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domenica 3 marzo 2024

Ascensore




Un Viaggio tra Colori e Percorsi Interiori

Il quadro che ho intitolato "Ascensore" è nato da una riflessione profonda sui percorsi che intraprendiamo, sia fisicamente che metaforicamente, e su come le diverse direzioni e le transizioni ci plasmano. Non è solo un gioco di forme e colori, ma una rappresentazione visiva di un viaggio, un movimento verso l'alto o verso il basso, attraverso le stanze della nostra coscienza.

L'idea alla base di "Ascensore" è scaturita osservando la quotidianità, ma con uno sguardo più profondo. Un ascensore, nella sua funzione più basilare, è un mezzo che ci porta da un punto all'altro in verticale, rompendo la linearità orizzontale. Ma per me, rappresenta molto di più: simboleggia i momenti di transizione nella vita, le scelte che ci portano a livelli diversi di consapevolezza o esperienza, le sfide che ci elevano o ci fanno "scendere a patti" con una nuova realtà.

La forma centrale, un quadrato che si apre in raggi divergenti, è il cuore dell'opera. È il punto di partenza, il "pavimento" o la "cabina" dell'ascensore da cui si diramano tutte le possibili direzioni. Ogni "corridoio" colorato che si estende da esso rappresenta un percorso diverso, una decisione, un'opportunità o una conseguenza.

Per realizzare "Ascensore", ho scelto di lavorare con acrilici su tela, una tecnica che mi permette di ottenere colori vibranti e una certa matericità. Il processo è iniziato con la definizione delle linee guida geometriche, fondamentali per creare la struttura radiale che caratterizza il dipinto. Ho dedicato molta attenzione alla precisione delle linee nere che delimitano le diverse sezioni, poiché esse fungono da "binari" visivi, guidando l'occhio dell'osservatore attraverso il percorso.

La scelta dei colori non è stata casuale. Ho optato per tonalità primarie e secondarie intense – il blu profondo, il verde rigoglioso, il rosso passionale e il giallo solare – per evocare diverse emozioni e stati d'animo associati ai percorsi di vita.

  • Il Blu (a sinistra) può rappresentare la profondità del pensiero, la calma, ma anche l'ignoto o l'inconscio.
  • Il Verde (in alto) simboleggia la crescita, la natura, la speranza e la rigenerazione.
  • Il Giallo (a destra) evoca l'energia, l'ottimismo, la chiarezza e la luminosità delle idee.
  • Il Rosso (in basso) suggerisce la passione, l'azione, ma anche il radicamento e la forza.

Il quadrato centrale, con la sua tonalità arancione accesa, è il fulcro energetico dell'opera. L'arancione, combinazione di rosso e giallo, simboleggia l'entusiasmo, la creatività e il punto di partenza da cui si irradiano tutte le possibilità.

Ho applicato i colori in modo tale da creare un effetto di profondità e luminosità, con pennellate che in alcune aree sono più sature e in altre leggermente più trasparenti, permettendo alla luce di interagire con la superficie. Le intersezioni delle linee nere e i blocchi di colore creano una tensione visiva che sottolinea il dinamismo del movimento.

"Ascensore" è una metafora visiva delle scelte e delle transizioni che affrontiamo. La struttura radiale suggerisce che da un unico punto possono diramarsi infinite possibilità, ognuna con la sua energia e il suo "colore" distintivo. L'osservatore è invitato a immaginare di trovarsi in quel quadrato centrale, decidendo quale "direzione" prendere.

Il quadro può essere interpretato in diversi modi:

  • Un viaggio evolutivo: I diversi colori rappresentano le fasi della vita, le emozioni che si provano salendo (o scendendo) attraverso le esperienze.
  • Le scelte quotidiane: Ogni "corridoio" è una decisione, un'opportunità da cogliere o da lasciare andare.
  • La connessione tra le diverse parti di noi stessi: I colori e le direzioni potrebbero simboleggiare le diverse sfaccettature della nostra personalità che si connettono al centro del nostro essere.

La presenza delle linee nere, nette e definite, non è solo una scelta stilistica, ma anche simbolica. Esse rappresentano i confini, le regole, ma anche le strutture che ci danno forma e ci guidano, pur permettendoci di scegliere la nostra direzione all'interno di esse.

Creare "Ascensore" è stato per me un modo per riflettere sulla dinamicità della vita e sulla costante necessità di muoversi, di scegliere, di adattarsi. È un promemoria che anche quando ci sentiamo immobili, siamo sempre al centro di un potenziale movimento, con infinite direzioni possibili che si aprono davanti a noi. Ogni "salita" o "discesa" è un'occasione per imparare e crescere.

Spero che questo quadro possa ispirare anche voi a riflettere sui vostri percorsi, sulle scelte che avete fatto e su quelle che ancora vi attendono.


~Mia.

lunedì 26 febbraio 2024

Pensieri d’ un viaggio (r1)

La valigia d’ una vita
di mutevoli contenuti
la stessa di sempre
dalla carcassa usurata.



Il Bagaglio dell'Esistenza in Versi

C'è un oggetto che, più di ogni altro, simboleggia il nostro percorso nell'esistenza: la valigia. Non intendo solo quella fisica, che riempiamo e svuotiamo per un viaggio o per un trasloco, ma la valigia metaforica della nostra vita. È da questa immagine potente e universale che è nata la poesia "Pensieri d'un viaggio", un breve componimento che racchiude, in pochi versi, un'intera filosofia sull'essere e sul divenire.

L'idea di questa poesia è fiorita da una riflessione sulla transitorietà e sulla permanenza. Ogni giorno aggiungiamo qualcosa al nostro bagaglio di esperienze, emozioni, ricordi, incontri. E, in un certo senso, ogni giorno perdiamo qualcosa, lasciamo andare. La valigia, in questo contesto, diventa il contenitore di questo costante flusso, un testimone silenzioso del nostro andare e venire. Non è solo un oggetto, ma un simbolo di chi siamo stati, di chi siamo e di chi diventeremo.

"La valigia d'una vita" suggerisce immediatamente un'ampiezza temporale, un'intera esistenza racchiusa in un simbolo. È un'immagine che risuona con chiunque abbia mai sentito il peso – o la leggerezza – del proprio percorso.

Ogni verso di questa poesia è stato pensato per aggiungere uno strato di significato, costruendo un'immagine complessa e ricca di risonanze.

"La valigia d’ una vita": Il verso d'apertura è una dichiarazione chiara. Non si parla di un viaggio specifico, ma del viaggio per antonomasia: quello dell'esistenza. La valigia non è solo un oggetto, ma diventa il contenitore delle nostre esperienze, delle nostre relazioni, dei nostri apprendimenti e delle nostre perdite. È il simbolo del nostro essere in cammino, sempre.

"di mutevoli contenuti": Qui si introduce il concetto di dinamismo e di cambiamento. La valigia non è mai statica; i suoi "contenuti" sono in continua evoluzione. Questo riflette la natura fluida della nostra vita: le nostre idee, le nostre credenze, le nostre amicizie, i nostri sogni cambiano, si trasformano, si evolvono. Ciò che consideravamo essenziale ieri potrebbe non esserlo oggi, e viceversa. È un riconoscimento della nostra capacità di adattamento e della nostra costante crescita, ma anche della natura effimera di molte cose che accumuliamo.

"la stessa di sempre": Questo verso crea un potente contrasto con il precedente. Sebbene i contenuti mutino, la "carcassa" della valigia rimane la stessa. Questo suggerisce la nostra identità profonda, il nucleo immutabile del nostro essere, la nostra anima o la nostra essenza. Indipendentemente da quante esperienze accumuliamo o quante maschere indossiamo, c'è una parte di noi che resta fedele a se stessa, un filo rosso che ci lega attraverso tutte le fasi della vita. È la nostra memoria, la nostra storia personale che ci definisce.

"dalla carcassa usurata.": L'immagine della "carcassa usurata" è particolarmente toccante e significativa. Evoca il passare del tempo, l'usura dovuta ai numerosi "viaggi" compiuti, le cicatrici lasciate dalle esperienze. Questa "usura" non è un segno di debolezza, ma di resilienza. Ogni graffio, ogni segno sulla superficie della valigia racconta una storia, un ostacolo superato, una gioia vissuta, una lezione imparata. È la bellezza dell'invecchiare, del portare i segni di una vita vissuta pienamente, senza risparmiarsi. La valigia, nonostante i "mutevoli contenuti", è un monumento al tempo che passa, una testimonianza visiva di un percorso che continua.

Scrivere "Pensieri d'un viaggio" è stato un esercizio di sintesi, cercando di distillare un concetto così ampio in pochi versi efficaci. L'ispirazione è arrivata pensando a tutti i viaggi che ho fatto e a quante volte ho preparato e disfatto una valigia, rendendomi conto che, in fondo, stavo facendo lo stesso con la mia esistenza. Il ritmo e la scelta delle parole sono stati pensati per creare un'immagine visiva forte ma allo stesso tempo intima e riflessiva.

Questa poesia, nella sua brevità, invita alla contemplazione. Ci spinge a considerare il nostro "bagaglio" personale, a chiederci cosa abbiamo messo dentro e cosa, forse, dovremmo imparare a lasciare andare. Ci ricorda che, nonostante i cambiamenti esterni, c'è una parte di noi che rimane salda, un punto di riferimento nella costante mutazione della vita.

"La valigia d'una vita" è un promemoria della nostra natura di viaggiatori eterni. Ci incoraggia ad abbracciare il cambiamento, a non temere l'usura del tempo, perché ogni segno sulla nostra "carcassa" è una medaglia, una prova che abbiamo vissuto, abbiamo amato, abbiamo imparato. È una celebrazione della resilienza umana e della bellezza di un'esistenza fatta di continui adattamenti e scoperte.

~Mia.

domenica 18 febbraio 2024

Straccio …Cinque…




Quando la Materia Dà Vita al Sole

Ogni artista ha un suo strumento prediletto, una tecnica che diventa quasi una seconda pelle. Per me, ultimamente, è lo "straccio". Non un pennello, non una spatola, ma un semplice pezzo di stoffa che, nelle mie mani, si trasforma in un mezzo espressivo sorprendentemente versatile. Il quadro che presento oggi, parte della mia serie "Straccio", è intitolato "Straccio... Cinque...", ed è una testimonianza di come anche gli strumenti più umili possano dare vita a opere vibranti e cariche di significato.

L'idea per questa serie è nata dalla volontà di esplorare nuove texture e modi di applicare il colore, allontanandomi dagli strumenti più tradizionali. Lo straccio, con la sua capacità di assorbire, sfumare, ma anche di lasciare segni materici e imprevedibili, mi ha affascinato fin da subito. È un approccio più istintivo, meno controllato, che mi permette di esprimere una forza grezza e una spontaneità che trovo liberatoria. Il nome della serie "Straccio" è un omaggio a questa scelta non convenzionale, un modo per elevare un oggetto comune a strumento artistico.

"Straccio... Cinque..." rappresenta la quinta esplorazione all'interno di questa serie. Ogni opera precedente ha esplorato un aspetto diverso della matericità e del colore, ma in questa ho voluto concentrarmi sull'energia radiante e sulla potenza evocativa del giallo. L'immagine centrale, con la sua forma rotonda e i raggi che si irradiano, richiama immediatamente il sole, simbolo universale di vita, calore, luce e speranza. Ho voluto catturare quella sensazione di un'esplosione di energia, di una forza vitale che si espande in ogni direzione.

La realizzazione di "Straccio... Cinque..." è stata un'esperienza intensa e quasi fisica. Ho lavorato principalmente con acrilici, per la loro rapidità di asciugatura e per la possibilità di stratificare il colore in modo consistente. Il processo non prevede l'uso di pennelli; invece, lo straccio viene usato per tamponare, strofinare, picchiettare e talvolta persino "staccare" il colore dalla tela, creando quelle texture uniche e quasi organiche che si possono osservare.

Le diverse tonalità di giallo e arancio, dal più chiaro al più scuro, sono state applicate in strati successivi. Ho iniziato con una base più uniforme per poi aggiungere le texture e le sfumature. Il cerchio centrale è stato costruito con applicazioni più dense e materiche, quasi a voler dare l'idea di una superficie solida e incandescente. I raggi, invece, sono stati realizzati con movimenti più rapidi e gestuali dello straccio, permettendo al colore di "schizzare" e di creare un senso di movimento e irradiazione.

La presenza di tocchi di rosso, specialmente verso i bordi e nelle sfumature più profonde, serve a intensificare il calore e l'energia del giallo. Il rosso aggiunge un elemento di fuoco, di passione, che amplifica la sensazione di una fonte di calore e luce vibrante. Le macchie e le irregolarità tipiche dell'applicazione con lo straccio contribuiscono a dare al quadro un aspetto grezzo ma autentico, lontano dalla perfezione levigata, ma vicino alla potenza della natura stessa.

"Straccio... Cinque..." è più di un semplice dipinto del sole; è una rappresentazione dell'energia interiore, della forza vitale che risiede in ognuno di noi.

  • Il Giallo: Simboleggia l'ottimismo, la gioia, la conoscenza, la luce interiore e l'illuminazione. È il colore dell'energia e della vitalità.
  • La Forma Circolare: Il cerchio è un simbolo di totalità, perfezione, eternità e infinito. Rappresenta il ciclo della vita e la completezza.
  • I Raggi: Indicano l'espansione, la diffusione dell'energia e dell'influenza, la capacità di irradiare luce e calore.

Il quadro può essere interpretato come un monito a riscoprire la propria luce interiore, a lasciarla irradiare verso l'esterno. È un'esplosione di positività, un invito a guardare al futuro con fiducia e a trovare la forza dentro di sé. La matericità dello straccio, con le sue imperfezioni, suggerisce che anche dalla "grezza" realtà quotidiana o dalle sfide, può nascere una luce straordinaria e potente. È un'affermazione della resilienza e della capacità di rigenerarsi.

Creare "Straccio... Cinque..." è stato un atto di liberazione e di pura espressione. Mi ha permesso di esplorare i limiti della materia e di trasformare un oggetto comune in qualcosa di inaspettato. Questo quadro, con la sua energia vibrante, vuole essere un raggio di sole per chi lo osserva, un promemoria che anche nelle situazioni più semplici o con gli strumenti più umili, si può creare bellezza e significato.


~Mia.

sabato 10 febbraio 2024

Straccio …Quattro…





Il Sipario della Vita e il Caos Scenico

La serie "Straccio" continua a essere un laboratorio per le mie esplorazioni artistiche, un modo per dare voce all'immediatezza e alla forza primordiale della materia. Il quadro che ho intitolato "Straccio... Quattro..." è la quarta opera di questo percorso e rappresenta un'immersione profonda nel concetto di "teatro della vita", quel palcoscenico caotico e vibrante dove ogni giorno si alza un sipario su nuove scene, drammi e commedie.

L'idea centrale di "Straccio... Quattro..." è nata da una riflessione sul palcoscenico dell'esistenza. Vediamo ogni giorno il mondo come un grande teatro dove accadono eventi, si intrecciano destini, si manifestano emozioni intense. Questo quadro vuole catturare il momento in cui il sipario si apre, rivelando la complessità, la bellezza e il disordine della vita che si svolge.

Il "sipario" in alto, con le sue pieghe materiche e i suoi colori freddi (blu e azzurro), suggerisce il momento della rivelazione. Sotto di esso, il "palcoscenico" si anima in un tripudio di colori e forme, un vero e proprio "teatro caotico della vita". Ho voluto esprimere la sensazione di essere contemporaneamente attori e spettatori di questo spettacolo incessante, dove ogni elemento, per quanto piccolo o apparentemente disordinato, contribuisce alla grandiosità della scena.

Anche per "Straccio... Quattro...", l'utilizzo dello straccio come strumento principale è stato fondamentale. Non si tratta solo di applicare il colore, ma di plasmarlo, di modellarlo, di creare rilievi e profondità che evocano le pieghe della realtà. L'acrilico, con la sua versatilità, mi ha permesso di lavorare con spessori diversi, creando aree più dense e altre più sottili, quasi trasparenti.

Il "sipario" nella parte superiore del quadro è stato realizzato con stracci imbevuti di blu e azzurro, manipolati per creare un effetto drappeggiato e quasi tridimensionale. Le pieghe e le ombre create dalla materia stessa danno un'impressione di tessuto pesante, proprio come un sipario teatrale. Ho aggiunto tocchi di bianco per suggerire la luce che si riflette sulle pieghe, accentuando la sensazione di un tessuto vero e proprio.

La parte centrale, il "palcoscenico", è un'esplosione di colori e texture. Qui ho usato stracci di varie dimensioni, imbevuti di rosso, giallo, verde, blu e marrone, applicandoli in modo apparentemente casuale ma studiato. Ogni colore rappresenta un elemento del "caos" della vita:

  • Il Rosso: passione, energia, pericolo, amore.
  • Il Giallo: gioia, speranza, illuminazione, ma anche ansia.
  • Il Blu/Verde: calma, natura, ma anche profondità e mistero.
  • I Toni Terrosi: la concretezza, la base, le radici della vita.

Ho volutamente creato un senso di disordine apparente, con forme irregolari e frammenti di colore che si sovrappongono e si intersecano. Questo riflette la natura imprevedibile e spesso frammentaria della nostra esistenza. L'obiettivo era creare un'opera che fosse vibrante, che "pulsasse" di vita, proprio come un palcoscenico vivo e in fermento.

Nella parte inferiore del quadro, ho lasciato un'area con pennellate più sciolte e colori sparsi, suggerendo il disordine "dietro le quinte" o il "proscenio" su cui il dramma si riversa. Le gocce e le macchie di colore enfatizzano l'energia del momento.

"Straccio... Quattro..." è una metafora visiva della vita come uno spettacolo in continua evoluzione.

  • Il Sipario (blu/azzurro): Rappresenta la rivelazione, l'inizio di un nuovo atto, la soglia tra l'ignoto e la scena che si sta per svelare. Il blu può anche suggerire la calma che precede la tempesta o il mistero che si cela dietro le apparenze.
  • Il Palcoscenico (caos di colori): È la vita stessa, nella sua pienezza e complessità. I colori vivaci e le texture disordinate esprimono la varietà di esperienze, emozioni, eventi e sfide che incontriamo. È il luogo dove si intrecciano destini, gioie e dolori.
  • La Matericità: L'uso dello straccio enfatizza la crudezza e la tangibilità della realtà. Non è un'immagine levigata, ma una rappresentazione autentica, a volte ruvida, della vita.

Il quadro invita l'osservatore a considerare la propria posizione in questo "teatro": siamo attori, spettatori, o entrambi? Siamo consapevoli del sipario che si alza ogni giorno sulla nostra scena personale? È un'opera che celebra la vitalità, l'energia e la bellezza (anche nel caos) dell'esistenza umana, con tutte le sue sfumature.

Realizzare "Straccio... Quattro..." è stato un modo per dare forma visiva a una sensazione che spesso mi accompagna: quella di vivere in un continuo susseguirsi di "atti" e "scene". Spero che, guardando quest'opera, ciascuno possa riconoscere un pezzo del proprio palcoscenico personale, con le sue luci e le sue ombre, i suoi momenti di ordine e i suoi inevitabili istanti di "caos creativo". È un invito ad abbracciare la complessità della vita, a godere dello spettacolo e a recitare la propria parte con passione.


~Mia.

venerdì 9 febbraio 2024

Sophia

In tutta banalità 
se il pensiero fosse già morto

ogni stella nascente
deperirebbe in dittatura universale.




La Filosofia Come Guarida del Dialogo

L'idea centrale di "Sophia" scaturisce da una preoccupazione profonda che mi accompagna nello studio delle diverse correnti di pensiero: la necessità di mantenere sempre aperto il dibattito, il dialogo, il mettersi in discussione. Sia nella filosofia che, per estensione, in tutte le altre scienze – dalla fisica alla biologia, dalla storia all'economia – la vera forza non risiede nell'affermazione di una verità definitiva, ma nella costante ricerca di nuove prospettive, nella capacità di rivedere le proprie posizioni alla luce di nuove scoperte o argomentazioni.

Immagino un mondo in cui ogni scienza, ogni disciplina, si fosse posta "dagli albori come quella definitiva". Un pensiero agghiacciante, che avrebbe soffocato sul nascere ogni possibilità di evoluzione, ogni scintilla di genio innovatore. La mia poesia vuole essere un monito contro questa staticità intellettuale, un'ode alla dinamicità del pensiero che, proprio come le stelle, deve nascere, evolversi e, talvolta, morire per dare spazio a nuove configurazioni.

Ogni verso di "Sophia" è stato concepito per veicolare un messaggio preciso e potente, costruendo un'argomentazione poetica sul valore della discussione e sul rischio dell'ortodossia.

"In tutta banalità": Questo incipit può sembrare un'affermazione di leggerezza, ma è in realtà una premessa ironica. Sottolinea come la verità che si sta per enunciare sia, in fondo, elementare, così ovvia da essere spesso trascurata. L'importanza del dubbio e della dialettica è una lezione fondamentale che, se dimenticata, porta a conseguenze disastrose, appunto, con "banalità", quasi con superficialità. È una verità semplice, ma il cui mancato riconoscimento ha risvolti catastrofici.

"se il pensiero fosse già morto": Questo è il fulcro della premessa. Il "pensiero morto" non è la fine della vita intellettuale in sé, ma l'annullamento della sua linfa vitale: la capacità di evolvere, di dubitare, di interrogarsi. Un pensiero "già morto" è un dogma, una verità assoluta e inconfutabile, una scienza che si è posta come la parola definitiva. È l'assenza di curiosità, l'assenza di movimento, l'assenza di vita intellettuale. Se il pensiero non si evolve, non può esistere.

"ogni stella nascente": L'immagine della "stella nascente" è potentissima. Rappresenta una nuova idea, una scoperta rivoluzionaria, una teoria innovativa, un genio che emerge con una visione fresca. È la speranza del progresso, la scintilla della conoscenza che promette di illuminare nuove vie. Le "stelle nascenti" sono le menti brillanti che propongono nuove prospettive e mettono in discussione lo status quo.

"deperirebbe in dittatura universale.": Questo è l'esito catastrofico, il "se... allora" della poesia. Se il pensiero è già morto, se non c'è spazio per la nuova "stella nascente", allora questa è destinata a "deperire", a morire prima ancora di poter brillare. Il risultato è una "dittatura universale", una condizione in cui una singola visione, una singola scienza o ideologia, domina incontrastata, senza spazio per la dissenso o l'alternativa. Una dittatura non solo politica, ma intellettuale, che soffoca la creatività, l'innovazione e la libertà di pensiero.

Come hai giustamente sottolineato nella tua descrizione, una tale dittatura del sapere porterebbe inevitabilmente a una "guerra di liberazione". La storia ci insegna che quando una visione viene imposta senza possibilità di discussione, la reazione è quasi sempre una ribellione, una lotta per riconquistare la libertà di pensare, di ricercare, di evolversi. La stessa scienza progredisce attraverso "rivoluzioni scientifiche" che "scavalcano" i paradigmi precedenti, non attraverso la loro stagnazione.

Scrivere "Sophia" è stato un modo per concretizzare la mia riflessione sulla responsabilità del pensatore e dello scienziato. Non si tratta solo di acquisire conoscenze, ma di imparare a gestirle, a riconoscerne i limiti e a promuovere un ambiente in cui la critica costruttiva e il dialogo siano sempre benvenuti. Ho cercato di usare un linguaggio conciso ma evocativo, che potesse trasmettere l'urgenza del messaggio.

La poesia, seppur breve, racchiude un'ampia portata filosofica: è un appello alla curiosità intellettuale, al coraggio di mettere in discussione anche le certezze più consolidate, e alla consapevolezza che la vera sapienza risiede nella dinamicità della ricerca. La Filosofia, in questo senso, è la "Sophia" per eccellenza, la disciplina che per sua stessa natura si fonda sul dubbio metodico e sulla perenne ricerca della verità, senza mai pretenderla del tutto acquisita.

"Sophia" è un promemoria che la vitalità del pensiero è il motore del progresso umano. Ci invita a considerare la conoscenza non come un punto di arrivo, ma come un viaggio senza fine, alimentato da domande, dibattiti e scoperte inaspettate. È un inno alla libertà intellettuale e al dialogo come antidoto contro ogni forma di tirannia del sapere.

Spero che questa poesia possa stimolare in voi, lettori, la stessa sete di conoscenza e lo stesso spirito critico che animano la mia formazione filosofica.


~Mia.

venerdì 2 febbraio 2024

Straccio …Tre…





Il Ciclo delle Quattro Stagioni tra Materia e Colore

Il quadro che presento oggi, intitolato "Straccio... Tre...", è la terza opera di questa serie e rappresenta un omaggio al ciclo incessante della natura, un'interpretazione visiva delle quattro stagioni attraverso la matericità e la forza del colore.

L'idea per "Straccio... Tre..." è scaturita dalla mia fascinazione per il ritmo inarrestabile della natura e per i cambiamenti che ogni stagione porta con sé. Non si tratta solo di variazioni climatiche, ma di un ciclo profondo che influenza la vita, le emozioni e il paesaggio. Ho voluto catturare l'essenza di primavera, estate, autunno e inverno, non attraverso rappresentazioni figurative tradizionali, ma evocando le loro energie intrinseche attraverso la texture e il colore.

La scelta di continuare a lavorare con lo "straccio" per questa interpretazione è stata fondamentale. Lo straccio, con la sua capacità di assorbire, piegarsi, e lasciare impronte irregolari, si presta perfettamente a rappresentare la natura organica e a volte imprevedibile del mondo naturale. Le pieghe e le sovrapposizioni create dalla stoffa stessa suggeriscono le stratificazioni del tempo e le molteplici sfumature di ogni periodo dell'anno.

Per realizzare "Straccio... Tre...", ho utilizzato acrilici, lavorando per strati e con un'applicazione molto materica del colore, tipica della serie. Il processo è stato intuitivo, lasciando che la forma dello straccio e il mio gesto guidassero l'espressione di ogni stagione.

Il quadro è diviso idealmente in due sezioni principali, sebbene i colori e le texture si fondano e si mescolino, a testimonianza della continuità del ciclo. Nella parte superiore, ho voluto rappresentare le stagioni più "vive" e dinamiche:

  • Il Giallo vibrante nella parte superiore sinistra evoca la Primavera: la rinascita, la fioritura, l'energia solare che risveglia il mondo. Le texture leggere e quasi trasparenti suggeriscono la freschezza e la delicatezza dei nuovi germogli.
  • Il Rosso intenso e profondo nella parte superiore destra richiama l'Estate: il calore ardente, la pienezza, la passione e la vitalità al loro apice. Le pieghe più spesse e le sfumature scure aggiungono profondità e una certa robustezza.
  • Il Blu/Verde petrolio (al centro-alto) si posiziona come un elemento di transizione o un richiamo a momenti di frescura e mistero, forse la profondità delle notti estive o la pioggia primaverile.

Nella parte inferiore del quadro, l'atmosfera cambia, suggerendo le stagioni più "introspezive" e mature:

  • I toni del marrone, dell'arancione e del rosso smorzato, che si mescolano nella parte inferiore del dipinto, rappresentano l'Autunno: il foliage, il declino della natura ma anche la ricchezza dei raccolti, la malinconia e la preparazione al riposo. Qui le macchie e le striature evocano le foglie cadute e la terra umida.
  • I tocchi di bianco e blu più freddi che si intravedono, soprattutto tra le pieghe del sipario superiore e nella parte più bassa, pur non essendo dominanti, accennano all'Inverno: il freddo, il riposo, la neve e la quiete.

Le intersezioni delle forme create dallo straccio e le diverse applicazioni cromatiche generano un dinamismo visivo che impedisce all'opera di essere statica. È un'esplosione controllata di materia e colore che simboleggia il perpetuo movimento del tempo.

"Straccio... Tre..." è una celebrazione del tempo che scorre e della sua influenza su ogni cosa.

  • Le Quattro Sezioni Implicite: Il quadro, pur non avendo divisioni nette, suggerisce la presenza delle quattro stagioni attraverso la predominanza dei colori e delle texture in aree specifiche, ma anche la loro interconnessione.
  • La Matericità: L'uso dello straccio non solo crea texture uniche, ma sottolinea la natura tangibile e "vissuta" del tempo e dei cambiamenti. Le pieghe rappresentano la stratificazione delle esperienze, i "segni" lasciati dal passare delle stagioni.
  • Il Ciclo: L'opera, nella sua composizione complessiva, evoca l'idea di un ciclo continuo, senza inizio né fine, dove una stagione sfocia nell'altra, proprio come i colori si fondono sulla tela. È un promemoria della ciclicità della vita, della morte e della rinascita.

Il quadro invita l'osservatore a riflettere sul proprio rapporto con il tempo e con i cicli naturali. Quale stagione risuona di più con il proprio stato d'animo attuale? Come le stagioni influenzano le nostre emozioni e le nostre percezioni?

Creare "Straccio... Tre..." è stato un atto di connessione con la natura e con i suoi ritmi. Mi ha permesso di tradurre in arte non solo ciò che vedo nel mondo esterno, ma anche come le stagioni si manifestano nel mio paesaggio interiore. Spero che quest'opera possa evocare in voi la bellezza e la potenza del ciclo vitale, e che vi ricordi come, anche noi, siamo parte integrante di questo magnifico divenire.


~Mia.

mercoledì 24 gennaio 2024

Pensieri d’ un viaggio (r)

Sono consapevole di come questa astinenza
sia un complesso da sostenere;
tutta la dopamina 
quando dico di amarlo
di preoccuparmi per la sua salute
di renderlo felice nel mio miglior modo
abbracciarlo e sentirlo a me il più vicino possibile.
Sprofondo poi, in quel burrone di anni fa
lottando con tutte le forze
al punto di non averne più 
per continuare a nuotare,
perché è un’ acqua pesante 
questa, non mi tiene a galla
se mi fingo morto.
Ricomincio vacillante
mentre resta vago il tentativo 
di ritrovarmi ancora una volta pronto;
allora riparto sempre
ed è vero che qui non si può non morire.



L'Anima Tra Luce e Abisso

La serie "Pensieri d'un Viaggio" è per me un diario poetico, un modo per esplorare le intricate vie dell'animo umano e i percorsi a volte tortuosi che ci troviamo a percorrere. La poesia che presento oggi è un'immersione profonda in quelle sfumature emotive che spesso restano inespresse, un tentativo di dare voce a una lotta interiore che molti forse conoscono, ma che raramente viene raccontata con tanta cruda onestà. È un componimento che parla di amore, di cura, ma anche del peso insopportabile del passato e della perenne fatica di riemergere.

Questa poesia è nata da una riflessione sulla duplice natura dell'esperienza umana: la capacità di provare gioia e connessione profonda, e la tendenza, a volte improvvisa, a sprofondare in abissi di dolore derivanti da ferite antiche. L'ispirazione risiede in quel contrasto vivido tra il desiderio di offrire amore puro e incondizionato e la presenza incombente di un passato che non smette di esercitare la sua forza attrattiva, trascinandoci indietro.

Il titolo generale della serie, "Pensieri d'un Viaggio", si adatta perfettamente a questo componimento, poiché la poesia stessa è un viaggio, non attraverso luoghi fisici, ma attraverso gli strati della coscienza, tra il presente luminoso e un passato oscuro che si rifiuta di dissolversi.

La poesia si apre con una consapevolezza quasi scientifica, ma profondamente emotiva: "Sono consapevole di come questa astinenza / sia un complesso da sostenere;" L'astinenza qui non è legata a una sostanza, ma a uno stato d'essere, forse alla pace, alla leggerezza, o alla semplice assenza di quel "complesso" che grava sull'anima. È la percezione di un vuoto, di una mancanza che necessita di uno sforzo immane per essere gestita, un fardello emotivo che si è incancrenito nel tempo.

Segue un'esplosione di desiderio e di amore puro: "tutta la dopamina / quando dico di amarlo / di preoccuparmi per la sua salute / di renderlo felice nel mio miglior modo / abbracciarlo e sentirlo a me il più vicino possibile." Qui, la parola "dopamina" è una scelta lessicale geniale. Non è solo un riferimento chimico, ma evoca la scarica di piacere, benessere e gratificazione che deriva dall'atto di amare, dal prendersi cura dell'altro. È l'apice della connessione umana, la pulsione vitale che ci spinge verso l'altro, verso la felicità condivisa. L'elenco di azioni ("dico di amarlo", "preoccuparmi", "renderlo felice", "abbracciarlo") dipinge un quadro di devozione totale, di un amore che si manifesta nel prendersi cura, nel donarsi.

Ma la luminosità di questa "dopamina" è bruscamente interrotta: "Sprofondo poi, in quel burrone di anni fa / lottando con tutte le forze / al punto di non averne più / per continuare a nuotare," Il "burrone di anni fa" è l'immagine centrale del trauma, del ricordo doloroso che si riapre improvvisamente, trascinando il sé poetico in un abisso. Non è una caduta lenta, ma uno "sprofondo", una discesa rapida e incontrollabile. La lotta è estenuante, una battaglia con tutte le forze, che porta all'esaurimento totale, alla perdita della capacità di reagire, di "nuotare" per salvarsi. È la rappresentazione vivida dell'impatto debilitante del PTSD, della depressione, o di qualsiasi ferita emotiva irrisolta che riemerge con violenza.

La metafora dell'acqua si fa più densa e tangibile: "perché è un’ acqua pesante / questa, non mi tiene a galla / se mi fingo morto." L'"acqua pesante" è il peso opprimente di questo passato, di queste emozioni che non solo non sostengono, ma che tirano giù. Non è un'acqua che permette di galleggiare, nemmeno fingendosi indifferenti o passivi ("se mi fingo morto"). Questo suggerisce che l'unico modo per affrontare questa realtà è lottare attivamente, poiché la resa o la negazione non offrono scampo. È una condizione in cui la vita stessa sembra priva di quel naturale supporto che ci tiene a galla.

La chiusura del componimento è un ciclo di fatica e una cruda accettazione: "Ricomincio vacillante / mentre resta vago il tentativo / di ritrovarmi ancora una volta pronto; / allora riparto sempre / ed è vero che qui non si può non morire." Il "ricomincio vacillante" rivela la resilienza, seppur precaria, del soggetto. C'è sempre un tentativo di riprendersi, di risalire, ma è un tentativo "vago", privo di quella ferma convinzione o energia del passato. La prontezza desiderata ("ritrovarmi ancora una volta pronto") è un miraggio, un obiettivo difficile da raggiungere. E così, il ciclo si ripete: "riparto sempre". Questo suggerisce un'esistenza scandita da queste immersioni e risalite, una lotta perpetua. L'ultima riga, lapidaria e potente, "ed è vero che qui non si può non morire", non implica necessariamente la morte fisica, ma una morte emotiva, una costante perdita di sé, un esaurimento che fa parte integrante di questo viaggio. È l'accettazione della fragilità umana, del fatto che in certi contesti o con certi fardelli, una parte di noi è destinata a soccombere, o almeno a essere costantemente messa alla prova fino al limite estremo. È l'amara consapevolezza che la vita, nel suo aspetto più crudo, impone un prezzo, e talvolta quel prezzo è la morte di una parte di noi stessi, o l'impossibilità di evitare l'annichilimento in quel "burrone".

Scrivere questa poesia è stato un atto di confessione, un tentativo di dare forma a sensazioni complesse e spesso contraddittorie. La scelta di immagini così vivide – la dopamina che esplode, il burrone, l'acqua pesante – è stata dettata dalla necessità di esprimere l'intensità di questa esperienza interiore. La struttura frammentata, quasi un respiro affannoso, riflette la difficoltà di articolare un dolore così profondo, ma anche la forza di volontà che spinge a "ricominciare vacillante".

Questa poesia è un promemoria che anche nei momenti di profonda oscurità, l'amore e la connessione umana continuano a esistere, e che la lotta, per quanto estenuante, è una parte intrinseca del viaggio umano. È un invito a riconoscere la propria vulnerabilità e, allo stesso tempo, a celebrare la propria resilienza, anche se essa si manifesta attraverso un "ricomincio vacillante".

"Pensieri d'un Viaggio" in questa sua specifica espressione, è una poesia che risuona con chiunque abbia mai sperimentato il peso del passato che irrompe nel presente, o la fatica di mantenere a galla la propria anima. Ci ricorda che la vita è un continuo salire e scendere, un nuotare in acque a volte troppo pesanti. Ma nel coraggio di "ripartire sempre", anche se "vacillante", risiede la vera forza dell'essere umano. La "morte" evocata alla fine non è la fine del viaggio, ma forse la consapevolezza che ogni ripartenza comporta un lasciar andare, un morire a una vecchia versione di sé per poterne creare una nuova, anche se incerta.


~Mia.




giovedì 18 gennaio 2024

Straccio …Due…




La Fiamma Interiore e la Pressione della Vita

La serie "Straccio" continua a essere per me un viaggio affascinante nelle possibilità espressive della materia. Dopo le prime esplorazioni, "Straccio... Due..." segna la seconda tappa di questo percorso, un'opera che si immerge nella profondità delle emozioni e nella tangibilità del vissuto attraverso l'uso non convenzionale dello straccio come strumento e come parte integrante della composizione. Questo quadro è un inno alla passione, alla trasformazione e alla bellezza che può emergere anche dal "disordine" e dalla rugosità della vita.

L'idea alla base di "Straccio... Due..." è nata da una riflessione sul cuore emotivo, sull'energia pulsante che ci anima, e sulle forze che lo modellano. Le pieghe centrali della tela, così evidenti e tridimensionali, mi hanno subito richiamato l'immagine di un organo vitale, o forse di un tessuto compresso, sottoposto a una pressione che lo deforma ma allo stesso tempo ne rivela la struttura intrinseca. È un tentativo di catturare la forza e la vulnerabilità dell'essere, come un cuore che batte, un'emozione intensa che si contrae e si espande.

Il titolo "Straccio... Due..." sottolinea la continuità della serie, ma ogni opera è un'entità a sé stante, un nuovo esperimento materico e cromatico. Qui, ho voluto concentrare l'attenzione sui colori caldi e sulla texture per evocare sensazioni di calore, passione, ma anche di conflitto o di energia compressa.

Per la realizzazione di "Straccio... Due...", ho utilizzato acrilici su tela, ma l'aspetto distintivo è l'applicazione del colore e la creazione delle forme. Non si tratta semplicemente di dipingere su una superficie, ma di modellare la superficie stessa. Ho iniziato applicando uno strato iniziale di pittura bianca, quasi come una base caotica, che serve a far risaltare il colore principale.

Il cuore dell'opera è costituito da uno o più stracci impregnati di rosso e arancione intenso, manipolati e pressati sulla tela per creare quelle pieghe e quelle depressioni che conferiscono al quadro una forte tridimensionalità. Queste pieghe non sono casuali; sono il risultato di un gesto intenzionale, volto a simulare la compressione o la tensione, come se la materia stessa stesse esprimendo un'emozione. La matericità è palpabile, invitando quasi l'osservatore a toccare la superficie.

I colori predominanti, rosso e arancione, sono stati scelti per la loro intrinseca carica emotiva:

  • Il Rosso: è il colore della passione, dell'amore intenso, della rabbia, dell'energia vitale, della forza primordiale. Qui suggerisce una fiamma ardente o un impulso irrefrenabile.
  • L'Arancione: è il colore dell'entusiasmo, della creatività, della gioia, della vitalità. Fa da ponte tra il rosso e il giallo, aggiungendo luminosità e ottimismo alla passione.

Il bianco sottostante, che riaffiora in diverse aree, crea un contrasto netto con i toni caldi, enfatizzando la matericità e aggiungendo un senso di profondità e frammentazione. Le spruzzate e le macchie di pittura bianca e arancione che si estendono oltre la forma centrale dello straccio creano un effetto di energia diffusa, quasi un'aura o un'esplosione di colore che si propaga nello spazio circostante.

"Straccio... Due..." è un'opera che invita a riflettere sulla complessità delle emozioni umane e su come queste plasmano la nostra essenza.

  • Le Pieghe Centrali: Possono essere interpretate come le rughe dell'esperienza, le cicatrici emotive, le pressioni della vita che lasciano il segno sulla nostra anima. Ma possono anche suggerire la contrazione e l'espansione di un cuore che batte intensamente, vivo e pulsante.
  • Il Colore Dominante: La predominanza del rosso e dell'arancione parla di una vita vissuta con intensità, di passioni brucianti, di momenti di gioia e, forse, anche di dolore acuto. È un'affermazione della vitalità e della forza emotiva.
  • La Matericità dello Straccio: L'uso dello straccio non solo crea texture uniche, ma simbolizza la nostra stessa "materia", la nostra carne, che viene modellata dalle esperienze, diventando più ricca e complessa attraverso l'usura e le trasformazioni.

Il quadro può essere visto come un simbolo di resilienza: nonostante le "pressioni" e le "deformazioni" subite, la forma centrale mantiene una sua identità, un suo calore, una sua energia vitale che si irradia. È un'esplorazione di come il corpo e l'anima assorbano le esperienze, trasformandole in una complessa trama di emozioni e ricordi.

"Straccio... Due..." è stato un processo quasi meditativo, un modo per entrare in contatto con le energie più viscerali. È un'opera che celebra la bellezza che può emergere anche dalla non-perfezione, dalla texture grezza e dalle pieghe che la vita ci imprime. Spero che, osservando questo quadro, possiate sentire la forza e la passione che vi ho infuso, e riflettere su come le vostre stesse esperienze abbiano modellato il vostro "cuore" e la vostra "materia" interiore.


 

~Mia.

domenica 14 gennaio 2024

Straccio …Uno…



Un'Esplorazione Materica dell'Anima

Nel mio percorso artistico, c'è una costante ricerca di ciò che è autentico, grezzo, spesso celato dietro la superficie. Il quadro che presento oggi, intitolato "Straccio... Uno...", fa parte di una serie che indaga proprio questa dimensione, un viaggio nelle pieghe e nelle tessiture di ciò che siamo e di ciò che ci circonda. Non è solo un dipinto, ma un'esperienza sensoriale, un'immersione in un universo di contrasti e di rivelazioni.

L'Ispirazione: Dal Materiale all'Emozionale

L'idea alla base di "Straccio... Uno..." nasce dalla fascinazione per gli oggetti "scartati", per i materiali che portano i segni del tempo, dell'uso, della vita vissuta. Uno straccio, di per sé, è un pezzo di tessuto che ha esaurito la sua funzione primaria, eppure, proprio in questo suo stato di "fine", acquisisce una nuova dignità, una bellezza inaspettata. Diventa una metafora potente della resilienza, della capacità di trasformazione, ma anche delle ferite che inevitabilmente accumuliamo. Ho voluto cogliere l'essenza di questo oggetto umile per esplorarla in una dimensione astratta, liberandola dalla sua forma riconoscibile e invitando l'osservatore a percepire l'emozione pura.

Il Processo Creativo: Dialogo tra Materia e Gestualità

La realizzazione di "Straccio... Uno..." è stata un dialogo intenso tra la materia e la gestualità. Ho lavorato principalmente con l'acrilico, sfruttando la sua rapidità di asciugatura per costruire strati e creare textures che richiamassero la densità e le pieghe di un tessuto logoro. I colori dominanti – i grigi profondi, i neri intensi – evocano un senso di gravità e introspezione, quasi a voler rappresentare le ombre e i pesi che ciascuno porta con sé. Ma è nell'introduzione dei bianchi luminosi e dei tocchi vibrant di viola e rosa che il quadro si apre a una nuova dimensione. Questi squarci di colore non sono casuali. La pennellata è decisa, a tratti quasi violenta, per imprimere sulla tela l'energia del momento creativo, il flusso ininterrotto di pensieri ed emozioni che si riversano sulla tela. Ogni strato, ogni colpo di spatola o pennello, è una testimonianza di questo processo intimo, quasi un diario visivo. I bianchi, con la loro purezza, si scontrano con le oscurità, creando una tensione dinamica che riflette la complessità dell'esistenza. E poi ci sono i viola e i rosa, sparsi come lampi di inattesa bellezza o ferite rimarginate, che aggiungono un tocco di vulnerabilità e al tempo stesso di resilienza. Sono i colori dell'anima, delle sensazioni più sottili e delle rivelazioni inaspettate.

Simbolismo e Interpretazione: Oltre la Materia

"Straccio... Uno..." trascende la semplice rappresentazione di un oggetto. L'opera è un invito a guardare oltre la superficie, a trovare la bellezza e il significato anche in ciò che appare logoro o privo di valore. Lo "straccio" diventa un simbolo universale della condizione umana: siamo tutti, in qualche modo, intessuti di esperienze, di lacerazioni e di rinascite. Le zone più scure possono rappresentare i momenti di difficoltà, le incertezze, le ombre che ognuno di noi deve affrontare. Ma è attraverso queste oscurità che emergono i frammenti luminosi, i "riflessi" di speranza, di trasformazione e di rinnovamento.

L'astrazione mi permette di lasciare ampio spazio all'interpretazione personale. Non c'è una narrativa fissa, ma un flusso di sensazioni. L'osservatore è invitato a immergersi nel dipinto, a lasciarsi guidare dalle texture e dai colori, a trovare il proprio "straccio", la propria storia riflessa nelle pieghe della tela. È un'opera che parla di vulnerabilità ma anche di forza, della capacità di resistere e di rivelare una bellezza inaspettata proprio laddove si pensava non ci fosse più nulla da scoprire.

La Serie "Straccio": Un Percorso Continuo

"Straccio... Uno..." è il punto di partenza di una serie che intende esplorare ulteriormente questi concetti. Ogni opera della serie sarà un nuovo capitolo di questo viaggio, un'analisi approfondita della materia e dell'anima, delle relazioni tra luce e ombra, tra distruzione e creazione. L'obiettivo è stimolare la riflessione, invitare a guardare il mondo – e se stessi – con occhi nuovi, scoprendo la ricchezza che si nasconde nelle imperfezioni e nelle trasformazioni. Attraverso questa serie, desidero condividere non solo la mia visione artistica, ma anche un frammento della mia stessa esperienza e della mia sensibilità, invitando chiunque a connettersi con l'opera a un livello più profondo.

Spero che "Straccio... Uno..." possa toccare le corde della vostra sensibilità e ispirarvi a cercare la bellezza e la resilienza anche nelle pieghe più inattese della vita.


~Mia.

lunedì 8 gennaio 2024

Riverbero

Lo strascico
d’ un profilo che s’ illumina
di bronzato
e nutri un’ energia
di cui forse mai nessuno si sia accorto.
Forse gemelli
o forse fatalità,
quell’ energia la vedo
e sarebbe bello.



L'Eco Segreta di un'Anima Luminosa

La poesia, nella sua essenza più pura, è un tentativo di dare voce all'ineffabile, di catturare le sfumature più sottili dell'esistenza e di renderle visibili al lettore. La mia poesia "Riverbero" nasce proprio da questa profonda esigenza: quella di illuminare una percezione, un'intuizione, un'energia che spesso rimane celata, eppure palpabile per chi sa guardare oltre il visibile.

I versi iniziali – "Lo strascico / d’ un profilo che s’ illumina / di bronzato" – ci introducono immediatamente in un'atmosfera quasi eterea, dove il visibile si fonde con l'invisibile. Lo "strascico" evoca un passaggio, un'eco lasciata da qualcosa o qualcuno, un'impronta fugace ma significativa. Non è un'immagine statica, ma dinamica: un profilo che non è solo presente, ma che si manifesta attraverso la luce, tingendosi di "bronzato". Questa sfumatura non è solo un colore, ma un'aura, un calore, una dignità che avvolge la figura, rendendola quasi mitica o preziosa. È l'illuminazione di una caratteristica, un dettaglio che emerge e cattura l'attenzione, suggerendo una profondità che va oltre l'apparenza fisica.

Il cuore della poesia pulsa nei versi successivi: "e nutri un’ energia / di cui forse mai nessuno si sia accorto." Qui la mia attenzione si sposta dall'esteriorità del "profilo" all'interiorità, a quella forza vitale, a quella scintilla che dimora in ogni individuo, spesso inosservata dal mondo esterno. È un'energia sottile, forse silenziosa, ma profondamente radicata. Questo "nutrire" suggerisce un processo intimo, una crescita interiore, un accumulo di potenza che non viene ostentata, ma conservata gelosamente. La consapevolezza che "nessuno si sia accorto" di questa energia aggiunge un senso di solitudine, ma anche di mistero, quasi a proteggere la sua purezza da sguardi distratti. È un'energia che esiste a prescindere dal riconoscimento altrui, rendendola ancora più preziosa e autentica.

I versi successivi introducono un elemento di profonda riflessione sulla connessione umana e sul destino: "Forse gemelli / o forse fatalità, / quell’ energia la vedo". La domanda "Forse gemelli / o forse fatalità" non cerca una risposta razionale, ma esplora il mistero delle affinità elettive, delle connessioni inspiegabili che talvolta si creano tra le persone. È un'interrogazione sull'origine di un legame: è una somiglianza innata (gemelli), un'anima affine, o è il corso ineluttabile degli eventi (fatalità) che porta a riconoscere ciò che gli altri non vedono?

E poi la rivelazione centrale: "quell’ energia la vedo". Questo è il fulcro della poesia, l'affermazione di una percezione acuta e sensibile. Il "vedo" non è solo un atto fisico, ma un atto di comprensione profonda, di sintonia, di riconoscimento di un'essenza. È la capacità di cogliere l'invisibile, di percepire la vera luce di un'altra persona al di là delle apparenze. È un'esperienza che va oltre la superficie, un'immersione nell'anima dell'altro.

La poesia si chiude con una nota di desiderio e di bellezza intrinseca: "e sarebbe bello." Questa conclusione, apparentemente semplice, racchiude un mondo di significato. Non è un'affermazione di certezza, ma un'espressione di speranza, di aspirazione. Il "sarebbe bello" suggerisce che la visione di questa energia nascosta è un'esperienza rara, preziosa, forse non sempre corrisposta o riconosciuta universalmente. Ma il solo fatto di poterla vedere, di poter percepire questa autenticità e questa forza interiore in un altro, è di per sé un'esperienza di grande valore e bellezza. È il desiderio che questa percezione sia condivisa, che il riconoscimento di quell'energia porti a una connessione profonda, rendendo il mondo un luogo più ricco di comprensione e di autenticità.

"Riverbero" è, in fondo, un inno alla capacità di guardare con il cuore, di riconoscere la luce interiore negli altri e di celebrare quelle connessioni che, sia per affinità che per destino, ci permettono di scoprire le energie più segrete e meravigliose che pulsano intorno a noi.



~Mia.

giovedì 4 gennaio 2024

Risposta Prematura





~Mia.


La destrutturazione del pensiero di fronte a una risposta artistica prematura può manifestarsi attraverso una serie di reazioni. Inizialmente, l'osservatore potrebbe trovarsi di fronte a un'opera d'arte senza avere il tempo di elaborare una risposta complessa. Questo può generare una sorta di "vuoto mentale", in cui il cervello cerca freneticamente di dare un significato o una interpretazione all'opera, ma incontra difficoltà a farlo in modo approfondito.

La prematurità della risposta artistica potrebbe anche impedire la piena fruizione dell'opera, poiché l'individuo potrebbe sentirsi costretto a formulare giudizi superficiali o affrettati senza approfondire la comprensione. La mancanza di tempo per riflettere e contemplare può portare a una debolezza nella connessione emotiva o intellettuale con l'opera stessa.

Inoltre, la destrutturazione del pensiero potrebbe manifestarsi attraverso una frammentazione delle idee. L'osservatore potrebbe essere sovraccarico da una moltitudine di stimoli artistici senza la possibilità di organizzare e collegare in modo significativo tali elementi. Ciò potrebbe generare un senso di confusione e frustrazione, poiché l'individuo si trova in una situazione in cui il suo pensiero non può evolvere organicamente.

La risposta prematura potrebbe anche limitare la profondità dell'analisi critica, poiché l'osservatore potrebbe accontentarsi di interpretazioni superficiali o stereotipate. Questo fenomeno può portare a una percezione superficiale dell'arte, privando l'individuo dell'opportunità di scoprire strati più profondi di significato e di apprezzare appieno la complessità dell'opera.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...