

A prima vista, l'opera cattura l'attenzione per la sua energia vibrante e la sua audacia cromatica. La composizione è dominata da due campi di colore distinti e contrapposti: un blu profondo che si estende nella parte superiore e un rosso intenso che occupa la metà inferiore. Queste due vaste aree sono delineate da pennellate verticali, quasi come un sipario o una cortina che cela e rivela al tempo stesso. Il blu può evocare la calma contemplativa del cielo, la freddezza della ragione o la malinconia di un ricordo; il rosso, al contrario, irrompe con la passione, l'azione, l'energia vitale, o forse il tumulto emotivo. La loro giustapposizione crea una tensione dinamica, una dualità fondamentale che rispecchia gli opposti che spesso coesistono nelle nostre giornate.

Tra queste campiture cromatiche si intersecano e si sovrappongono strisce di bianco e nero, applicate con la stessa forza gestuale. Queste linee verticali aggiungono profondità e texture, quasi come un susseguirsi di pioggia, di ombre e luci, o i segni indelebili lasciati dal tempo che scorre. Esse suggeriscono una sorta di griglia, una struttura sottostante che, pur essendo celata o interrotta, è sempre presente, richiamando la regolarità con cui i "giorni" si susseguono, uno dopo l'altro, con la loro alternanza di eventi prevedibili e inaspettati.

Il vero fulcro dell'opera, tuttavia, è il grande cerchio policromo che domina il centro della tela. Questa forma concentrica, quasi una spirale o un vortice, è un'esplosione controllata di colore e movimento. Al suo interno, pennellate di giallo, blu, rosso, nero e bianco si mescolano e si rincorrono, creando un effetto ipnotico di rotazione. Il cerchio, in sé, è un simbolo universale di completezza, di infinito, di ciclicità – come il ciclo dei giorni, delle stagioni, della vita stessa. Qui, la sua natura vorticosa suggerisce la concentrazione di energia, il turbinio delle emozioni, o il punto di fusione di tutte le esperienze che si accumulano e si intrecciano nel corso di un singolo "giorno" o di un'intera esistenza. Potrebbe essere la mente, l'anima, il centro di gravità personale che cerca di mantenere la sua coesione di fronte alla pressione esterna e interna.

La tecnica materica e gestuale con cui il colore è stato applicato conferisce al quadro una fisicità tangibile. Ogni pennellata è visibile, ogni strato di colore contribuisce alla profondità complessiva dell'opera, invitando lo spettatore a percepire l'energia dell'artista e la forza emotiva che ha guidato la creazione. Non è una rappresentazione mimetica della realtà, ma un'espressione viscerale di un'esperienza interiore, un tentativo di dare forma al tempo inafferrabile.

Nell'insieme, il quadro della serie "Giorni" è un'esplorazione visiva della dualità dell'esistenza: l'ordine e il caos, la stabilità e il dinamismo, la serenità e la passione che si manifestano e si intersecano nel flusso costante delle nostre vite. Il cerchio centrale è il cuore pulsante di questa dualità, il punto in cui tutto si condensa e si risolve in un'unica, complessa armonia. È un promemoria che, anche nei nostri giorni più frenetici e disparati, c'è un centro, un nucleo di esperienze e sentimenti che ci definisce e ci lega al tempo che scorre. È un'opera che invita a riflettere sulla propria sequenza di "giorni", e a trovare il proprio vortice di significato al centro di essa.


~Mia.

lunedì 6 maggio 2024

Pensieri d’ un viaggio (r4)

Un approccio controllato
e più consapevole
delle proprie emozioni
tra miraggio e sete,
come fiumi in piena
prima di scatenare la guerra.
Folli pensieri 
di diritti e doveri
tra tradizioni e cultura
d’ istinto ed egoismo,
la soddisfazione personale
di poter dire che
il mondo è quello che è.
In questo tempo sincopato
trovo il coraggio di soffermarmi
al fianco delle mie debolezze,
le mie dipendenze,
condannandomi a devastazione e miseria.
Eppure non trovo alcuna devastazione e miseria
mentre resto vicino la mia mente
ora più forte dinanzi questo caos di pace.




"Caos di Pace"

L'arte è, da sempre, una cartografia dell'anima. Ogni tela, scultura o performance può diventare la mappa di un viaggio interiore, un percorso che l'artista compie in sé stesso e che offre allo spettatore l'opportunità di intraprendere un cammino simile. La mia poesia "Pensieri d'un viaggio" nasce proprio da questa esplorazione: "Un approccio controllato / e più consapevole / delle proprie emozioni / tra miraggio e sete, / come fiumi in piena / prima di scatenare la guerra." Questi versi introducono l'idea di una navigazione complessa, in cui la padronanza di sé diventa l'unico faro in un mare di pulsioni e contraddizioni. Ma come gli artisti di ogni epoca hanno tentato di immortalare questi percorsi di crescita e accettazione, trasformando i conflitti interni in opere di profonda risonanza?

La gestione delle emozioni, quel "controllo consapevole" di fronte a "miraggio e sete", è un tema atemporale nell'arte. Fin dall'antichità, filosofi e artisti hanno cercato di rappresentare la lotta tra la ragione e la passione. Le sculture classiche, con la loro compostezza e l'idealizzazione della forma, spesso celavano una profonda tensione emotiva. Nel Rinascimento, figure come quelle di Leonardo da Vinci o Michelangelo, con la loro introspezione e il loro sguardo pensieroso, suggerivano una vita interiore ricca di riflessioni e, forse, di battaglie silenziose, quei "fiumi in piena" che minacciano di "scatenare la guerra" dentro di noi. L'arte, in questi casi, fungeva da meditazione visiva sulla necessità di armonizzare le pulsioni.

Con l'avvento dell'età moderna, la complessità dell'individuo e le sue contraddizioni sono diventate il fulcro di molte opere. La poesia tocca i "Folli pensieri / di diritti e doveri / tra tradizioni e cultura / d'istinto ed egoismo, / la soddisfazione personale / di poter dire che / il mondo è quello che è". Questa è una profonda riflessione sulla dialettica tra l'io e la società, tra le aspettative esterne e le pulsioni più intime. Artisti come Edvard Munch, con le sue figure angosciate e i suoi colori vibranti, hanno dato voce alle ansie e alle alienazioni del singolo di fronte a una società sempre più complessa. Le loro tele non sono solo rappresentazioni, ma grida visive di un'anima che cerca di fare i conti con un mondo che è semplicemente "quello che è", a volte indifferente o ostile.

Il "tempo sincopato" di cui parla la poesia, con il suo ritmo spezzato e irregolare, è una metafora perfetta per la frenesia del nostro presente. In un'epoca di stimoli continui e di incessante rumore, trovare il "coraggio di soffermarsi / al fianco delle proprie debolezze, / le proprie dipendenze" è un atto rivoluzionario. Molti artisti contemporanei si dedicano proprio a questa introspezione audace. L'arte performativa, la body art, o le installazioni che esplorano la vulnerabilità e la fragilità umana, invitano lo spettatore a confrontarsi con aspetti scomodi dell'esistenza. È un processo che, come nella poesia, può inizialmente far presagire "devastazione e miseria", un crollo dell'immagine idealizzata di sé.

Eppure, il vero potere del viaggio interiore, sia esso espresso in poesia o in pittura, risiede nella sua catarsi. La sorpresa finale della poesia – "Eppure non trovo alcuna devastazione e miseria / mentre resto vicino la mia mente / ora più forte dinanzi questo caos di pace" – è una rivelazione potente. È la scoperta che la forza non deriva dalla negazione o dalla fuga dalle proprie vulnerabilità, ma dalla loro accettazione e integrazione. Questo concetto di "caos di pace" è un ossimoro affascinante: suggerisce che la vera serenità non è l'assenza di disordine, ma una profonda armonia trovata all'interno del disordine stesso.

Nell'arte, questa "pace nel caos" può essere rappresentata in modi sorprendenti. Pensiamo all'Astrattismo Lirico, dove la composizione, pur apparentemente caotica, evoca un senso di armonia e libertà. O alle opere di artisti che, attraverso il loro lavoro, elaborano traumi o fragilità personali, trasformandoli in fonti di forza e bellezza. Il viaggio interiore è un processo di continua scoperta, un dialogo con le proprie ombre e luci. L'arte, in questo contesto, diventa un compagno fedele, un mezzo per navigare la complessità della nostra psiche e per scoprire che, anche nei momenti di maggiore incertezza, la vicinanza alla nostra mente e la consapevolezza di sé possono trasformare la potenziale "devastazione" in un inaspettato e profondo "caos di pace".


~Mia.

domenica 28 aprile 2024

Pensieri d’un viaggio (r3)

Tratti da una storia imparagonabile
di poesie tanto ambite
a parole che t’ appartengono 
le quali ho smarrito 
oppure non cerco più.
Risulta ironica persino 
la solitudine che ristruttura
cieli sgretolati 
da parole di giochi
che tanto ti divertono.



La Solitudine che Crea: Ricomporre i "Cieli Sgretolati" Attraverso l'Arte

Il frutto di un viaggio interiore, un percorso tortuoso tra memorie, scoperte e, talvolta, perdite significative. Ogni artista, in un certo senso, è un esploratore solitario delle proprie profondità, un demiurgo che tenta di dare forma a esperienze ineffabili. La mia poesia, che si apre con "Tratti da una storia imparagonabile / di poesie tanto ambite / a parole che t'appartengono / le quali ho smarrito / oppure non cerco più," cattura proprio questa dimensione di ricerca e, forse, di abbandono. In questi versi si intravede la complessità del rapporto con il linguaggio, con la memoria e con quelle "parole" che un tempo sembravano vitali ma che ora potrebbero essere state smarrite, o volontariamente lasciate andare, in un atto di liberazione. Ma come l'arte ha rappresentato la solitudine come catalizzatore creativo e la capacità di ristrutturare i propri "cieli sgretolati"?

L'idea di una "storia imparagonabile" suggerisce un'esperienza unica, un bagaglio di sensazioni e intuizioni che non trova facile corrispondenza. E la perdita di "parole che t'appartengono" evoca la difficoltà di esprimere l'inesprimibile, o il superamento di un linguaggio obsoleto che non serve più a descrivere la nuova realtà interiore. Molti artisti, nel corso della loro carriera, hanno affrontato momenti di crisi espressiva, periodi in cui il vecchio linguaggio non era più sufficiente. Si pensi a Picasso che abbandona il Periodo Blu o Rosa per abbracciare il Cubismo, o a Jackson Pollock che si allontana dalla pittura figurativa per esplorare l'Action Painting. Non è stata una perdita sterile, ma un abbandono necessario per far emergere un nuovo, più autentico, modo di "parlare" attraverso l'arte.

È qui che la poesia introduce un'immagine di straordinaria potenza: "Risulta ironica persino / la solitudine che ristruttura / cieli sgretolati". La solitudine, comunemente percepita come un peso o una privazione, viene qui elevata a forza attiva e rigeneratrice. Non è un vuoto, ma uno spazio sacro di introspezione dove le parti frammentate dell'io – i "cieli sgretolati", metafora di un mondo interiore o di certezze infrante – possono essere ricomposte. Questa "ristrutturazione" è un processo alchemico, in cui la mente, libera dalle distrazioni esterne, può ricostruire nuove prospettive, nuove armonie.

Molti artisti hanno trovato proprio nella solitudine il terreno fertile per la loro massima espressione. L'eremita, il pensatore solitario, l'artista che si isola nel suo studio: queste figure sono archetipi del processo creativo. Artisti come Vincent van Gogh, pur nella sua tormentata esistenza, ha prodotto alcune delle sue opere più luminose e toccanti proprio in periodi di isolamento, dove la sua visione interiore poteva fiorire senza filtri. Le sue stelle vorticanti e i suoi campi di grano vibranti sono testimonianza di "cieli" interiori, magari "sgretolati" dal dolore, ma poi "ristrutturati" attraverso la potenza del colore e del gesto.

Il contrasto finale della poesia, con le "parole di giochi / che tanto ti divertono", suggerisce una divergenza tra la superficialità di un linguaggio leggero e la profondità del lavoro interiore. Queste "parole di giochi" potrebbero rappresentare la futilità di alcune comunicazioni o il rumore del mondo esterno che distrae dalla vera auto-costruzione. L'arte, invece, non si presta al semplice "gioco" inteso come intrattenimento superficiale, ma invita alla riflessione profonda, a quel processo di auto-scoperta che avviene nella quiete della solitudine.

In ultima analisi, questa poesia e l'arte stessa ci insegnano che il viaggio interiore, con le sue perdite e le sue rinascite, è un processo continuo. La solitudine, lungi dall'essere una condanna, può rivelarsi una potente alleata nella ricostruzione dei nostri mondi interiori. È uno spazio dove le "parole smarrite" possono essere ritrovate o sostituite da un linguaggio nuovo, più autentico. È lì che i "cieli sgretolati" trovano la loro via per essere "ristrutturati", non da effimere "parole di giochi", ma dalla resilienza dello spirito e dalla capacità dell'essere umano di trovare forza nella propria essenza più profonda. E in questo, l'arte è il nostro specchio più fedele.


~Mia.

mercoledì 17 aprile 2024

Serie (r2)





L'Urlo Silenzioso dell'Anima tra Terra e Cielo

Spesso, non ci limitiamo a riflettere il mondo visibile, ma ci addentriamo nelle pieghe più recondite dell'animo umano, dando voce a sensazioni, conflitti e rivelazioni che trascendono la parola. La mia opera intitolata semplicemente "Serie" è un tassello di questo dialogo, un'esplorazione visiva di quella che potremmo definire la serialità dell'esperienza umana: il susseguirsi di momenti, emozioni e stati d'essere che ci plasmano e definiscono la nostra essenza. Questo quadro non è solo una forma, ma un'eco, un'invocazione che emerge dalle profondità della tela.

A un primo sguardo, l'opera cattura lo sguardo con la sua tavolozza di colori caldi e terrosi: un trionfo di rossi intensi, arancioni vibranti, gialli dorati e marroni profondi. Queste tonalità, applicate con pennellate dense e materiche, evocano la forza primordiale della terra, il calore del fuoco, la passione ardente o forse la sofferenza che trasforma. Lo sfondo è un paesaggio ondivago di colline o fiamme stilizzate, un mare di materia che avvolge e da cui emerge la figura centrale. È un ambiente che pulsa di vita propria, dinamico e quasi tattile, suggerendo che la figura non è solo nel paesaggio, ma è delpaesaggio, un'estensione organica di questa realtà infuocata.

Il fulcro inequivocabile del dipinto è la figura verticale e allungata che si erge al centro della composizione. È una presenza quasi totemica, una scultura spirituale che sembra levitare tra le onde di colore. La parte superiore suggerisce un volto stilizzato, con occhi che appaiono incavati o chiusi in un'espressione di profonda introspezione o di catarsi. La bocca, o l'apertura centrale, è un elemento enigmatico: potrebbe essere un urlo silenzioso, una ferita aperta sull'anima, o un canale attraverso cui l'energia interiore si espande verso l'esterno.

La figura dà un senso di drammaticità e di trascendenza, come se stesse compiendo un rito antico o fosse immersa in un'esperienza estatica. La sua postura, quasi ieratica, la rende un simbolo della condizione umana, tesa tra la fisicità della materia e la spiritualità dell'essere.

La scelta di un titolo come "Serie" non è casuale. In un'era di frammentazione e individualismo, questo quadro ci invita a riflettere sulla continuità dell'esperienza. Ogni figura che emerge da un paesaggio interiore o esteriore è un capitolo di una "serie" più grande: la serie delle nostre lotte, delle nostre gioie, delle nostre trasformazioni. L'applicazione materica del colore, con le sue stratificazioni, diventa una metafora visiva di questi strati di esperienza che si sovrappongono nel tempo. L'opera suggerisce che, pur essendo ogni momento unico, esso è parte di un flusso, di una narrazione più ampia che ci lega non solo a noi stessi nel tempo, ma anche all'esperienza collettiva dell'umanità.

"Serie" è un'opera che parla della resilienza e della vulnerabilità dell'essere umano, della sua capacità di emergere dalle profondità delle emozioni e di elevarsi, pur rimanendo radicato alla propria essenza primordiale. È un inno all'espressione, all'urlo silenzioso che risiede in ognuno di noi, e alla profonda connessione che abbiamo con la terra e con il cielo. Un promemoria che, anche nelle nostre più intime e personali "serie" di giorni ed esperienze, c'è sempre una figura che si leva, un canto primordiale che risuona, un'espressione che cerca la luce e la comprensione.



~Mia.

lunedì 1 aprile 2024

Serie (r1)



Inattesa la tua presenza
tra questo necessario naufragar
ed il tuo dolce riposare.




Un' opera "Necessaria"

Il Mediterraneo, culla di civiltà millenarie, è divenuto negli ultimi decenni un cimitero liquido, testimone silenzioso di innumerevoli tragedie umane. Ogni onda che si infrange sulle coste porta con sé non solo spuma, ma le storie inascoltate di vite spezzate, di sogni infranti, di viaggi della speranza che si sono trasformati in naufragi. La mia poesia, intitolata anch'essa "Serie" e parte di un'indagine artistica più ampia sulla serialità dell'esistenza, cerca di dare voce a questo dolore insopportabile: "Inattesa la tua presenza / tra questo necessario naufragar / ed il tuo dolce riposare." Questi versi, nella loro cruda essenzialità, tentano di immortalare l'indicibile, di rendere omaggio alla dignità perduta e ritrovata nell'ultimo, tragico atto.

L'espressione "inattesa la tua presenza" racchiude in sé l'orrore della scoperta, la sorpresa sconvolgente di un corpo che riemerge dalle profondità, o l'apparizione di un ricordo, di una consapevolezza che si impone. È un momento di rivelazione, non di gioia, ma di dolore acuto, che ci costringe a confrontarci con una realtà che spesso preferiremmo ignorare. L'arte, in questo contesto, ha un ruolo fondamentale: quello di non permettere che queste presenze diventino statistiche, di non lasciare che l'oblio inghiotta le storie di chi ha cercato un futuro migliore. Numerose opere d'arte contemporanea, dalla fotografia alle installazioni, si sono dedicate a riportare in superficie i volti, le storie e le tragedie individuali, rendendole visibili e tangibili.

Il cuore pulsante della poesia risiede nell'ossimoro "necessario naufragar". Non è un incidente fortuito, ma una conseguenza quasi inevitabile di una disperazione che spinge uomini, donne e bambini ad affrontare il mare su imbarcazioni precarie, spesso in balia di scafisti senza scrupoli e di condizioni climatiche avverse. Questo "necessario" è un'accusa alla disuguaglianza, alla guerra, alla povertà estrema che non lascia alternative. È un grido contro un sistema che rende la perdita di vite umane un esito quasi scontato per chi osa sognare una vita oltre il confine. L'arte, qui, si fa portavoce di questa denuncia, smuovendo le coscienze attraverso la rappresentazione della fragilità umana di fronte a forze sproporzionate e a politiche globali inique.

Il mare, in questo scenario, assume un ruolo ambivalente. Non è più solo fonte di vita e di bellezza, ma si trasforma in un confine invalicabile, una tomba vasta e indifferente. Molti artisti hanno utilizzato il simbolismo del mare per esprimere questa dualità. Opere che ritraggono l'orizzonte infinito, ma con un senso di minaccia latente, o installazioni che utilizzano l'acqua e la luce per evocare un senso di mistero e di perdita, riflettono la complessità di questo elemento naturale diventato scenario di un'immane tragedia umanitaria.

Infine, il verso "ed il tuo dolce riposare" offre un momento di commovente pietà. Dopo la violenza del naufragio, la lotta per la sopravvivenza e l'orrore della morte, la poesia concede un attimo di pace alla vittima. È un riposo finale, forse l'unico raggiunto dopo un viaggio tormentato. Questo tocco di tenerezza conferisce dignità a chi ha perso tutto, un'estrema e sentita benedizione per chi è stato inghiottito dal mare. È un invito a considerare ogni vita persa non come un numero, ma come un'anima che ha trovato, in quella pace finale, un qualche tipo di riscatto dal dolore.

L'arte, dunque, ha il potere di umanizzare la tragedia, di trasformare le statistiche in storie individuali e di evocare empatia. Che sia attraverso la poesia, la pittura, la fotografia documentaristica o le installazioni che ci immergono fisicamente in queste narrazioni, l'obiettivo è lo stesso: non dimenticare, sensibilizzare e spingere alla riflessione su un dramma che continua a svolgersi ai nostri confini. La "Serie" di queste poesie, e la serie stessa di queste tragedie, ci chiama a non restare indifferenti di fronte all'inattesa presenza e al necessario naufragio di chi cerca solo un "dolce riposare" lontano da un'esistenza insopportabile.


~Mia.

mercoledì 20 marzo 2024

Pensieri d’ un viaggio (r2)

Vellutati petali lilla
di parole discretamente sincere
come venti spontanei
delle novelle di primavera.



Pensieri d'un Viaggio: La Nascita di un Verso Leggero

Ogni poesia, per me, è un viaggio. Un viaggio non solo attraverso le parole e i sentimenti, ma anche attraverso il tempo e lo spazio della mia anima. "Pensieri d'un viaggio" non fa eccezione, ed è nata da un momento di quiete, quasi un sospiro, in cui la mente si è lasciata andare a un'esplorazione delicata e sincera. Non è sempre facile catturare l'essenza di un'emozione fugace, di un'intuizione che appare e scompare in un battito di ciglia, ma è proprio in questi tentativi che trovo la magia della creazione poetica.

Questa poesia è un piccolo frammento di quel che sento quando la natura si risveglia, quando l'aria si fa più mite e i colori cominciano a esplodere intorno a noi. Ho cercato di evocare la sensazione di un vento leggero, quasi impercettibile, che porta con sé promesse e novità. Le "novelle di primavera" non sono solo un riferimento stagionale, ma un simbolo di tutto ciò che è nuovo, fresco, e che porta una ventata di speranza dopo i mesi più freddi e introspettivi. È un invito a lasciarsi trasportare, a essere aperti alle sorprese che la vita ci riserva, così come i petali di un fiore si schiudono al sole.

Approfondendo i singoli versi, ho voluto che ogni immagine avesse una sua risonanza specifica. I "vellutati petali lilla"sono un'immagine che mi è venuta quasi spontaneamente. Il lilla, con le sue sfumature delicate, evoca la tenerezza e la transizione, quel momento tra l'inverno e l'estate in cui tutto è in divenire. Il "vellutato" aggiunge una dimensione tattile, suggerendo qualcosa di morbido, accogliente e confortevole. Questi petali non sono solo fiori, ma rappresentano la delicatezza delle "parole discretamente sincere". Ho usato "discretamente" perché, a volte, le verità più profonde non hanno bisogno di essere urlate. Si rivelano dolcemente, quasi in punta di piedi, sussurrate da un vento che non è aggressivo, ma rinfrescante e purificante.

Le "parole discretamente sincere" sono il cuore della poesia. Vogliono esprimere quella schiettezza che non ferisce, ma che nutre l'anima con la sua autenticità. Sono pensieri e sentimenti che emergono senza forzature, come la natura si manifesta nella sua spontaneità. Non c'è nulla di artefatto, nulla di calcolato; solo la bellezza di ciò che è vero e genuino. Questa spontaneità è ulteriormente richiamata dai "venti spontanei", un'immagine che simboleggia la libertà e la leggerezza. Non sono venti di burrasca, ma brezze che portano profumi e suoni, messaggeri di un mondo che si rinnova.

Scrivere "Pensieri d'un viaggio" è stato un atto di riflessione e di accettazione. Ho cercato di catturare quell'attimo di lucidità in cui si riconosce la bellezza nella semplicità, la forza nella delicatezza. Non ho impiegato molto tempo a stendere questi versi una volta che l'immagine iniziale si è formata nella mia mente, ma il processo di lasciar decantare quelle sensazioni, di permettere loro di prendere forma, è stato più lungo e profondo. È un po' come un seme che germoglia: la trasformazione è lenta e silenziosa, ma poi il fiore sboccia con una rapidità sorprendente.

Spero che questa poesia possa risuonare anche in voi, lettori, evocando quella stessa sensazione di leggerezza e di nuova scoperta. Che sia un piccolo promemoria di come le parole, se scelte con cura e con sincerità, possano essere veri e propri petali che arricchiscono il nostro viaggio quotidiano.


~Mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...