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domenica 23 giugno 2024

Nostalgia

Albeggiando una stagione più saggia,
del rumore dei pini 
il cicalio di un’ estate bruna

e gli schizzi d’ acqua dei bambini
d’un mare che si rivela ancora 
in grado di giocare.




L'Eco dell'Estate nell'Arte: Tra Nostalgia e Rivelazione

L'estate, con le sue giornate infinite e la luce dorata, è da sempre una musa inesauribile per gli artisti. Non è solo la stagione del riposo, ma un periodo intriso di significati profondi: la maturità della natura, la spensieratezza dell'infanzia, e quel sottile velo di malinconia che accompagna la consapevolezza che ogni ciclo ha una fine. La mia poesia "Nostalgia" tenta di catturare proprio questa essenza: "Albeggiando una stagione più saggia, / del rumore dei pini / il cicalio di un’estate bruna / e gli schizzi d’acqua dei bambini / d’un mare che si rivela ancora / in grado di giocare." Questi versi, seppur brevi, racchiudono l'idea di un'estate che, pur nella sua maturità e nel suo passaggio verso una "stagione più saggia", conserva la capacità di sorprendere e di connettersi con la gioia primordiale del gioco.

Ma come si manifesta questa nostalgia estiva, questa capacità di rivelazione e gioco, nelle opere d'arte che hanno attraversato i secoli? Pensiamo ai paesaggi impressionisti, dove la luce estiva viene frammentata in pennellate vibranti, catturando l'effimero istante di un pomeriggio al sole. Monet, con le sue serie di covoni o le ninfee, non dipingeva solo la natura, ma la percezione sensoriale di essa sotto una luce specifica, evocando la sensazione di un'aria calda e vibrante. In quelle opere, non c'è solo una rappresentazione fedele, ma un'interpretazione emotiva dell'estate, un invito a immergersi nella sua atmosfera quasi tattile.

Andando oltre la mera rappresentazione paesaggistica, l'estate spesso è diventata un simbolo di innocenza e libertà. I dipinti che ritraggono bambini che giocano in riva al mare o in campi fioriti non sono solo scene idilliache, ma veri e propri inni alla spensieratezza. L'immagine degli "schizzi d'acqua dei bambini" nella mia poesia richiama esattamente questa iconografia. È un momento di pura gioia, dove l'acqua diventa un complice nel divertimento, e il mare non è solo un elemento naturale, ma quasi un'entità vivente, "in grado di giocare". Questa personificazione del mare suggerisce una connessione profonda tra l'uomo e la natura, dove entrambi condividono un'energia vitale e una capacità di rinnovamento.

L'idea di un' "estate bruna" può evocare diverse sfumature. Potrebbe riferirsi alla pigmentazione della terra bruciata dal sole intenso, tipica delle regioni mediterranee alla fine della stagione calda, o al colore delle pigne mature cadute dai pini, il cui "rumore" – forse il fruscio delle foglie o il canto delle cicale – diventa la colonna sonora di quei giorni. Questa "brunitura" può anche alludere a un senso di maturità, di esperienza accumulata, che si sovrappone alla vivacità dei ricordi d'infanzia. È la nostalgia non solo di un tempo che è stato, ma anche della consapevolezza che quel tempo ha plasmato chi siamo.

Nell'arte moderna e contemporanea, la nostalgia per l'estate assume forme più complesse. Non è più solo l'idealizzazione di un paesaggio, ma può diventare un'indagine sulla memoria, sulla perdita o sul desiderio di un ritorno a stati d'animo passati. Alcuni artisti utilizzano l'immagine dell'estate per esplorare temi di isolamento o alienazione, contrapponendo la luce accecante a un senso di vuoto interiore. Altri ancora usano le icone estive per commentare la società dei consumi, la superficialità delle vacanze o la commercializzazione del piacere.

Tuttavia, il filo conduttore che lega tutte queste rappresentazioni è l'eco persistente di un'emozione profonda. Che si tratti del "cicalio" incessante, del "rumore dei pini" che sussurra storie antiche, o del fragore giocoso delle onde, l'estate continua a risuonare nelle nostre menti e nei nostri cuori. L'arte ci offre un ponte per attraversare il tempo e rivivere queste sensazioni, permettendoci di trovare una "stagione più saggia" anche nei ricordi più vividi, e di riconoscere che la capacità di "giocare" – di essere spensierati e aperti alle meraviglie del mondo – è un dono che non dovrebbe mai svanire. È proprio in questa rivelazione continua, in questo eterno ritorno delle sensazioni estive, che l'arte trova la sua forza più duratura.



~Mia.

sabato 15 giugno 2024

Montagne

Un cantastorie
preso dalle proprie acrobazie
sbattendo le ali in cima al mondo.



Le Vette dell'Anima

Le montagne hanno da sempre esercitato un fascino quasi magnetico sull'animo umano. Non sono semplici formazioni geologiche, ma colossi silenziosi che incarnano sfida, mistero, e una bellezza spesso inaccessibile. La mia poesia "Montagne" tenta di catturare questa essenza attraverso l'immagine di un "cantastorie / preso dalle proprie acrobazie / sbattendo le ali in cima al mondo." Questa figura enigmatica, sospesa tra il cielo e la terra, simboleggia l'artista stesso, o forse l'essere umano in cerca di ispirazione, che trova sulle vette più alte il palcoscenico ideale per esprimere la propria essenza e le proprie "storie".

Nel corso della storia dell'arte, le montagne sono state rappresentate in modi molto diversi, riflettendo le sensibilità e le visioni del mondo di ogni epoca. Nell'antichità, spesso incutevano timore e rispetto, considerate dimore di divinità o luoghi inospitali, selvaggi e inaccessibili. Non a caso, le prime raffigurazioni non le idealizzavano, ma le mostravano come barriere naturali, maestose ma minacciose. La loro imponenza rifletteva l'idea di una natura indomita, al di là del controllo umano.

Con l'avvento del Romanticismo, la percezione delle montagne cambiò radicalmente. Esse divennero il simbolo del Sublime, un concetto estetico che evocava un senso di grandezza, stupore e persino terrore reverenziale di fronte alla potenza della natura. Artisti come Caspar David Friedrich ne sono un esempio lampante. Il suo celebre dipinto "Il Viandante sul Mare di Nebbia" non è solo un paesaggio, ma un'esplorazione filosofica. Il viandante, solitario e contemplativo di fronte a un'immensa distesa montuosa e nebbiosa, incarna la ricerca spirituale e la sensazione di piccolezza dell'uomo di fronte all'infinito. È lì che il "cantastorie" della mia poesia trova la sua risonanza più forte: l'individuo che si spinge ai limiti della propria esperienza, "in cima al mondo", non solo per conquistare, ma per assorbire e poi narrare la grandezza che lo circonda. Le "acrobazie" non sono solo fisiche, ma anche intellettuali e spirituali.

Nel XIX e XX secolo, con l'avanzare dell'alpinismo e l'accresciuto interesse per le terre selvagge, le montagne divennero anche icone di sfida, avventura e conquista. Pittori come Giovanni Segantini, con le sue Alpi innevate e la luce intensa, catturavano non solo la bellezza mozzafiato, ma anche la dura realtà della vita alpina e la resilienza dell'essere umano in ambienti estremi. Le montagne non erano più solo sfondo, ma protagoniste attive, custodi di storie di fatica e trionfo. L'atto di "sbattere le ali" del mio cantastorie può essere letto come l'espressione di questa lotta e liberazione, il culmine di un'impresa ardita.

Nel contesto contemporaneo, le montagne nell'arte continuano a essere un terreno fertile per l'espressione. Alcuni artisti le usano per riflettere sui cambiamenti climatici, dipingendo ghiacciai che si sciolgono o paesaggi alterati dall'intervento umano, trasformando il sublime in un monito. Altri le esplorano come luoghi di isolamento e introspezione, spazi dove il rumore del mondo si attenua e l'individuo può connettersi con il proprio io più profondo. Si pensi alle installazioni site-specific che utilizzano la morfologia delle vette come parte integrante dell'opera, o alle fotografie che ne catturano la desolazione maestosa.

Il "cantastorie" della mia poesia, con le sue "acrobazie" e le ali che battono "in cima al mondo", rappresenta l'artista che, come l'alpinista, si spinge oltre i limiti convenzionali per creare e condividere la propria visione. Le montagne sono il loro studio a cielo aperto, un luogo di ispirazione dove le storie prendono forma, nate dalla grandezza del paesaggio e dall'eco del silenzio. Esse ci ricordano che l'arte, come la natura, è un'incessante fonte di meraviglia e un invito a esplorare i confini della nostra percezione. È proprio sulle vette più alte, siano esse fisiche o metaforiche, che l'anima trova la sua voce più autentica e il suo canto più libero.


~Mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...