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lunedì 18 aprile 2022

Lettera

M’ avvolge indistinto
quel tuo ricordo sincero
nel chiarore
d’ una sera umida d’ estate 
opaca di scirocco.



Ricordo

A volte, un ricordo non è una storia che raccontiamo nella nostra mente. Non ha un inizio, uno svolgimento e una fine. A volte, un ricordo è un'atmosfera. È un cambiamento nella qualità dell'aria, una sensazione sulla pelle, una luce particolare che avvolge ogni cosa. È una lettera, non scritta con inchiostro, ma con sentimenti e sensazioni, spedita da un tempo lontano fino al nostro presente.

La mia poesia, intitolata non a caso "Lettera", cerca di catturare proprio uno di questi messaggi dell'anima, un momento in cui il passato non viene semplicemente ricordato, ma rivissuto con tutti i sensi.

"M'avvolge": L'Abbraccio Indistinto e Sincero del Passato

La poesia si apre con un'azione subita, un'esperienza passiva: "M’ avvolge". Il poeta non cerca attivamente il ricordo; è il ricordo che, come una nebbia o un mantello, lo avvolge, lo circonda, lo isola dal presente. C'è un senso di resa dolce e inevitabile a questa sensazione.

Ma com'è questo ricordo? La poesia ce lo descrive con un ossimoro meraviglioso: è allo stesso tempo "indistinto" e "sincero".

  • Indistinto: I dettagli sono sbiaditi. Forse le parole esatte sono state dimenticate, i contorni dei volti si sono ammorbiditi. Il tempo ha levigato gli spigoli vivi della memoria, rendendola vaga, onirica.
  • Sincero: Eppure, nonostante questa vaghezza, il nucleo emotivo del ricordo è intatto, puro, inequivocabile. La sensazione di quel momento, la sua verità emotiva, è "sincera". Non c'è dubbio sulla sua autenticità.

Questa è la natura più profonda della memoria affettiva: possiamo dimenticare i fatti, ma il cuore non dimentica mai come si è sentito. La sincerità del sentimento è ciò che sopravvive, potente e inalterato.

L'Atmosfera dell'Anima: Una Sera d'Estate e di Scirocco

Il genio della poesia sta nell'usare l'atmosfera esterna come specchio perfetto di quella interiore. Il ricordo si manifesta "nel chiarore / d’ una sera umida d’ estate". Una serata estiva e umida è un'esperienza totalizzante. L'aria è densa, quasi palpabile, si attacca alla pelle. Ci si sente letteralmente "avvolti" dall'ambiente. È la stessa sensazione fisica che il ricordo provoca nell'anima.

Il "chiarore" è la luce di quel ricordo, il suo bagliore "sincero". È un momento di luce, forse la luna, forse le ultime luci del crepuscolo, che illumina la scena.

Ma questo chiarore non è limpido. È "opaca di scirocco". Lo scirocco è un vento caldo e umido, che porta con sé sabbia e foschia, rendendo l'aria pesante e la visibilità ridotta. L'atmosfera si fa "opaca", non trasparente. Ed ecco che l'immagine esterna combacia perfettamente con quella interna: il "chiarore" sincero del ricordo è reso "opaco" e "indistinto" dallo "scirocco" del tempo che è passato, dalla foschia della nostalgia.

Il Titolo: "Lettera", un Messaggio dall'Assenza

Perché intitolare tutto questo "Lettera"? Una lettera è un ponte, un mezzo per comunicare con qualcuno che è assente, per attraversare una distanza. In questo caso, il ricordo stesso funziona come una lettera.

  • Il mittente: È il "tu" della poesia, una persona assente, o forse una versione passata di noi stessi.
  • Il messaggio: Non è un testo scritto, ma una sensazione complessa e totalizzante: il sentimento di quel ricordo "sincero", avvolto nella sua atmosfera unica.
  • La consegna: Avviene in un momento di quiete, "al chiarore di una sera d'estate", quando le difese della mente si abbassano e l'anima è più ricettiva.

Il titolo ci invita a considerare questa esperienza non come un semplice affiorare di un ricordo, ma come una vera e propria comunicazione, un messaggio che il passato invia al presente per ricordargli una verità emotiva che non deve essere dimenticata.

La Sincerità che Resta

"Lettera" ci insegna che i ricordi più importanti non sono quelli che possiamo descrivere con precisione cronologica, ma quelli che possiamo ancora sentire. Sono quelli che hanno una loro "temperatura", una loro "luce", una loro "aria".

Sono frammenti di passato la cui sincerità è così potente da riuscire a piegare il presente alla propria atmosfera, avvolgendoci completamente, anche solo per un istante, nel chiarore opaco di una sera d'estate che non esiste più, se non dentro di noi.


~mia.

mercoledì 16 febbraio 2022

Comica

Naturalmente sussultoria 
mascherati d’ un gioco di eterna infanzia,
qualcosa sul finale mi strappa il sorriso.



Sorriso Strappato

La commedia non è sempre sinonimo di risata spensierata. Esiste una forma di comicità più profonda, più amara, che nasce dall'osservazione delle nostre stesse fragilità e delle maschere che indossiamo per nasconderle. È la commedia del clown triste, la cui gioia dipinta sul volto rende ancora più struggente la malinconia dei suoi occhi.

La mia poesia, intitolata appunto "Comica", è un'immersione in questo tipo di rappresentazione. È la descrizione di una vita vissuta come una recita, il cui finale non è un applauso, ma un sorriso involontario, quasi doloroso, strappato dalla consapevolezza dell'assurdo.

Il Corpo che Sussulta: La Verità Nascosta

Il primo verso ci offre la diagnosi, la verità nuda e cruda dello stato interiore del protagonista: "Naturalmente sussultoria". "Sussultoria" è una parola fisica, quasi medica. Evoca un fremito, un sussulto, uno spasmo involontario. È il corpo che parla quando la mente cerca di tacere. Potrebbe essere il sussulto dell'ansia, il fremito di un pianto represso, il tic nervoso di chi è costantemente in tensione. L'avverbio "Naturalmente" è cruciale. Ci dice che questa non è una condizione passeggera, ma la natura stessa di questo essere. La sua essenza è un'instabilità, un tremore fondamentale.

La Maschera dell'Infanzia: Il Gioco della Dissimulazione

Come si sopravvive in società con un'anima "sussultoria"? La risposta è nel secondo verso: ci si maschera. "mascherati d’ un gioco di eterna infanzia". Questa è la "Comica", la parte che si mette in scena per il mondo.

  • "Mascherati": L'atto di nascondersi è consapevole. È una performance per rendersi accettabili, per non mostrare la propria vulnerabilità.
  • "un gioco di eterna infanzia": La scelta della maschera è significativa. È la maschera dell'innocenza, della leggerezza, della spensieratezza. È l'atteggiamento di chi affronta la vita come un "gioco", rifiutando di prenderla sul serio. L'eterna infanzia è un rifugio, un modo per dire al mondo (e a sé stessi): "Non posso essere ferito, perché per me è tutto un gioco". È la persona che fa sempre la battuta, il Peter Pan che si rifiuta di crescere per non affrontare la complessità del mondo adulto.

Il Finale della Recita: "Qualcosa mi strappa il sorriso"

L'ultimo verso è la conclusione della commedia, il momento in cui il sipario cala e la verità emerge in modo inaspettato e quasi violento. "qualcosa sul finale mi strappa il sorriso."

  • "Sul finale": Può essere il finale della giornata, della recita sociale, o forse il finale della vita stessa. È il momento del bilancio, quando le luci si spengono.
  • "Qualcosa": Un evento, una parola, una presa di coscienza. È un elemento indefinito che agisce come la battuta finale di una barzelletta cosmica.
  • "mi strappa il sorriso": Questo è il cuore dell'immagine. Il verbo "strappare" è violento. Non è un sorriso che nasce spontaneamente dalla gioia. È un sorriso che viene estorto, tirato fuori a forza. È una reazione fisica, un ultimo "sussulto" che deforma il viso. È il sorriso amaro dell'ironia, il rictus di chi riconosce l'assurdità della propria lunga performance. È il momento in cui il clown, guardandosi allo specchio, è costretto a sorridere non per allegria, ma per la tragica comicità della sua stessa maschera.

La Commedia è Finita?

"Comica" è il ritratto di una vita spesa a nascondere un tremore interiore dietro la maschera di un gioco infantile. La vera commedia, ci suggerisce la poesia, è proprio questo sforzo di dissimulazione.

Il sorriso finale, strappato e involontario, è il punto di rottura, il momento di un'amarissima lucidità. È l'istante in cui il protagonista forse riconosce che la sua intera esistenza, con la sua tensione tra sussulto e maschera, è stata, in definitiva, una farsa. Una commedia profonda, dolorosa e, proprio per questo, terribilmente umana.


~mia.

domenica 23 gennaio 2022

Nomade

Nel profondo 
lo stupore d’ un giorno di primavera
nel giardino della pace e dell’ amore
giulivo m’ aggrappo alla vita
realizzando il tempo già passato.
Trafilo desideri, sogni,
da una catena colma della mia storia
seminando eclettiche briciole
di frammenti singolari d’ un attimo eccelso
tra essenzialità e trascendentalità.
Incamminandomi per un sentiero
non propriamente detto mio
persisto riempiendomi di domande
tasche povere d’ altro valore
lungo vicoli di baratterie
vagando nell’ ignoto oblio del perduto.
M’ hai preso per mano dicendomi
d’ ascoltare un mondo che prosegue
anche se il nostro respiro lontano non si sente,
segretamente non ho scordato il suono d’ inverno del mare.



Giardini di Primavera e Mari d'Inverno

Essere un nomade non significa solo vagare senza meta. Significa, soprattutto, portare il proprio mondo dentro di sé: una casa fatta di ricordi, una bisaccia piena di sogni e domande, una mappa interiore che solo noi possiamo leggere. Un nomade non è senza radici; le sue radici sono portatili e affondano nella propria storia.

La mia poesia, intitolata appunto "Nomade", è il racconto di questo viaggio esistenziale. È un percorso che si snoda tra la meraviglia di un attimo perfetto e il vagare in un oblio sconosciuto, tra la creazione di un'eredità e la consolazione di un incontro, per poi approdare al segreto più custodito dell'anima.

Prima Tappa: L'Attimo Eccelso nel Giardino

Il viaggio del nomade inizia da un momento di quiete e di estasi: "Nel profondo lo stupore d’ un giorno di primavera". Il luogo è idilliaco, quasi mitico: "il giardino della pace e dell’ amore". È un'immagine di armonia perfetta, un Eden interiore. In questo stato di grazia, la reazione è un attaccamento gioioso alla vita: "giulivo m’ aggrappo alla vita".

Ma questa gioia non è ingenua. Nasce da una consapevolezza quasi dolorosa: "realizzando il tempo già passato". È la comprensione della caducità delle cose che rende il presente così prezioso. Ci si aggrappa alla bellezza proprio perché si sa che non durerà. È una gioia matura, intrisa di una dolce malinconia.

Seconda Tappa: Il Seminatore di Briciole

Da questa consapevolezza nasce un bisogno creativo. Il nomade, portando con sé la "catena colma della mia storia", inizia un processo quasi industriale: "Trafilo desideri, sogni". Il verbo "trafilare" suggerisce uno sforzo, un lavoro per estrarre, per dare forma a qualcosa di nuovo partendo dalla materia grezza del proprio passato.

E qual è il risultato di questo lavoro? Non grandi monumenti, ma "eclettiche briciole". È un'eredità umile e preziosa. Il nomade semina frammenti dei suoi momenti migliori ("un attimo eccelso"), che sono allo stesso tempo "essenziali" (il nucleo del suo essere) e "trascendentali" (capaci di puntare oltre il sé). È il lascito di chi sa che della vita restano solo piccoli, luminosi frammenti di significato.

Terza Tappa: Il Viandante dalle Tasche Piene di Domande

Il giardino svanisce e inizia il vero e proprio vagabondaggio. "Incamminandomi per un sentiero / non propriamente detto mio". È il sentiero dell'esistenza, spesso non scelto, che ci troviamo a percorrere. Qui, il nomade "persiste", ma la sua ricchezza cambia natura. Le sue tasche sono "povere d’ altro valore", vuote di beni materiali, ma stracolme di "domande". È il ritratto del filosofo, del cercatore, la cui unica vera proprietà è il suo incessante interrogarsi.

Il mondo che attraversa è desolante: "vicoli di baratterie", dove tutto è uno scambio, e un "ignoto oblio del perduto", un luogo di cose dimenticate, di significati smarriti. È l'immagine di un'anima che vaga in un mondo che sembra aver perso la sua profondità.

Tappa Finale: L'Incontro e il Segreto del Mare

Proprio nel momento del massimo smarrimento, avviene un "incontro". Un "tu" prende il nomade per mano, un gesto di conforto e guida che rompe la solitudine. E gli offre una lezione fondamentale: "ascoltare un mondo che prosegue / anche se il nostro respiro lontano non si sente". È un invito all'umiltà, a riconoscere che il mondo non si ferma per il nostro dolore o la nostra gioia. È una lezione di prospettiva, necessaria per non rimanere schiacciati dal proprio ego.

Il nomade ascolta. Ma la poesia si chiude con un segreto, con una clausola del cuore che è tanto importante quanto la lezione ricevuta: "segretamente non ho scordato il suono d’ inverno del mare." Questa è la rivelazione finale. Nonostante la lezione di lasciar andare, nonostante il ricordo del giardino primaverile, il nomade custodisce segretamente un suono più antico, più potente, più malinconico: il suono del mare in inverno. Se il giardino era la gioia, il mare d'inverno è la sua anima profonda, forse la sua sofferenza, la sua forza primordiale, la sua vera casa interiore.

Portare il Mare Dentro di Sé

Essere un "Nomade", ci dice questa poesia, significa vivere abbracciando le contraddizioni. Significa custodire la memoria di giardini felici mentre si attraversano vicoli desolati. Significa creare briciole di bellezza dalla catena della propria storia. Significa imparare la lezione del mondo che va avanti, senza però mai tradire quel segreto interiore, quel "suono d'inverno del mare", che è la fonte più autentica della nostra identità.

Il vero nomade non è colui che non ha una casa, ma colui che ha imparato a portarsi il mare dentro, ovunque vada.

Qual è il "suono d'inverno del mare" che, segretamente, non avete mai scordato e che portate con voi nel vostro viaggio di nomadi?


~mia.

#quarantadue

Una meticolosa scelta di fiori
nella distesa di praterie 
al battito svelto
della fragilità d’ ali di carta
fitte d’inchiostro 
di libertà illusoria
dal piumaggio coriaceo,
avvolto da ali bluastre 
nel bozzolo delle mie paure
per contemplare nella notte
il volo d’ un mattino.


Nel Bozzolo della Paura, Aspettando il Volo

Quando le parole diventano un guscio

C'è un momento, nella vita di un artista, in cui la creatività non è un'esplosione, ma un atto di raccoglimento. Un momento in cui, invece di gridare al mondo, si ha bisogno di sussurrare a se stessi, di costruire un riparo con le stesse parole e immagini che un tempo usavamo per volare. La mia poesia "#quarantadue" nasce esattamente da questa necessità: è un bozzolo intessuto di inchiostro e paure, una pausa notturna dell'anima in attesa di una nuova alba.

In questo post voglio svelare il mondo che si nasconde dietro questi pochi, densi versi. Un'analisi non accademica, ma un viaggio personale nel significato delle metafore, nella scelta delle immagini e nel modo in cui questa poesia si lega indissolubilmente alla mia arte pittorica.

L'Enigma di un Numero: Perché #quarantadue?

Il titolo, "#quarantadue", è il primo indizio e il primo mistero. Un numero secco, preceduto da un hashtag che lo proietta nella modernità digitale. È un'età? Un traguardo? Un riferimento culturale, come la celebre "risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto"? Per me, rappresenta un momento preciso, una sorta di bilancio silenzioso. È il punto in cui la consapevolezza della propria fragilità non è più un difetto da nascondere, ma un dato di fatto da cui partire per costruire qualcosa di nuovo, qualcosa di più autentico e resiliente.

Un Viaggio nel Profondo

La poesia si sviluppa attraverso una serie di immagini in forte contrasto, che rappresentano la tensione interiore tra desiderio e realtà.

1. La Scelta e la Fragilità ("fiori", "praterie", "ali di carta")

I primi versi descrivono un'azione quasi ossessiva: una "meticolosa scelta di fiori" in una "distesa di praterie". Questa immagine evoca la ricerca di bellezza, di significato, di un dettaglio perfetto in un mondo vasto e potenzialmente dispersivo. Ma questa ricerca è legata a un "battito svelto", ansioso, e alla "fragilità d'ali di carta fitte d'inchiostro". Qui si svela la natura dell'artista: le sue ali, quelle che dovrebbero garantirgli la libertà, sono fatte di carta e inchiostro. Sono le poesie, le storie, le idee. Sono potenti nel loro mondo, quello dell'immaginazione, ma tremendamente fragili a contatto con la realtà.

2. La Libertà Illusoria e il Piumaggio Difensivo ("libertà illusoria", "piumaggio coriaceo")

Questo è il nucleo della poesia. Le ali di carta offrono una "libertà illusoria". È la libertà che si prova creando, un volo magnifico che però avviene stando fermi nella propria stanza. La consapevolezza di questa illusione porta a una reazione difensiva: il "piumaggio coriaceo". L'anima, per proteggere la sua essenza fragile (le ali di carta), sviluppa una corazza, una pelle dura. È il meccanismo che adottiamo per sopravvivere, mostrando al mondo una forza che nasconde una vulnerabilità profonda.

3. Il Bozzolo e l'Attesa ("ali bluastre", "bozzolo delle mie paure", "contemplare nella notte")

L'immagine finale è quella di un ritiro totale. L'io poetico è "avvolto da ali bluastre" – il blu della notte, della malinconia, forse dei lividi dell'anima – e si chiude "nel bozzolo delle mie paure". Questo non è un atto di resa, ma una scelta strategica. Il bozzolo non è una tomba, ma un laboratorio di trasformazione. È un luogo protetto dove, "nella notte", si può fare l'unica cosa sensata: attendere e contemplare. Non si lotta contro il buio, lo si accetta come fase necessaria per poter immaginare e prepararsi al "volo d'un mattino". È un atto di speranza passiva, di fede nel ciclo naturale di morte e rinascita.

Dalla Poesia alla Tela: Come Dipingerei #quarantadue

Ogni mia poesia porta con sé un quadro non ancora dipinto. Se dovessi tradurre #quarantadue in un'opera visiva, vedrei una composizione dominata dall'oscurità, ma non piatta.

  • La Palette Cromatica: I colori principali sarebbero i blu di Prussia, l'indaco, il nero di Marte, a rappresentare le "ali bluastre" e la "notte". Questo sfondo scuro sarebbe però interrotto da texture materiche, quasi ruvide, per rendere l'idea del "piumaggio coriaceo".
  • La Composizione: Al centro della tela, immaginerei una forma ovoidale, un bozzolo. Non sarebbe un oggetto liscio, ma fatto di strati sovrapposti, forse con frammenti di carta di giornale o pagine scritte che affiorano, a simboleggiare le "ali di carta fitte d'inchiostro".
  • Il Punto di Luce: La speranza del "volo d'un mattino" sarebbe rappresentata da un unico, potente punto di luce. Non un'illuminazione diffusa, ma un taglio di bianco di titanio puro o giallo di cadmio che sembra provenire dall'interno del bozzolo, una crepa da cui la luce preme per uscire. I "fiori" scelti meticolosamente potrebbero essere piccoli, quasi impercettibili tocchi di colore vibrante (un rosso, un viola) sparsi attorno al bozzolo, simboli della bellezza che resiste anche nell'oscurità.

Quest'opera sarebbe un'ode alla resilienza, un ritratto non di una persona, ma di uno stato dell'anima: la quiete feconda che precede ogni vera rinascita.

La Forza della Vulnerabilità

#quarantadue è, in fondo, un manifesto personale. È l'accettazione che la nostra più grande fragilità – la sensibilità, la capacità di sognare con "ali di carta" – è anche la fonte della nostra più grande forza. Ritirarsi nel proprio bozzolo non è fuggire, ma ricaricarsi. È un atto di fiducia nel domani, la certezza che dopo ogni notte, per quanto lunga, arriverà sempre il momento di spiegare di nuovo le ali, forse non più di carta, ma temprate dall'attesa e pronte per un volo reale.


~mia.

11 Novembre

Mattiniero 
tuo il sorriso di rugiada e orchidea.


Rugiada, Orchidee e l'Estate di San Martino

Ci sono poesie che sono fiumi in piena e altre che sono una singola, perfetta goccia di rugiada. La mia poesia, "11 Novembre", appartiene a questa seconda categoria. È un soffio, un'istantanea catturata in un giorno d'autunno, un tentativo di descrivere l'indescrivibile: un sorriso. Ma non un sorriso qualunque. Un sorriso che porta con sé la magia di una data specifica e la complessità di due simboli potenti e opposti.

In questa analisi della poesia voglio accompagnarvi in un viaggio che parte da un singolo verso per esplorare il significato profondo della data dell'11 Novembre, il simbolismo della rugiada e dell'orchidea, e come questa poesia d'amore breve possa diventare l'ispirazione per un intero quadro.

Il Significato di una Data: l'Estate di San Martino come Cornice Emotiva

Il titolo non è casuale. L'11 Novembre in Italia non è un giorno come gli altri: è San Martino. È il giorno legato alla tradizione dell'"Estate di San Martino", quel periodo di giorni insolitamente miti e soleggiati che spesso l'autunno ci regala prima del freddo invernale. È una piccola, preziosa estate fuori stagione, un momento di tepore inaspettato che sa di castagne e vino novello.

Questa poesia nasce in quella cornice emotiva. Il sorriso descritto è esso stesso un'Estate di San Martino personale: un calore improvviso, una luce che rischiara un giorno di novembre, una bellezza tanto più preziosa perché percepita come rara e forse effimera. È la chiave di lettura per comprendere la dualità del verso.

Il Miracolo di un Sorriso tra Fragilità e Splendore

Il verso ruota attorno a due immagini apparentemente inconciliabili, usate per descrivere il sorriso. Esaminiamo il simbolismo di ciascuna.

  • Il Sorriso "di Rugiada": Purezza e Fugacità La rugiada è l'essenza del mattino ("mattiniero"). È un velo di perle liquide che appare con la prima luce e svanisce al primo sole. Il suo simbolismo nell'arte e nella poesia è legato alla purezza, alla freschezza, alla fragilità e a una bellezza effimera e trasparente. Un sorriso "di rugiada" è quindi un sorriso innocente, spontaneo, che porta con sé la meraviglia di un nuovo inizio ma anche la consapevolezza della sua preziosa e fugace natura. È la parte più tenera e vulnerabile di quel sorriso.

  • Il Sorriso "e Orchidea": Eleganza e Profondità L'orchidea, al contrario, è un fiore complesso, esotico, quasi scultoreo. Il suo simbolismo è legato a una bellezza rara, alla sensualità, al lusso, all'eleganza e a una forza sofisticata. Non è un fiore di campo, ma un capolavoro della natura che richiede cura e attenzione. Un sorriso "e orchidea" è un sorriso che possiede una profondità misteriosa, una struttura, una promessa di passione e una bellezza che non svanisce in un attimo, ma che affascina e persiste.

La magia del verso sta nella congiunzione "e". Il sorriso non è o rugiada o orchidea. È entrambe le cose contemporaneamente: un miracolo di equilibrio tra la purezza fragile e la bellezza complessa, tra l'istante che fugge e l'eleganza che rimane.

La Bellezza come Atto di Equilibrio

"11 Novembre" è un promemoria di come la bellezza più profonda risieda spesso nell'equilibrio degli opposti. Ci insegna che in un sorriso, in una persona, possono convivere la fragilità più pura e la forza più elegante. È un invito a cercare e riconoscere le nostre personali "Estati di San Martino": quei momenti di grazia inaspettata che ci riscaldano l'anima.


~mia.

sabato 15 gennaio 2022

Ulivi

Un punto sordo
risuona su questa terra arida
di crepe sul viso
asciutte dal tempo
d’un ulivo secolare
c’ apre un insolito scenario; 
su di un cielo
azzurro limpido
si ramificano arse punte
intente a sovvertire
l’ incontrovertibile
mentre abile vortica
verso l’ orizzonte
una foglia assetata
di lacrime salate
d’ occhi saturi
incapaci d’ apprezzare.


La Voce Silenziosa della Terra

Poche figure sono così radicate nel nostro paesaggio mediterraneo e nel nostro immaginario collettivo come l'ulivo. È un simbolo di pace, di tempo, di una forza che si piega ma non si spezza. Nella mia poesia "Ulivi", ho voluto dare voce al dramma silenzioso di questa creatura secolare, trasformandola nello specchio di una lotta universale. Questo post offre un'interpretazione della poesia contemporanea "Ulivi", un commento al testo poetico che ne esplora i versi per svelarne il significato più profondo, un viaggio nelle metafore sulla vita e la sofferenza che animano questa composizione.

L'analisi di questa poesia italiana inizia con un'immagine uditiva che è quasi un'assenza di suono, "un punto sordo", un tonfo interiore che si propaga in una "terra arida". Questa aridità non è solo fisica ma esistenziale, e viene subito personificata nelle "crepe sul viso" dell'ulivo secolare. Qui, il simbolismo dell'ulivo si manifesta con potenza: l'albero non è solo una pianta, ma un testimone del tempo, un vecchio saggio la cui pelle porta le cicatrici di innumerevoli stagioni. Il testo ci presenta uno scenario di sofferenza antica, quasi immobile. Ma è proprio da questa immobilità che si genera il dramma. 

Il contrasto introdotto dal "cielo azzurro limpido" è una delle figure retoriche centrali del testo; una bellezza perfetta e quasi indifferente che sovrasta una scena di lotta terrena. È su questo sfondo di impassibile perfezione che si compie l'atto di ribellione: le "arse punte" dei rami non si limitano a esistere, ma sono "intente a sovvertire l'incontrovertibile". Questa è la chiave di volta del significato della poesia: la resilienza non è passiva accettazione, ma un tentativo attivo, quasi disperato, di cambiare un destino che appare immutabile. È la lotta per la vita contro ogni evidenza. La prospettiva poi si restringe, dal macrocosmo dell'albero al microcosmo di una singola "foglia assetata" che "abile vortica". 

Il suo viaggio non è verso una fonte d'acqua, ma verso un nutrimento ancora più amaro e paradossale: le "lacrime salate d'occhi saturi incapaci d'apprezzare". Qui la poesia sulla natura e resilienza compie la sua svolta più critica e malinconica. La lotta eroica dell'ulivo, il suo dramma cosmico, avviene sotto gli occhi di un'umanità così piena ("saturi") delle proprie futili emozioni da essere diventata cieca, incapace di vedere e apprezzare questo miracolo di tenacia. La foglia non cerca semplice acqua, ma un riconoscimento, una compassione, una connessione emotiva che però le viene negata. L'ulivo, quindi, diventa simbolo non solo della resilienza della natura, ma anche della sua profonda solitudine di fronte a un'umanità distratta e indifferente.

"Ulivi" non è soltanto una dedica a un albero maestoso, ma una profonda meditazione sulla percezione. Ci spinge a chiederci quante lotte silenziose, quanti atti di incredibile resilienza si consumino ogni giorno davanti ai nostri occhi, mentre siamo troppo saturi per accorgercene. È un invito a svuotarci del superfluo per tornare ad apprezzare il dramma e la bellezza dell'esistenza, sia essa quella di un albero secolare o quella che si nasconde nelle pieghe delle nostre stesse vite.


~mia.

sabato 8 gennaio 2022

Fiamma

Come ogni giorno
suona la sveglia
ed il mio cuore in festa
accende il motore
in preda la frenesia
di condividere con Lei
un Espresso.
Come d’ abitudine
accade,
gentilmente
saluto il commesso
pagando
due deliziosi caffè.
Dal mio solito posto,
entra frettolosa
perdendosi
nell’ effimero
amaro caffè 
come il fiammifero
effimero
che velocemente
brucia.


I Piccoli Riti che Accendono il Cuore

La nostra vita è scandita da piccole abitudini, gesti ripetuti che, giorno dopo giorno, diventano l'ancora della nostra quotidianità. Ma cosa succede quando uno di questi riti si carica di un'attesa speciale? Succede che una semplice sveglia può dare il via a un "cuore in festa" e un caffè può diventare l'orizzonte di un'intera mattinata. La mia poesia "Fiamma" nasce proprio da questa scintilla. È una poesia sull'amore moderno, che esplora la dinamica tra l'entusiasmo dell'attesa e la realtà fugace di un incontro. In questa analisi della poesia vedremo come un gesto semplice come condividere un Espresso possa contenere tutta la dolcezza della speranza e l'inaspettata amarezza di un istante che brucia troppo in fretta.

Il Motore del Cuore: L'Entusiasmo della Routine

La prima parte della poesia è un'ode alla gioiosa anticipazione. La routine non è noia, ma un terreno fertile per l'entusiasmo. La metafora del "cuore in festa" che "accende il motore" è potente: trasforma un'emozione in un'azione fisica, quasi meccanica, una forza propulsiva che mette in moto l'intera giornata. L'oggetto di questa "frenesia" non è un evento epocale, ma un piccolo, prezioso rito: "condividere con Lei un Espresso". La maiuscola su "Lei" eleva la sua figura, la rende il centro di questo universo mattutino. La meticolosità del rito prosegue con l'acquisto di "due deliziosi caffè", un dettaglio che cementa l'idea di condivisione e di un piacere che, nella mente del poeta, è già perfetto. Questa è una poesia sull'attesa nel suo stato più puro e ottimista.

L'Amaro Sapore dell'Effimero: La Svolta della Poesia

La svolta emotiva arriva nell'ultima strofa, cruda e fulminante. La scena cambia prospettiva e si carica di una malinconia sottile. Il poeta osserva "dal mio solito posto", un dettaglio che sottolinea la sua costanza, la sua fedeltà a quel rito. Ma l'arrivo di Lei rompe l'incantesimo. Entra "frettolosa", una parola che cozza violentemente con la paziente attesa del poeta. Non c'è condivisione, ma un perdersi solitario nel caffè. E qui, la percezione del caffè stesso cambia radicalmente: da "delizioso" diventa "effimero" e "amaro". L'amarezza non è più solo nel gusto, ma nel sentimento, nella delusione. È il cuore di una poesia sulla delusione amorosa, quella che nasce non da un grande tradimento, ma da mille piccole disattenzioni. Il finale è una sentenza: il caffè, e per estensione l'incontro stesso, è "come il fiammifero effimero che velocemente brucia".

Il Simbolismo del Caffè e della Fiamma

Per comprendere appieno questa poesia breve d'amore, dobbiamo analizzare i suoi due simboli cardine.

  • Il Caffè: È il teatro dell'incontro, il catalizzatore di speranza e delusione. All'inizio è una promessa di calore e condivisione. Alla fine, diventa lo specchio della realtà: un piacere fugace, un liquido scuro in cui perdersi per un attimo prima di correre via, lasciando dietro di sé un retrogusto amaro. Rappresenta il significato del caffè nelle relazioni moderne: un pretesto per vedersi che a volte si svuota del suo stesso significato.
  • La Fiamma (il Fiammifero): Questo è il simbolismo della fiamma più malinconico. Non siamo di fronte a un falò che scalda e dura a lungo. Siamo di fronte alla fiamma di un fiammifero: intensa, brillante, ma destinata a spegnersi in pochi secondi. "Lei" è quella fiamma. La sua presenza è un lampo che illumina la giornata del poeta, ma è troppo breve per scaldarlo davvero, lasciandolo con il fumo di un desiderio appena acceso e già estinto. È la metafora perfetta per un amore non corrisposto o, più sottilmente, per un amore vissuto a velocità diverse.

L'Amore al Tempo della Frenesia

"Fiamma" è una poesia che cattura con precisione una sensazione profondamente contemporanea: amare qualcuno che vive a un ritmo diverso dal nostro. È il racconto della dedizione silenziosa che si scontra con la fretta, della speranza che ogni giorno si accende per poi, a volte, spegnersi troppo in fretta, proprio come una fiamma. Ci lascia con una domanda sospesa nell'aria, densa come l'aroma di un caffè amaro.


 ~mia.

venerdì 31 dicembre 2021

Pentagramma

Se arrangiarsi
s' avvicinasse appena
ad arrangiamento
lascerei che la vita 
suonasse la sua musica,
 
con onnipotenza d’ amore.


La Vita è Caos o Armonia?

Ogni giorno affrontiamo una scelta, spesso inconscia: stiamo semplicemente "arrangiandoci", cercando di superare gli ostacoli e arrivare a sera, o stiamo componendo un "arrangiamento", un'opera armonica e intenzionale che chiamiamo vita? Questa domanda è il cuore pulsante della mia poesia "Pentagramma". È una poesia filosofica italiana che usa la metafora della vita come musica per esplorare il nostro desiderio più profondo: quello di poterci fidare del flusso dell'esistenza. In questa analisi della poesia, esploreremo la sottile ma abissale differenza tra queste due parole e il ruolo che l'amore gioca come compositore supremo dell'universo.

Arrangiarsi vs. Arrangiamento: Il Conflitto in Due Parole

Il fulcro della poesia risiede nel geniale accostamento di due termini simili ma profondamente diversi.

  • Arrangiarsi: È una parola intrisa di quotidianità, di pragmatismo, a volte di fatica. Significa "cavarsela", "sbarcare il lunario", trovare soluzioni improvvisate a problemi costanti. È l'arte della sopravvivenza. Implica un certo grado di caos, di reazione agli eventi piuttosto che di azione pianificata. È il rumore di fondo delle nostre vite indaffarate.

  • Arrangiamento: Questa parola ci trasporta immediatamente in un mondo di creatività, armonia e intenzione. Un arrangiamento musicale è la strutturazione consapevole di suoni, pause e ritmi per creare bellezza ed emozione. Non è casuale, è un atto di design. È la melodia.

La poesia esprime un desiderio struggente: "Se solo l'atto di sopravvivere (arrangiarsi) avesse un briciolo della bellezza e del senso di un'opera d'arte (arrangiamento)...". È il desiderio di trovare un senso nella vita, di credere che anche le nostre lotte quotidiane facciano parte di una composizione più grande e significativa.

La Melodia della Fiducia: Lasciar Suonare la Vita

La conseguenza di questa trasformazione sarebbe un atto di fede totale: "lascerei che la vita suonasse la sua musica". Questa frase svela l'attuale stato del poeta: un controllo costante, una tensione, l'incapacità di lasciarsi andare. Perché? Perché se la vita è solo un "arrangiarsi", allora fidarsi è pericoloso; significa essere travolti dal caos. Ma se fosse un "arrangiamento", allora fidarsi diventerebbe l'atto più logico e liberatorio. Questa poesia sulla fiducia e la speranza non parla di una fede già posseduta, ma del desiderio di avere le condizioni per poterla finalmente provare. È un inno al lasciarsi andare, non per pigrizia, ma come supremo atto di connessione con un universo di cui ci si fida.

L'Amore come Compositore Onnipotente

E chi sarebbe il direttore di questa magnifica orchestra? Il verso finale ce lo svela: "con onnipotenza d'amore". Questa non è una semplice aggiunta romantica. È la chiave di volta spirituale e filosofica dell'intera poesia. L'amore qui non è un sentimento tra persone, ma l'amore come forza creatrice dell'universo. È il principio ordinatore, la forza benevola e onnipotente che può trasformare il rumore in musica, il caos in cosmo. Se solo riuscissimo a percepire la sua mano nell'arrangiamento della nostra vita, potremmo finalmente smettere di lottare contro la corrente e iniziare a danzare con essa. È una visione in cui l'amore onnipotente è il vero, unico artista.

Dipingere il Pentagramma della Vita

Questa poesia, così astratta e concettuale, invoca un'opera visiva altrettanto simbolica.

  • Il Concetto: Creerei un'opera di pittura astratta divisa idealmente in due sezioni che si fondono al centro.
  • La Dualità Visiva: La parte sinistra rappresenterebbe l'"arrangiarsi": userei colori cupi, terrosi, magari mescolati a sabbia o altri materiali per creare una texture ruvida e caotica. Le linee sarebbero spezzate, spigolose, un groviglio che esprime tensione e fatica. La parte destra rappresenterebbe l'"arrangiamento": qui i colori diventerebbero puri, luminosi, armonici. Immagino ori, blu profondi, bianchi brillanti. Le linee sarebbero fluide, curve, simili a onde sonore o a un vero e proprio pentagramma che si snoda elegantemente sulla tela.
  • Il Punto di Fusione: Il centro del quadro sarebbe la parte più importante. Qui, i colori caldi e luminosi della parte destra inizierebbero a infiltrarsi nella sezione caotica, trasformandone la natura. I grovigli spigolosi, toccati dalla luce dell'amore, inizierebbero a distendersi, a trovare un ritmo, a diventare parte della melodia. Una potente sorgente di luce dorata, simbolo dell'onnipotenza d'amore, farebbe da ponte tra i due mondi, mostrando la sua capacità di portare ordine e bellezza nel caos.

Trovare la Musica nel Rumore

"Pentagramma" è un invito a cambiare la nostra percezione. Ci chiede di sforzarci di sentire la potenziale musica nel rumore della nostra vita quotidiana e di credere che una forza più grande, quella dell'amore, stia costantemente lavorando per trasformare le nostre fatiche in una sinfonia. È una poesia per chiunque, almeno una volta, abbia desiderato smettere di "arrangiarsi" e iniziare, finalmente, a suonare.



~mia. 

sabato 18 dicembre 2021

Marea

Sempre
un’ attimo
più avanti
‘sta vita.
Sul suo mare
vasto d’infinito
noi barche.


Vita come Mare Infinito

La metafora della vita come un mare è antica quanto il pensiero umano, ma poche volte è stata condensata con la stessa forza evocativa di questa breve poesia. "Marea" è un'istantanea fulminante sulla nostra condizione esistenziale. Questo post offre un'interpretazione della poesia "Marea", un commento al testo poetico che si immerge nelle sue acque profonde per esplorare il senso della vita secondo i suoi versi, la nostra percezione del tempo e il nostro posto nell'universo. È una riflessione che tocca le corde della grande poesia esistenziale italiana.

L' analisi del testo poetico non può che iniziare dal suo titolo, "Marea", che stabilisce immediatamente il campo semantico e simbolico: siamo nel dominio delle forze naturali, del movimento incessante, di un'attrazione cosmica che governa il flusso e riflusso delle cose. La prima strofa definisce la natura del tempo e della vita con una semplicità disarmante: "Sempre / un'attimo / più avanti / 'sta vita". L'uso del colloquiale "'sta vita" ancora il pensiero filosofico a un'esperienza vissuta, quasi un sospiro di consapevolezza. La vita non è mai afferrabile nel presente; è un orizzonte che si sposta mentre avanziamo, un'onda che si ritira proprio quando pensiamo di toccarla. 

La riflessione sul tempo che scorre ci introduce alla nostra condizione di perenni inseguitori di un presente che è già futuro. La seconda strofa apre lo scenario e definisce il nostro ruolo al suo interno, usando una delle più potenti metafore della vita come un viaggio. Non siamo su un mare qualsiasi, ma sul "suo mare", il mare della vita, un'entità che ci possiede e ci ospita. Questo mare è "vasto d'infinito", un'immagine che evoca la grandezza schiacciante del cosmo, l'immensità delle possibilità, del tempo e dello spazio di fronte alla nostra esistenza finita. In questo scenario grandioso, il verso finale arriva come una sentenza lapidaria e rivelatrice: "noi barche". Qui si cristallizza tutta la poesia sulla fragilità umana. Essere "barche" su un mare infinito significa essere piccoli, vulnerabili, soggetti alle correnti e alle tempeste, in balia di una "marea" che non controlliamo. Siamo viaggiatori, forse esploratori, ma anche potenziali naufraghi. 

L' immagine non è necessariamente disperata, ma è profondamente umile. Ci spoglia di ogni illusione di onnipotenza e ci restituisce alla nostra vera natura: creature in perenne navigazione, la cui forza non risiede nel dominare il mare, ma nella capacità di resistere, di mantenere la rotta, di navigare la propria esistenza all'interno di un mistero infinitamente più grande. 

Questa poesia italiana contemporanea riesce, in soli sette versi, a racchiudere il nucleo del dramma e della bellezza della condizione umana.

"Marea" ci lascia con un'immagine potente e duratura di noi stessi: piccole imbarcazioni su un oceano smisurato. Non offre risposte facili, ma pone la domanda fondamentale sulla nostra navigazione. Siamo capitani consapevoli del nostro piccolo vascello, pur conoscendo l'immensità del mare, o siamo naufraghi in balia delle correnti? La poesia non lo dice, lasciando a ciascuno di noi il compito di interpretare il proprio viaggio.

E voi, come navigate il mare della vostra vita? Vi sentite più in balia della marea o padroni della vostra rotta?


~mia.

sabato 11 dicembre 2021

Tormenti

Un orologio a pendolo
l’ indipendenza nazionale
e la mia personale.
M’ accorgo
lo scandir
d’ un tempo perfetto.



Tempo Perfetto

Cosa succede quando la perfezione diventa una fonte di tormento? La mia poesia "Tormenti" esplora proprio questo complesso e affascinante paradosso. Attraverso una serie di immagini apparentemente slegate, il testo costruisce una riflessione profonda sul tempo, sulla storia e sulla libertà. Questo post offre un'interpretazione della poesia contemporanea "Tormenti", un commento al testo poetico che cerca di svelare il legame nascosto tra un orologio, l'indipendenza di una nazione e quella di un singolo individuo, sotto lo sguardo di un tempo implacabile.

L'analisi di questa poesia filosofica italiana deve partire dalla sua struttura, che accosta tre elementi in un elenco quasi telegrafico, ponendoli sullo stesso piano. Il primo è "un orologio a pendolo", oggetto che immediatamente evoca il simbolismo del tempo che passa in modo meccanico, ritmico, quasi indifferente. Il suo tic-tac è il suono della tradizione, della misura oggettiva, di una forza che non si cura delle vicende umane. Accanto a questo, il testo colloca un concetto vasto e storico come "l'indipendenza nazionale", un tempo collettivo fatto di lotte, ideali e memoria condivisa. 

Subito dopo, con una mossa che sposta il focus dall'universale all'intimo, viene "e la mia personale", ovvero la mia indipendenza personale. In questo verso è racchiusa tutta la sfera privata della lotta per l'autonomia, per la libertà interiore. Il genio della poesia sta nel trattare questi tre livelli – il tempo meccanico, la libertà storica e la libertà individuale – come manifestazioni di un unico fenomeno. L'epifania arriva negli ultimi versi: "M'accorgo / lo scandir / d'un tempo perfetto". Qui si svela il cuore della poesia sul paradosso. Il titolo è "Tormenti", eppure la scoperta è quella di un "tempo perfetto". 

Il tormento, quindi, non risiede nell'imperfezione, ma proprio nella perfezione. È la consapevolezza che il tempo dell'universo, quello dell'orologio, procede con un ritmo impeccabile e incurante, mentre le nostre lotte per la libertà, sia quella grande e storica della nazione sia quella piccola e fondamentale della nostra anima, sono caotiche, dolorose e imperfette. Il tormento nasce dal confronto tra libertà collettiva e individuale e la fredda perfezione di un meccanismo superiore. È la realizzazione che il nostro affannarci, il nostro desiderare, il nostro soffrire per essere liberi avviene all'interno di una gabbia ritmica perfetta, che con il suo "scandir" implacabile sottolinea la nostra fragilità e l'apparente irrilevanza del nostro affanno. 

Questa poesia sul tempo e la libertà non celebra la perfezione, ma ne svela il volto crudele: quello di un'armonia cosmica che non consola, ma che, al contrario, rende ancora più acuto il dolore delle nostre imperfette e tormentate esistenze.

"Tormenti" ci lascia con una sensazione di vertigine. È la presa di coscienza che la nostra ricerca di libertà, sia come popolo che come individui, si svolge all'interno di una struttura temporale perfetta e forse predeterminata. Il tormento non è il caos, ma l'ordine spietato che lo contiene. La poesia ci chiede, infine, di guardare l'orologio della nostra vita e interrogarci: il suo tic-tac è il ritmo di una danza liberatoria o il suono dei passi di un carceriere perfetto?


~mia.

sabato 4 dicembre 2021

Nessun Nome

Chiamami,
almeno provaci.
Con il mio nome,
per te…
mi volterei.
Fa presto,
chiamami!
O forse…
non mi volterei.
Nessun nome
m’ appartiene ormai.


Quando il Nostro Nome Diventa Straniero

Cosa rimane di noi quando non riconosciamo più il nostro nome? La mia poesia "Nessun Nome" è un tuffo in questa domanda vertiginosa, un monologo interiore che oscilla tra la disperata richiesta di aiuto e la tragica rassegnazione. Questo post offre un'interpretazione della poesia contemporanea "Nessun Nome", un commento al testo poetico che indaga il tema universale della crisi d'identità, il legame tra amore e identità e la dolorosa sensazione di non appartenersi più.

L'analisi di questa poesia ci porta al centro di un dramma personale espresso come un appello diretto, quasi un sussurro. L'inizio, "Chiamami, / almeno provaci", svela una fragilità estrema e un desiderio di connessione che è quasi svanito. Non è una pretesa, ma una supplica. La condizione per questa possibile salvezza è legata a una persona specifica, "per te… / mi volterei", suggerendo che solo un legame affettivo profondo detiene ancora il potere di raggiungere il nucleo di un'identità in frantumi. Qui emerge il tema del potere del nome in poesia: il nome non è un'etichetta, ma il suono che può farci voltare, che può riportarci a noi stessi. La poesia vive di un conflitto interiore palpabile, che esplode nella seconda parte. L'urgenza di "Fa presto, / chiamami!" si scontra immediatamente con il dubbio devastante: "O forse… / non mi volterei". Questa oscillazione tra speranza e disperazione è il motore emotivo del testo.

 La spiegazione finale è una sentenza che chiarisce il significato della poesia: "Nessun nome / m'appartiene ormai". Questa è la dichiarazione di una perdita di sétotale. Il poeta si sente così alienato da se stesso che persino il suo nome, il più fondamentale marcatore di identità, è diventato un involucro vuoto, un suono estraneo. Questa poesia sull'alienazione descrive uno stato di spersonalizzazione in cui il legame tra il sé interiore e la sua rappresentazione esterna si è spezzato. 

L'avverbio "ormai" aggiunge un senso di ineluttabilità, come se fosse il punto di arrivo di un lungo e doloroso processo. È una poesia sul non riconoscersi che, nonostante la sua conclusione quasi nichilista, lascia aperto uno spiraglio: la possibilità, per quanto remota, che la voce di quel "tu" possa compiere un miracolo e far voltare chi, ormai, crede di non avere più un nome.

"Nessun Nome" è il racconto di un'anima che si sente smarrita, un'esplorazione della linea sottile che separa l'essere se stessi dal diventare un estraneo nella propria vita. È una poesia che ci costringe a riflettere sul peso e sul valore del nostro nome e su quanto la nostra identità sia legata agli occhi e alla voce di chi amiamo. Ci lascia con una domanda sospesa: può l'amore richiamarci indietro anche quando abbiamo dimenticato la strada verso noi stessi?

~mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...