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sabato 3 giugno 2023

A Mio Figlio

A cuor leggero
perché forse non ho più scuse
[per te]
darei la mia vita.



Incondizionato

Come si misura l'amore di un genitore? È una domanda che attraversa la storia dell'umanità, un sentimento così vasto che spesso le parole sembrano inadeguate a contenerlo. La mia poesia "a mio figlio" è un tentativo di distillare questo amore assoluto, di catturarne l'essenza non attraverso grandi dichiarazioni, ma attraverso una confessione sommessa e quasi paradossale.

Questa poesia si basa su un ossimoro, un contrasto che ne costituisce il cuore pulsante: l'idea di compiere il sacrificio più pesante "a cuor leggero". Analizziamo come questo paradosso si sviluppa.

Il Paradosso del "Cuor Leggero"

Il primo verso è spiazzante. L'atto di dare la propria vita è il gesto più estremo, più pesante che si possa immaginare. Associarlo alla leggerezza sembra quasi impossibile. Eppure, è proprio qui che si svela la natura più pura dell'amore genitoriale.

"A cuor leggero" non significa con superficialità. Significa:

  • Senza esitazione: La decisione non richiederebbe un dibattito interiore. Sarebbe istantanea, naturale, come respirare.
  • Senza peso: Il sacrificio non sarebbe vissuto come un fardello o una rinuncia, ma come il compimento di uno scopo più grande. La salvezza del figlio renderebbe "leggero" qualsiasi peso.
  • Con un senso di pace: L'atto stesso porterebbe a una risoluzione, a una quiete. La certezza di aver fatto l'unica cosa che contava davvero.

È un'espressione che spoglia il sacrificio di ogni dramma per rivelarne la natura più profonda: non un atto di morte, ma l'affermazione più radicale di un amore che dà la vita.

La Vulnerabilità di un Genitore: "Perché forse non ho più scuse"

Questo è il verso più complesso e vulnerabile dell'intera poesia. È la spiegazione del "cuor leggero", ed è una spiegazione che rivela una profonda auto-analisi. Cosa sono queste "scuse" che non si hanno più?

Diventare genitore spesso opera una sorta di semplificazione esistenziale. Molte delle cose per cui vivevamo prima – ambizioni personali, egoismi, paure, le piccole e grandi "scuse" che usiamo per proteggerci o per non dare il massimo – perdono di significato. La vita del figlio diventa il centro di gravità, il punto di riferimento assoluto.

Avere un figlio può significare non avere più "scuse" per non essere la versione migliore di sé, per non amare in modo totale. La parola "forse" è un tocco di umiltà straordinario. Non è una dichiarazione arrogante, ma una riflessione sussurrata. Il genitore si guarda dentro e "forse", con un po' di sorpresa, scopre di essere arrivato a questo punto di nudità emotiva, dove ogni altra ragione di vita impallidisce.

La Dedica Assoluta: "[per te] darei la mia vita"

Le parentesi quadre che isolano "[per te]" sono una scelta stilistica potente. Mettono il destinatario in uno spazio sacro, protetto. È il cuore della dichiarazione, ma è così ovvio e fondamentale che viene quasi messo tra parentesi, come un fondamento dato per scontato.

La frase finale, "darei la mia vita", arriva solo dopo questa preparazione psicologica. Non è più un cliché o un'iperbole romantica. È la conclusione logica e necessaria di un amore che ha eliminato ogni altra scusa, ogni altra via d'uscita. È l'unica risposta possibile alla domanda "perché vivo?".

In sintesi, "a mio figlio" non parla tanto della morte, quanto della scoperta di un amore incondizionato così potente da rendere leggero il pensiero del sacrificio ultimo. È una poesia sulla crescita personale che la genitorialità impone, spogliandoci fino a lasciarci con l'unica verità che conta davvero.



~Mia.

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