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venerdì 31 dicembre 2021

Pentagramma

Se arrangiarsi
s' avvicinasse appena
ad arrangiamento
lascerei che la vita 
suonasse la sua musica,
 
con onnipotenza d’ amore.


La Vita è Caos o Armonia?

Ogni giorno affrontiamo una scelta, spesso inconscia: stiamo semplicemente "arrangiandoci", cercando di superare gli ostacoli e arrivare a sera, o stiamo componendo un "arrangiamento", un'opera armonica e intenzionale che chiamiamo vita? Questa domanda è il cuore pulsante della mia poesia "Pentagramma". È una poesia filosofica italiana che usa la metafora della vita come musica per esplorare il nostro desiderio più profondo: quello di poterci fidare del flusso dell'esistenza. In questa analisi della poesia, esploreremo la sottile ma abissale differenza tra queste due parole e il ruolo che l'amore gioca come compositore supremo dell'universo.

Arrangiarsi vs. Arrangiamento: Il Conflitto in Due Parole

Il fulcro della poesia risiede nel geniale accostamento di due termini simili ma profondamente diversi.

  • Arrangiarsi: È una parola intrisa di quotidianità, di pragmatismo, a volte di fatica. Significa "cavarsela", "sbarcare il lunario", trovare soluzioni improvvisate a problemi costanti. È l'arte della sopravvivenza. Implica un certo grado di caos, di reazione agli eventi piuttosto che di azione pianificata. È il rumore di fondo delle nostre vite indaffarate.

  • Arrangiamento: Questa parola ci trasporta immediatamente in un mondo di creatività, armonia e intenzione. Un arrangiamento musicale è la strutturazione consapevole di suoni, pause e ritmi per creare bellezza ed emozione. Non è casuale, è un atto di design. È la melodia.

La poesia esprime un desiderio struggente: "Se solo l'atto di sopravvivere (arrangiarsi) avesse un briciolo della bellezza e del senso di un'opera d'arte (arrangiamento)...". È il desiderio di trovare un senso nella vita, di credere che anche le nostre lotte quotidiane facciano parte di una composizione più grande e significativa.

La Melodia della Fiducia: Lasciar Suonare la Vita

La conseguenza di questa trasformazione sarebbe un atto di fede totale: "lascerei che la vita suonasse la sua musica". Questa frase svela l'attuale stato del poeta: un controllo costante, una tensione, l'incapacità di lasciarsi andare. Perché? Perché se la vita è solo un "arrangiarsi", allora fidarsi è pericoloso; significa essere travolti dal caos. Ma se fosse un "arrangiamento", allora fidarsi diventerebbe l'atto più logico e liberatorio. Questa poesia sulla fiducia e la speranza non parla di una fede già posseduta, ma del desiderio di avere le condizioni per poterla finalmente provare. È un inno al lasciarsi andare, non per pigrizia, ma come supremo atto di connessione con un universo di cui ci si fida.

L'Amore come Compositore Onnipotente

E chi sarebbe il direttore di questa magnifica orchestra? Il verso finale ce lo svela: "con onnipotenza d'amore". Questa non è una semplice aggiunta romantica. È la chiave di volta spirituale e filosofica dell'intera poesia. L'amore qui non è un sentimento tra persone, ma l'amore come forza creatrice dell'universo. È il principio ordinatore, la forza benevola e onnipotente che può trasformare il rumore in musica, il caos in cosmo. Se solo riuscissimo a percepire la sua mano nell'arrangiamento della nostra vita, potremmo finalmente smettere di lottare contro la corrente e iniziare a danzare con essa. È una visione in cui l'amore onnipotente è il vero, unico artista.

Dipingere il Pentagramma della Vita

Questa poesia, così astratta e concettuale, invoca un'opera visiva altrettanto simbolica.

  • Il Concetto: Creerei un'opera di pittura astratta divisa idealmente in due sezioni che si fondono al centro.
  • La Dualità Visiva: La parte sinistra rappresenterebbe l'"arrangiarsi": userei colori cupi, terrosi, magari mescolati a sabbia o altri materiali per creare una texture ruvida e caotica. Le linee sarebbero spezzate, spigolose, un groviglio che esprime tensione e fatica. La parte destra rappresenterebbe l'"arrangiamento": qui i colori diventerebbero puri, luminosi, armonici. Immagino ori, blu profondi, bianchi brillanti. Le linee sarebbero fluide, curve, simili a onde sonore o a un vero e proprio pentagramma che si snoda elegantemente sulla tela.
  • Il Punto di Fusione: Il centro del quadro sarebbe la parte più importante. Qui, i colori caldi e luminosi della parte destra inizierebbero a infiltrarsi nella sezione caotica, trasformandone la natura. I grovigli spigolosi, toccati dalla luce dell'amore, inizierebbero a distendersi, a trovare un ritmo, a diventare parte della melodia. Una potente sorgente di luce dorata, simbolo dell'onnipotenza d'amore, farebbe da ponte tra i due mondi, mostrando la sua capacità di portare ordine e bellezza nel caos.

Trovare la Musica nel Rumore

"Pentagramma" è un invito a cambiare la nostra percezione. Ci chiede di sforzarci di sentire la potenziale musica nel rumore della nostra vita quotidiana e di credere che una forza più grande, quella dell'amore, stia costantemente lavorando per trasformare le nostre fatiche in una sinfonia. È una poesia per chiunque, almeno una volta, abbia desiderato smettere di "arrangiarsi" e iniziare, finalmente, a suonare.



~mia. 

sabato 18 dicembre 2021

Marea

Sempre
un’ attimo
più avanti
‘sta vita.
Sul suo mare
vasto d’infinito
noi barche.


Vita come Mare Infinito

La metafora della vita come un mare è antica quanto il pensiero umano, ma poche volte è stata condensata con la stessa forza evocativa di questa breve poesia. "Marea" è un'istantanea fulminante sulla nostra condizione esistenziale. Questo post offre un'interpretazione della poesia "Marea", un commento al testo poetico che si immerge nelle sue acque profonde per esplorare il senso della vita secondo i suoi versi, la nostra percezione del tempo e il nostro posto nell'universo. È una riflessione che tocca le corde della grande poesia esistenziale italiana.

L' analisi del testo poetico non può che iniziare dal suo titolo, "Marea", che stabilisce immediatamente il campo semantico e simbolico: siamo nel dominio delle forze naturali, del movimento incessante, di un'attrazione cosmica che governa il flusso e riflusso delle cose. La prima strofa definisce la natura del tempo e della vita con una semplicità disarmante: "Sempre / un'attimo / più avanti / 'sta vita". L'uso del colloquiale "'sta vita" ancora il pensiero filosofico a un'esperienza vissuta, quasi un sospiro di consapevolezza. La vita non è mai afferrabile nel presente; è un orizzonte che si sposta mentre avanziamo, un'onda che si ritira proprio quando pensiamo di toccarla. 

La riflessione sul tempo che scorre ci introduce alla nostra condizione di perenni inseguitori di un presente che è già futuro. La seconda strofa apre lo scenario e definisce il nostro ruolo al suo interno, usando una delle più potenti metafore della vita come un viaggio. Non siamo su un mare qualsiasi, ma sul "suo mare", il mare della vita, un'entità che ci possiede e ci ospita. Questo mare è "vasto d'infinito", un'immagine che evoca la grandezza schiacciante del cosmo, l'immensità delle possibilità, del tempo e dello spazio di fronte alla nostra esistenza finita. In questo scenario grandioso, il verso finale arriva come una sentenza lapidaria e rivelatrice: "noi barche". Qui si cristallizza tutta la poesia sulla fragilità umana. Essere "barche" su un mare infinito significa essere piccoli, vulnerabili, soggetti alle correnti e alle tempeste, in balia di una "marea" che non controlliamo. Siamo viaggiatori, forse esploratori, ma anche potenziali naufraghi. 

L' immagine non è necessariamente disperata, ma è profondamente umile. Ci spoglia di ogni illusione di onnipotenza e ci restituisce alla nostra vera natura: creature in perenne navigazione, la cui forza non risiede nel dominare il mare, ma nella capacità di resistere, di mantenere la rotta, di navigare la propria esistenza all'interno di un mistero infinitamente più grande. 

Questa poesia italiana contemporanea riesce, in soli sette versi, a racchiudere il nucleo del dramma e della bellezza della condizione umana.

"Marea" ci lascia con un'immagine potente e duratura di noi stessi: piccole imbarcazioni su un oceano smisurato. Non offre risposte facili, ma pone la domanda fondamentale sulla nostra navigazione. Siamo capitani consapevoli del nostro piccolo vascello, pur conoscendo l'immensità del mare, o siamo naufraghi in balia delle correnti? La poesia non lo dice, lasciando a ciascuno di noi il compito di interpretare il proprio viaggio.

E voi, come navigate il mare della vostra vita? Vi sentite più in balia della marea o padroni della vostra rotta?


~mia.

sabato 11 dicembre 2021

Tormenti

Un orologio a pendolo
l’ indipendenza nazionale
e la mia personale.
M’ accorgo
lo scandir
d’ un tempo perfetto.



Tempo Perfetto

Cosa succede quando la perfezione diventa una fonte di tormento? La mia poesia "Tormenti" esplora proprio questo complesso e affascinante paradosso. Attraverso una serie di immagini apparentemente slegate, il testo costruisce una riflessione profonda sul tempo, sulla storia e sulla libertà. Questo post offre un'interpretazione della poesia contemporanea "Tormenti", un commento al testo poetico che cerca di svelare il legame nascosto tra un orologio, l'indipendenza di una nazione e quella di un singolo individuo, sotto lo sguardo di un tempo implacabile.

L'analisi di questa poesia filosofica italiana deve partire dalla sua struttura, che accosta tre elementi in un elenco quasi telegrafico, ponendoli sullo stesso piano. Il primo è "un orologio a pendolo", oggetto che immediatamente evoca il simbolismo del tempo che passa in modo meccanico, ritmico, quasi indifferente. Il suo tic-tac è il suono della tradizione, della misura oggettiva, di una forza che non si cura delle vicende umane. Accanto a questo, il testo colloca un concetto vasto e storico come "l'indipendenza nazionale", un tempo collettivo fatto di lotte, ideali e memoria condivisa. 

Subito dopo, con una mossa che sposta il focus dall'universale all'intimo, viene "e la mia personale", ovvero la mia indipendenza personale. In questo verso è racchiusa tutta la sfera privata della lotta per l'autonomia, per la libertà interiore. Il genio della poesia sta nel trattare questi tre livelli – il tempo meccanico, la libertà storica e la libertà individuale – come manifestazioni di un unico fenomeno. L'epifania arriva negli ultimi versi: "M'accorgo / lo scandir / d'un tempo perfetto". Qui si svela il cuore della poesia sul paradosso. Il titolo è "Tormenti", eppure la scoperta è quella di un "tempo perfetto". 

Il tormento, quindi, non risiede nell'imperfezione, ma proprio nella perfezione. È la consapevolezza che il tempo dell'universo, quello dell'orologio, procede con un ritmo impeccabile e incurante, mentre le nostre lotte per la libertà, sia quella grande e storica della nazione sia quella piccola e fondamentale della nostra anima, sono caotiche, dolorose e imperfette. Il tormento nasce dal confronto tra libertà collettiva e individuale e la fredda perfezione di un meccanismo superiore. È la realizzazione che il nostro affannarci, il nostro desiderare, il nostro soffrire per essere liberi avviene all'interno di una gabbia ritmica perfetta, che con il suo "scandir" implacabile sottolinea la nostra fragilità e l'apparente irrilevanza del nostro affanno. 

Questa poesia sul tempo e la libertà non celebra la perfezione, ma ne svela il volto crudele: quello di un'armonia cosmica che non consola, ma che, al contrario, rende ancora più acuto il dolore delle nostre imperfette e tormentate esistenze.

"Tormenti" ci lascia con una sensazione di vertigine. È la presa di coscienza che la nostra ricerca di libertà, sia come popolo che come individui, si svolge all'interno di una struttura temporale perfetta e forse predeterminata. Il tormento non è il caos, ma l'ordine spietato che lo contiene. La poesia ci chiede, infine, di guardare l'orologio della nostra vita e interrogarci: il suo tic-tac è il ritmo di una danza liberatoria o il suono dei passi di un carceriere perfetto?


~mia.

sabato 4 dicembre 2021

Nessun Nome

Chiamami,
almeno provaci.
Con il mio nome,
per te…
mi volterei.
Fa presto,
chiamami!
O forse…
non mi volterei.
Nessun nome
m’ appartiene ormai.


Quando il Nostro Nome Diventa Straniero

Cosa rimane di noi quando non riconosciamo più il nostro nome? La mia poesia "Nessun Nome" è un tuffo in questa domanda vertiginosa, un monologo interiore che oscilla tra la disperata richiesta di aiuto e la tragica rassegnazione. Questo post offre un'interpretazione della poesia contemporanea "Nessun Nome", un commento al testo poetico che indaga il tema universale della crisi d'identità, il legame tra amore e identità e la dolorosa sensazione di non appartenersi più.

L'analisi di questa poesia ci porta al centro di un dramma personale espresso come un appello diretto, quasi un sussurro. L'inizio, "Chiamami, / almeno provaci", svela una fragilità estrema e un desiderio di connessione che è quasi svanito. Non è una pretesa, ma una supplica. La condizione per questa possibile salvezza è legata a una persona specifica, "per te… / mi volterei", suggerendo che solo un legame affettivo profondo detiene ancora il potere di raggiungere il nucleo di un'identità in frantumi. Qui emerge il tema del potere del nome in poesia: il nome non è un'etichetta, ma il suono che può farci voltare, che può riportarci a noi stessi. La poesia vive di un conflitto interiore palpabile, che esplode nella seconda parte. L'urgenza di "Fa presto, / chiamami!" si scontra immediatamente con il dubbio devastante: "O forse… / non mi volterei". Questa oscillazione tra speranza e disperazione è il motore emotivo del testo.

 La spiegazione finale è una sentenza che chiarisce il significato della poesia: "Nessun nome / m'appartiene ormai". Questa è la dichiarazione di una perdita di sétotale. Il poeta si sente così alienato da se stesso che persino il suo nome, il più fondamentale marcatore di identità, è diventato un involucro vuoto, un suono estraneo. Questa poesia sull'alienazione descrive uno stato di spersonalizzazione in cui il legame tra il sé interiore e la sua rappresentazione esterna si è spezzato. 

L'avverbio "ormai" aggiunge un senso di ineluttabilità, come se fosse il punto di arrivo di un lungo e doloroso processo. È una poesia sul non riconoscersi che, nonostante la sua conclusione quasi nichilista, lascia aperto uno spiraglio: la possibilità, per quanto remota, che la voce di quel "tu" possa compiere un miracolo e far voltare chi, ormai, crede di non avere più un nome.

"Nessun Nome" è il racconto di un'anima che si sente smarrita, un'esplorazione della linea sottile che separa l'essere se stessi dal diventare un estraneo nella propria vita. È una poesia che ci costringe a riflettere sul peso e sul valore del nostro nome e su quanto la nostra identità sia legata agli occhi e alla voce di chi amiamo. Ci lascia con una domanda sospesa: può l'amore richiamarci indietro anche quando abbiamo dimenticato la strada verso noi stessi?

~mia.

sabato 27 novembre 2021

Anime Libere

Siamo anime.

Siamo anime
libere di volare.

Libere di volare
per l' eternità.

Per l' eternità
in un volo intrecciato.

In un volo intrecciato
dalla trama indissolubile.

Il medesimo principio inviolabile
del moto perpetuo
d' un universo del tutto sincrono.



Il Volo Sincrono dell'Esistenza

Esistono legami che trascendono il tempo e lo spazio? Siamo davvero esseri solitari o parte di una trama più grande? La mia poesia "Anime Libere" nasce da queste domande, costruendo, verso dopo verso, una visione dell'esistenza come un volo condiviso, eterno e governato da principi universali. Questa è un'interpretazione di una poesia spirituale, un commento al testo poetico che esplora il concetto di libertà non come isolamento, ma come una danza intrecciata nel cuore di un universo perfettamente sincrono.

L'analisi di questa poesia deve innanzitutto considerare la sua struttura unica, in cui la fine di ogni strofa diventa l'inizio di quella successiva. Questa scelta stilistica non è casuale: essa stessa crea una "trama indissolubile", un flusso di pensiero che guida il lettore in un crescendo logico ed emotivo. Si parte dalla dichiarazione fondamentale, "Siamo anime", che definisce la nostra essenza più pura. Subito dopo, questa poesia sull'anima e la libertà attribuisce a questa essenza la sua qualità primaria: essere "libere di volare", una metafora classica per l'assenza di vincoli terreni. 

Il viaggio concettuale prosegue estendendo questa libertà alla dimensione del tempo, "per l'eternità", trasformandola in una condizione infinita. Il punto di svolta arriva con il verso successivo: questo volo eterno non è solitario, ma "intrecciato". Qui la poesia introduce il tema della connessione tra anime. La vera libertà spirituale non è l'isolamento, ma una profonda e inseparabile unione con altre anime, quasi a suggerire il concetto di anime gemelle o di una coscienza collettiva. Questa unione è sigillata dalla "trama indissolubile", un legame che non può essere spezzato, che appartiene alla natura stessa delle cose. L'ultima strofa compie il balzo finale, portando questa poesia sull'amore eterno dal piano personale a quello cosmico. 

Il legame tra le anime non è un semplice sentimento, ma obbedisce allo stesso "principio inviolabile del moto perpetuo d'un universo del tutto sincrono". In questi versi, la poesia sul destino e l'universo afferma che l'interconnessione tra di noi è una legge fondamentale della natura, non diversa dalla fisica che governa i pianeti. È una visione che riecheggia il principio di sincronicità, dove nulla è casuale e ogni evento, ogni legame, è parte di un ordine perfetto e significativo. 

Il significato della poesia risiede proprio in questa rassicurante e potente rivelazione: il nostro amore, i nostri legami più profondi, non sono incidenti di percorso, ma manifestazioni di una legge universale che orchestra l'esistenza con precisione e scopo.

"Anime Libere" è un inno alla fiducia nell'universo e nei legami che formiamo. Ci guida a vedere la nostra vita non come un volo solitario, ma come una danza eterna e intrecciata con altre anime, parte di una coreografia cosmica perfetta e inviolabile. È la celebrazione della nostra vera natura: non esseri isolati, ma note sincronizzate nella grande sinfonia dell'esistenza.


~mia.

martedì 16 novembre 2021

Autunno

Come una ballerina
su leva una punta
lava
lava
tragica
la vecchia stagione
sospira la novità.



La Danza Malinconica di una Stagione

Anche se ci trovassimo nel pieno di Giugno, pensare all'autunno evoca una nostalgia quasi immediata per i suoi colori e le sue atmosfere. La mia poesia "Autunno" cerca di catturare proprio quello spirito, ma attraverso una lente insolita: non quella delle foglie che cadono, ma della danza. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia breve, un commento al testo poetico che esplora il cambiamento delle stagioni non come un semplice ciclo, ma come una performance elegante, malinconica e profondamente significativa.

L'analisi di questa poesia deve necessariamente partire dalla sua immagine centrale, una metafora dell'autunno tanto inaspettata quanto calzante: la stagione è "come una ballerina". Questa scelta di personificazione della natura in poesiaallontana immediatamente dai cliché autunnali e ci proietta in un mondo di eleganza, disciplina e performance. L'atto di sollevarsi "su leva una punta" è l'emblema di un equilibrio perfetto ma precario, un momento di massima grazia che è anche il preludio di un movimento successivo, di un cambiamento. È l'immagine perfetta per l'autunno, una stagione che raggiunge l'apice della sua bellezza cromatica proprio nell'istante in cui si prepara a cedere il passo al declino. 

L'azione che questa ballerina compie è un lavacro insistente, quasi ossessivo: "lava / lava". È un atto di purificazione, un rituale per pulire e rimuovere "la vecchia stagione", l'estate con il suo calore e la sua esuberanza. Ma questo gesto non è gioioso; è definito da un singolo, potentissimo aggettivo: "tragica". Qui la poesia sull'autunno e la malinconia trova il suo cuore. La tragedia non è nella morte, ma nel passaggio stesso. È tragico dover lavare via qualcosa che è stato vivo e splendente, è il senso tragico del tempo che scorre, che ci costringe a dire addio. L'autunno, in questa visione, è un'artista che compie il suo dovere con una grazia infinita ma con una tristezza intrinseca, consapevole della perdita che il suo stesso atto comporta. 

La conclusione della poesia, "sospira la novità", è di una delicatezza sublime. Non c'è un'accoglienza festosa dell'inverno, ma un "sospiro". Un sospiro può contenere tutto: la stanchezza dopo la performance, la malinconia per ciò che è finito, e una sommessa, quasi rassegnata, accettazione di ciò che sta per arrivare. È l'espressione perfetta della bellezza della decadenza: un momento di quiete agrodolce in cui si piange il passato mentre si prende fiato per il futuro. Questa poesia italiana contemporanea riesce a trasformare un fenomeno naturale in un profondo dramma emotivo.

"Autunno" non è solo il ritratto di una stagione, ma una meditazione universale sul cambiamento. Ci insegna a vedere la bellezza non solo nella crescita, ma anche nell'elegante e malinconico atto di lasciare andare. È il racconto di come la natura, come una ballerina tragica, danzi sul punto dell'addio, sospirando per una novità che è, al tempo stesso, fine e promessa.


~mia.

venerdì 5 novembre 2021

Falco

Austero volto mostra fiero priso
dal vento dove solo si libra alto
stanco dell’ altrui dire poi solito
libero di stupirsi fantasioso.

Appar un ghigno serio tal scalfito
affondo nelle gran valli assolate
candide della pilastrica mente
di una vita che anch’ egli ha si vissuto.

Poeta cuor leale prendi sposa
arte non solo nel pensar lirico
ma nella sua più comune essenza.

E nella sua più comune essenza
arte non solo nel pensar lirico
poeta cuor leale prendi sposa.



Lo Sguardo dell'Artista, lo Sguardo del Falco

Il falco è da sempre un simbolo potente di libertà, visione e nobile solitudine. La mia poesia "Falco" prende questa figura archetipica e la trasforma nella metafora dell'artista, per indagare la natura più profonda della creatività e il dovere del poeta. Questo post offre un'interpretazione della poesia, un commento al testo poetico che si addentra nel simbolismo del falco per svelare un messaggio sulla necessità di unire l'ispirazione più alta con l'esperienza più terrena. È una riflessione sulla vocazione artistica e sulla ricerca della verità.

L'analisi di questa poesia inizia con la descrizione di una figura maestosa e piena di contraddizioni. Il falco è un "fiero priso", un prigioniero orgoglioso del vento: questa immagine cattura la perfetta poesia sulla solitudine dell'artista, che è libero nel suo elemento, l'arte, ma al contempo è vincolato alla sua natura, al suo destino solitario. Librandosi "alto", si allontana dal "solito dire" degli altri, dal rumore di fondo del mondo, per conquistare una libertà più preziosa, quella di "stupirsi fantasioso". La sua non è solo una superiorità fisica, ma intellettuale ed immaginativa. Il suo volto non è semplicemente quello di un animale, ma mostra un "ghigno serio tal scalfito", l'espressione di chi ha una comprensione profonda, quasi sofferta, dell'esistenza. 

Questa saggezza non è superficiale, ma "affonda" nelle valli di una "pilastrica mente", una metafora splendida che suggerisce una mente strutturata, forte, quasi un tempio di conoscenza costruito non su teorie astratte, ma su "una vita che anch'egli ha si vissuto". Il falco sa, perché ha vissuto. È a questo punto che il testo rivela la sua natura di ars poetica italiana contemporanea. La poesia si rivolge direttamente al "poeta cuor leale", e il falco diventa il modello a cui aspirare. L'invito è quasi un rito nuziale: "prendi sposa / arte". Ma quale arte? Il cuore del messaggio è qui: un'arte che non sia "solo nel pensar lirico", cioè non solo nell'ispirazione astratta, nell'idea pura, nel volo solitario fine a se stesso. La vera vocazione è sposare l'arte "nella sua più comune essenza". 

Questa poesia sull'arte e la vita chiede al poeta di essere come il falco: capace di volare altissimo, ma con una saggezza che affonda le radici nella vita vissuta, nelle valli assolate e nelle crepe della realtà. Il ruolo del poeta è dunque quello di essere un mediatore tra il cielo dell'immaginazione e la terra dell'esperienza comune. La ripetizione quasi ossessiva, e invertita, dell'ultimo terceto non fa che rafforzare questo patto, questa dichiarazione di intenti, rendendola un mantra, un principio inviolabile per chiunque si definisca "poeta cuor leale".

"Falco" non è la descrizione di un rapace, ma un manifesto sulla missione dell'artista. Ci dice che la vera arte non può accontentarsi di un volo sterile, per quanto alto. Deve avere il coraggio di planare, di guardare nelle valli assolate della vita, e di portare sul proprio volto le tracce di ciò che ha visto e vissuto. È un appello a un'arte autentica, che sposa la realtà per poterla trasfigurare, unendo la visione del falco alla solidità della terra.


~mia.

venerdì 29 ottobre 2021

Cipressi

Gli alberi
le cime piegate
il vento
soffia forte.



La Lezione Silenziosa degli Alberi

I cipressi sono le sentinelle silenziose del nostro paesaggio italiano, simboli di eternità e di una solenne resistenza al tempo. La mia poesia "Cipressi", nella sua estrema brevità, cerca di catturare un singolo momento della loro esistenza, un istante che si fa lezione di vita. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia minimalista, un commento al testo poetico che esplora il tema universale della resilienza di fronte alle forze che cercano di piegarci.

L'analisi di questa poesia deve partire dalla sua forma scarna ed essenziale, che presenta i fatti con la precisione di una fotografia. Il testo non usa un singolo aggettivo emotivo, ma si affida alla potenza evocativa delle immagini. Sebbene il testo nomini genericamente "gli alberi", il titolo ci fornisce la chiave di lettura fondamentale, evocando il profondo simbolismo del cipresso in poesia: un albero legato all'eternità, alla sacralità, ma anche alla resistenza. Questa poesia sulla natura mette in scena un dramma silenzioso tra due protagonisti: gli alberi, statici e radicati, e il vento, una forza invisibile ma potente. 

Il risultato di questo scontro è l'immagine centrale: "le cime piegate". In questa immagine risiede tutto il significato della poesia. Piegarsi non significa spezzarsi. È un atto di flessibilità, di adattamento, una strategia di sopravvivenza. Questa poesia breve sulla resilienza ci insegna che la vera forza non risiede nella rigidità inflessibile, che porta alla rottura, ma nella capacità di cedere alla pressione senza perdere la propria integrità, senza essere sradicati. La metafora del vento e degli alberi diventa così una rappresentazione di ogni avversità della vita: le difficoltà, i dolori, le pressioni esterne.

La risposta del cipresso è un modello di comportamento saggio. È una poesia sulla forza e la flessibilità che ci ricorda che c'è una grande saggezza nell'accettare di non poter controllare tutto e che a volte, per restare in piedi, è necessario chinare la testa. Questa poesia italiana contemporanea, attraverso la sua semplicità, riesce a comunicare un messaggio complesso e universale, lasciando che sia il lettore a proiettare sulla scena il proprio vissuto e le proprie battaglie.

"Cipressi" è un promemoria potente che ci arriva dalla saggezza silenziosa della natura. In quattro versi essenziali, ci viene offerta una lezione fondamentale sull'arte di vivere: la resilienza non è la capacità di opporre resistenza a ogni costo, ma la grazia e l'intelligenza di sapersi piegare per non spezzarsi, per poter tornare a svettare verso il cielo una volta che la tempesta è passata.


~mia.



martedì 19 ottobre 2021

Nuvole d’ Oriente (Inno Alla Poesia)

Ricerco casa dove
nel dolce ritmo sparso
la Poesia trova pace.
Solitario udii
tonante lassù 
il silenzio di eterno caos.



La Casa della Poesia

Ogni artista è, in fondo, alla ricerca di un luogo, uno stato dell'anima dove la propria creatività possa trovare pace. La mia poesia "Nuvole d'Oriente" nasce da questa stessa urgenza, un viaggio che inizia con il desiderio di un nido protetto e culmina nella scoperta di un'armonia inaspettata nel cuore dell'universo. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia contemporanea, un commento al testo poetico che esplora la ricerca della pace interiore e il paradosso di un silenzio assordante trovato al centro dell'eterno caos.

L'analisi di questa poesia si apre con una dichiarazione di intenti, una vera e propria ricerca spirituale: "Ricerco casa". La "casa" qui non è un'abitazione fisica, ma un santuario interiore dove "la Poesia", personificata e maiuscola, possa finalmente placarsi. Le caratteristiche di questo luogo ideale sono descritte come un "dolce ritmo sparso", un'immagine che evoca un'armonia non rigida, non imposta, ma naturale e gentile. Questa è una poesia di ispirazione orientale, che richiama concetti della filosofia zen in poesia, come la bellezza dell'imperfezione e di un ordine che nasce spontaneamente. La prima parte del testo esprime quindi un desiderio di quiete, di un ambiente protetto in cui l'atto creativo possa fluire senza tormento. La seconda parte della poesia segna una svolta improvvisa, una rivelazione che avviene, non a caso, in uno stato di solitudine: "Solitario udii". 

È nella solitudine e la creatività che si affinano i sensi e si può percepire ciò che normalmente è nascosto. E ciò che il poeta ode è un paradosso potentissimo, un ossimoro che è il cuore del significato della poesia: "tonante lassù / il silenzio di eterno caos". Il poeta scopre che la vera pace non si trova in un "dolce ritmo sparso" e protetto, ma nell'ascolto profondo dell'universo stesso. È un silenzio tonante, un silenzio così assoluto e immenso da avere il fragore di un tuono. E, cosa ancora più importante, è il silenzio del caos, non dal caos. La pace non è l'assenza di disordine, ma la scoperta di un'armonia silenziosa e perfetta che è il cuore pulsante dell'apparente disordine dell'universo. 

Questa poesia sul caos e l'ordine suggerisce che la vera "casa" della Poesia non è un rifugio dal mondo, ma uno stato di percezione così acuto da poter sentire l'ordine nel disordine, la quiete nel fragore, il silenzio nell'eterno caos. È una conclusione quasi mistica: la pace interiore non si costruisce, si scopre ascoltando, in solitudine, la musica silenziosa del tutto.

"Nuvole d'Oriente" è un viaggio che ci porta da una concezione quasi romantica della pace a una comprensione più profonda e universale. Ci insegna che il santuario che cerchiamo non è un luogo fisico da trovare, ma uno stato dell'essere da raggiungere, un punto di ascolto interiore da cui percepire l'incredibile e silenziosa sinfonia che si cela dietro il caos apparente della vita.


~mia.

sabato 16 ottobre 2021

Nei Tuoi Occhi

Colori le mie giornate
non di bianco
ne di giallo
come il sole solenne

una tonalità di marrone
svela
madre terra 
dipinta nei tuoi occhi.



Oltre il Sole, la Terra

La poesia d'amore ha spesso cercato nel cielo, nel sole e nelle stelle le metafore per descrivere la persona amata. La mia poesia "Nei Tuoi Occhi" nasce dal desiderio di ribaltare questa prospettiva, di allontanarsi da una luce "solenne" e distante per trovare un valore più profondo, tangibile e vitale. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia d'amore, un commento al testo poetico che celebra una bellezza autentica, radicata non nel cielo, ma nella terra che troviamo, a volte, dipinta negli occhi di chi amiamo.

L'analisi di questa poesia si sviluppa in due momenti distinti: prima una negazione, poi una rivelazione. Il testo si apre con una classica dichiarazione d'amore, "Colori le mie giornate", ma subito ne definisce la natura in modo originale, rifiutando i simboli convenzionali della gioia. Il colore che la persona amata porta non è il "bianco" della luce pura o il "giallo" abbagliante del "sole solenne". Definire il sole "solenne" è una scelta chiave: gli attribuisce un carattere maestoso ma distante, quasi impersonale. Il poeta ci sta dicendo che l'amore che riceve non è un'illuminazione grandiosa e formale, ma qualcosa di più intimo e vicino. La vera natura di questo colore, e quindi di questo amore, viene svelata nella seconda strofa. È "una tonalità di marrone", un colore umile, spesso trascurato dalla lirica tradizionale. Questa scelta è una potente dichiarazione a favore di una bellezza autentica e non idealizzata. E questo colore non è fine a se stesso, ma "svela" una verità più profonda. Il significato della poesia esplode nell'immagine finale: negli occhi marroni dell'amata è "dipinta" nientemeno che "madre terra".

La poesia di madre terra trasforma un semplice dettaglio fisico in una metafora universale. Il marrone degli occhi diventa il colore della terra fertile, del legno, delle radici. L'amore descritto non è un'infatuazione passeggera, ma un sentimento che dà stabilità, nutrimento e senso di appartenenza. È una poesia sulla stabilità in amore, che celebra un partner che non abbaglia, ma che accoglie; che non è un astro irraggiungibile, ma una "casa" solida e vitale. 

Questa poesia d'amore per occhi marroni diventa così un inno a un amore maturo e consapevole, un amore profondo che trova il suo valore non in ciò che è eccezionale e celeste, ma in ciò che è fondamentale, essenziale e terrestre. È la scoperta di un intero mondo, fertile e sicuro, nello sguardo della persona amata.

"Nei Tuoi Occhi" è una celebrazione dell'amore che non ha bisogno di metafore celesti per affermare il suo valore. È un omaggio alla bellezza autentica e a un sentimento che non si limita a illuminare, ma che sa nutrire, sostenere e dare radici, proprio come la terra. È la riscoperta di come lo sguardo di una persona possa contenere il dono più prezioso: il senso di essere, finalmente, a casa.


~mia.

sabato 2 ottobre 2021

Fanciullo

Un’ altalenante altalena
rincuora il mio cuore
le vertigini del vuoto
sul quale volare.



Il Cuore sull'Altalena

Ci sono immagini che hanno il potere di riportarci immediatamente a un tempo e a un'emozione precisa. L'altalena è una di queste: un simbolo universale dell'infanzia, di un movimento che è insieme gioco e piccola sfida. La mia poesia "Fanciullo" parte da questa immagine per esplorare la capacità, tipica dei bambini, di trasformare la paura in una straordinaria avventura. Questo post offre un'interpretazione di questa poesia breve, un commento al testo poetico che indaga la nostalgia dell'infanzia e il modo in cui la nostra prospettiva può trasformare un vuoto spaventoso in un cielo su cui librarsi.

L'analisi di questa poesia è guidata interamente dal suo titolo, "Fanciullo", che ci invita a leggere i versi attraverso lo sguardo di un bambino. L'apertura, "Un'altalenante altalena", con la sua dolce ripetizione, non descrive solo un oggetto, ma un'azione, un ritmo che "rincuora il mio cuore". Il punto di partenza è una sensazione di conforto, di gioia semplice e pura, un'emozione legata al ricordo o all'atto stesso del dondolarsi. È il cuore della poesia sulla nostalgia dell'infanzia. Ma il testo non si ferma a questa immagine rassicurante. Introduce un elemento di tensione, di rischio: "le vertigini del vuoto". Questa è l'esperienza fisica di chi spinge l'altalena più in alto, di chi sperimenta il brivido, la sensazione di cadere, la paura che si prova guardando in basso. Qui la poesia tocca il tema della paura e il coraggio. 

Il genio del "fanciullo", e il cuore del significato della poesia, risiede nella trasformazione che avviene nel verso finale. Quel "vuoto" che provoca vertigini non è visto come un abisso in cui precipitare, ma come lo spazio "sul quale volare". Questa è una potente metafora della vita come un'altalena. La prospettiva del bambino non nega la paura (le vertigini ci sono), ma la reinterpreta, la usa come trampolino di lancio per l'immaginazione. Il vuoto diventa il cielo. Il rischio diventa il volo dell'immaginazione

La poesia ci dice che il coraggio non è l'assenza di paura, ma la capacità di vedere un'opportunità di volo là dove altri vedono solo un baratro. È una lezione profonda su come affrontare le incertezze della vita: le "vertigini del vuoto" sono inevitabili, ma la scelta di vederle come uno spazio su cui librarsi appartiene solo a noi, a quel "fanciullo" che dovremmo sempre custodire dentro.

"Fanciullo" è un invito a riscoprire la prospettiva magica dell'infanzia. Ci ricorda che la gioia più autentica spesso convive con un brivido di paura, e che la nostra più grande risorsa è la capacità di trasformare le nostre paure in avventure. È un promemoria per guardare ai vuoti della nostra vita non con terrore, ma con gli occhi di un fanciullo pronto a spiccare il volo.

Ricordate anche voi quella sensazione? Quel misto di paura e gioia su un'altalena? E riuscite ancora, oggi, a trasformare le vostre "vertigini del vuoto" in un'occasione per "volare"?


~mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...