Distanza e il Ritorno a Sé
"Ti voglio bene" è una delle frasi più calde e intime della nostra lingua. La associamo alla vicinanza, all'affetto, a un legame che unisce. Ma cosa succede quando questo sentimento profondo viene esplorato non in un abbraccio, ma in un momento di silenziosa distanza? La mia poesia "ti voglio bene" nasce proprio da questa domanda, dal tentativo di catturare una forma d'amore più sottile e forse più complessa.
In soli cinque versi, si dipana una scena che è al tempo stesso un gesto quotidiano e un profondo evento emotivo. Analizziamola passo dopo passo.
Il Gesto della Separazione: "Ti volti, oltre la vetrina"
Il primo verso è un'azione semplice e definitiva: "Ti volti". È la rottura di uno sguardo condiviso, l'inizio di una divergenza. La seconda riga, "oltre la vetrina", aggiunge una complessità straordinaria. La "vetrina" è un simbolo potente. È una barriera trasparente: separa un "dentro" da un "fuori", uno spazio privato da uno pubblico. È anche una superficie che riflette.
La persona a cui ci si rivolge non si limita a guardare la vetrina (il superficiale, il riflesso), ma guarda "oltre". Sta cercando, o forse già vedendo, qualcosa che si trova al di là del presente condiviso con il poeta. Questo gesto segna l'inizio di un allontanamento non solo fisico, ma anche mentale ed esistenziale.
La Creazione di un Altrove: "Inventi qualcos'altro"
Questo è forse il verso più potente della poesia. L'altra persona non sta semplicemente "facendo" o "guardando" qualcos'altro. Sta "inventando". Il verbo "inventare" implica un atto creativo, una scelta consapevole, la costruzione di una nuova narrazione, di una nuova realtà.
Non c'è giudizio in questa osservazione. C'è la presa di coscienza che l'altro sta attivamente costruendo un percorso, un mondo, che non include più, o non più allo stesso modo, il poeta. È il riconoscimento dell'individualità e della libertà altrui, anche quando questa libertà crea una distanza emotiva.
Il Contesto e la Risoluzione: "Mentre il mondo si veste ed io torno a me"
Gli ultimi due versi forniscono la cornice e la conclusione emotiva. "Mentre il mondo si veste" è un'immagine meravigliosa. Suggerisce il mattino, l'inizio della giornata, la vita che continua con la sua routine indifferente. Il mondo va avanti, la gente esce, le attività riprendono. Questo contrasto tra il macrocosmo della vita pubblica e il microcosmo di questo silenzioso addio ne amplifica l'intimità e la delicatezza.
E poi, la risoluzione del poeta: "ed io torno a me". Di fronte all'altro che "inventa" il suo mondo, il poeta non si aggrappa, non supplica, non si arrabbia. Compie un movimento speculare e contrario: un ritorno. Un ritorno a se stessi. È un atto di profonda crescita personale. Nel momento in cui si accetta pienamente la libertà dell'altro di andare per la sua strada, si è quasi costretti a ritrovare il proprio centro, la propria individualità non più definita dalla relazione.
Il titolo, "ti voglio bene", a questo punto, assume il suo significato più puro. Non è un "ti voglio" possessivo. È un "voglio il tuo bene" così autentico da accettare la distanza, la separazione, e da trovare in questo atto di amore maturo la forza per riscoprire sé stessi. È la dimostrazione che a volte amare significa lasciare andare.