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domenica 4 giugno 2023

Io, Tu …

Eravamo quei
pazzi a Venezia.



Follia d'Amore

Ci sono ricordi che non hanno bisogno di lunghi racconti. Sono come fotografie istantanee dell'anima, impresse in modo così vivido che una sola frase basta a contenerle tutte. La mia poesia "Io, tu ... " nasce da questa convinzione: che l'essenza di un legame, di un'intera stagione della vita, possa essere distillata in due soli versi.

Questa poesia è un portale. Pronunciare queste parole significa riaprire una porta su un tempo e un luogo specifici, su un modo di essere che apparteneva solo a un "noi". Analizziamo insieme come questo piccolo frammento possa raccontare una storia così grande.

Il Tempo della Nostalgia: "Io, tu..." e l'Imperfetto di "Eravamo"

Il titolo stesso, "Io, tu ...", con quei puntini di sospensione, lascia la frase in sospeso. Crea uno spazio intimo e silenzioso, un pensiero che fluttua. È l'inizio di ogni storia d'amore, la coppia primordiale.

Il verbo che segue, "Eravamo", è la chiave emotiva di tutto. L'uso del tempo imperfetto è una scelta cruciale nella lingua italiana. Non dice semplicemente "siamo stati" (un'azione conclusa), ma "eravamo". L'imperfetto è il tempo della nostalgia, di una condizione che si è protratta nel tempo, di un'abitudine felice. Descrive non cosa abbiamo fatto, ma chi eravamo. Ci trasporta immediatamente in un passato che non è percepito come morto e sepolto, ma come una dimensione ancora viva nel ricordo.

Un Patto Segreto: Chi erano "quei pazzi"?

La poesia non dice "eravamo pazzi", ma "eravamo quei pazzi". Quell'articolo determinativo ("quei") è un sigillo di unicità. Suggerisce un patto segreto, un'identità condivisa e riconosciuta solo dai due protagonisti. Non erano pazzi in modo generico; erano una specifica, irripetibile incarnazione della "follia".

Ma di quale follia stiamo parlando? Non è la follia clinica, ma la follia d'amore.

  • È la follia di chi ride troppo forte in una calle silenziosa.
  • È la follia di chi si bacia sotto la pioggia, incurante del mondo.
  • È la follia di chi vede la bellezza dove altri vedono solo decadenza.
  • È la libertà di essere se stessi fino in fondo, senza filtri e senza paura, perché si è protetti e compresi dallo sguardo dell'altro. Essere "pazzi" insieme è la forma più alta di intimità e di complicità.

Il Palcoscenico del Sogno: Perché proprio a Venezia?

La scelta del luogo non è casuale. Venezia non è solo una città, è un palcoscenico, un labirinto, un sogno galleggiante. È un luogo che esiste al di fuori delle regole del mondo ordinario.

  • È una città labirintica: Perdersi tra le calli e i canali di Venezia è parte dell'esperienza. È una metafora perfetta per due amanti che si perdono l'uno nell'altra, lontani da percorsi prestabiliti.
  • È un luogo fuori dal tempo: Con i suoi palazzi antichi e l'assenza di automobili, Venezia favorisce una sospensione dalla realtà. È l'ambiente ideale per una "follia" che non deve fare i conti con la prosaicità della vita di tutti i giorni.
  • È la città delle maschere: Venezia è il luogo dove si può essere qualcun altro, o meglio, dove si può essere la versione più vera di sé stessi, protetti dall'anonimato della sua bellezza.

Venezia, quindi, non è solo lo sfondo, ma il complice perfetto di questa affettuosa e meravigliosa pazzia.

In conclusione, "Io, tu ..." è un haiku della memoria. Celebra un passato che, anche se concluso ("eravamo"), ha definito un'identità di coppia così forte da diventare un punto fermo nel cuore. È la celebrazione di un amore che è stato, prima di tutto, una forma di libertà condivisa.


~Mia.

sabato 3 giugno 2023

A Mio Figlio

A cuor leggero
perché forse non ho più scuse
[per te]
darei la mia vita.



Incondizionato

Come si misura l'amore di un genitore? È una domanda che attraversa la storia dell'umanità, un sentimento così vasto che spesso le parole sembrano inadeguate a contenerlo. La mia poesia "a mio figlio" è un tentativo di distillare questo amore assoluto, di catturarne l'essenza non attraverso grandi dichiarazioni, ma attraverso una confessione sommessa e quasi paradossale.

Questa poesia si basa su un ossimoro, un contrasto che ne costituisce il cuore pulsante: l'idea di compiere il sacrificio più pesante "a cuor leggero". Analizziamo come questo paradosso si sviluppa.

Il Paradosso del "Cuor Leggero"

Il primo verso è spiazzante. L'atto di dare la propria vita è il gesto più estremo, più pesante che si possa immaginare. Associarlo alla leggerezza sembra quasi impossibile. Eppure, è proprio qui che si svela la natura più pura dell'amore genitoriale.

"A cuor leggero" non significa con superficialità. Significa:

  • Senza esitazione: La decisione non richiederebbe un dibattito interiore. Sarebbe istantanea, naturale, come respirare.
  • Senza peso: Il sacrificio non sarebbe vissuto come un fardello o una rinuncia, ma come il compimento di uno scopo più grande. La salvezza del figlio renderebbe "leggero" qualsiasi peso.
  • Con un senso di pace: L'atto stesso porterebbe a una risoluzione, a una quiete. La certezza di aver fatto l'unica cosa che contava davvero.

È un'espressione che spoglia il sacrificio di ogni dramma per rivelarne la natura più profonda: non un atto di morte, ma l'affermazione più radicale di un amore che dà la vita.

La Vulnerabilità di un Genitore: "Perché forse non ho più scuse"

Questo è il verso più complesso e vulnerabile dell'intera poesia. È la spiegazione del "cuor leggero", ed è una spiegazione che rivela una profonda auto-analisi. Cosa sono queste "scuse" che non si hanno più?

Diventare genitore spesso opera una sorta di semplificazione esistenziale. Molte delle cose per cui vivevamo prima – ambizioni personali, egoismi, paure, le piccole e grandi "scuse" che usiamo per proteggerci o per non dare il massimo – perdono di significato. La vita del figlio diventa il centro di gravità, il punto di riferimento assoluto.

Avere un figlio può significare non avere più "scuse" per non essere la versione migliore di sé, per non amare in modo totale. La parola "forse" è un tocco di umiltà straordinario. Non è una dichiarazione arrogante, ma una riflessione sussurrata. Il genitore si guarda dentro e "forse", con un po' di sorpresa, scopre di essere arrivato a questo punto di nudità emotiva, dove ogni altra ragione di vita impallidisce.

La Dedica Assoluta: "[per te] darei la mia vita"

Le parentesi quadre che isolano "[per te]" sono una scelta stilistica potente. Mettono il destinatario in uno spazio sacro, protetto. È il cuore della dichiarazione, ma è così ovvio e fondamentale che viene quasi messo tra parentesi, come un fondamento dato per scontato.

La frase finale, "darei la mia vita", arriva solo dopo questa preparazione psicologica. Non è più un cliché o un'iperbole romantica. È la conclusione logica e necessaria di un amore che ha eliminato ogni altra scusa, ogni altra via d'uscita. È l'unica risposta possibile alla domanda "perché vivo?".

In sintesi, "a mio figlio" non parla tanto della morte, quanto della scoperta di un amore incondizionato così potente da rendere leggero il pensiero del sacrificio ultimo. È una poesia sulla crescita personale che la genitorialità impone, spogliandoci fino a lasciarci con l'unica verità che conta davvero.



~Mia.

venerdì 2 giugno 2023

Girasole

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Natura

Avete mai osservato un girasole da vicino? Non solo la sua corolla solare, ma la trama quasi ipnotica dei suoi semi. È un capolavoro di design naturale, un simbolo di vitalità che segue la luce. Con la mia opera, intitolata semplicemente "Girasole", ho voluto esplorare proprio questo duplice aspetto: la sua anima organica e il suo scheletro matematico.

Questo non è il ritratto di un fiore colto in un campo, ma un viaggio all'interno della sua essenza. È un'opera di arte geometrica che si interroga su come l'ordine, la precisione e la regola possano dare vita a qualcosa di così universalmente riconosciuto come un simbolo di gioia e natura. In questo post vi guiderò attraverso il processo creativo e il simbolismo del girasole che si nasconde dietro ogni linea e ogni scelta cromatica.

L'idea per questo disegno geometrico non è nata osservando un campo fiorito, ma leggendo della connessione tra arte e matematica. Sono sempre stata affascinata dalla sequenza di Fibonacci, quella successione di numeri in cui ogni termine è la somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8...). Questa sequenza governa innumerevoli forme in natura: dalla conchiglia del nautilus, alle pigne, fino, appunto, alla disposizione dei semi nel capolino di un girasole.

I semi si organizzano in due serie di spirali che girano in direzioni opposte. Il numero di spirali in ciascuna direzione è quasi sempre una coppia di numeri di Fibonacci consecutivi. Questa perfezione nascosta, questo ordine nel caos apparente, è stata la vera scintilla. Volevo "disegnare" non tanto il girasole, quanto la legge matematica che lo rende così perfetto ed efficiente.

La struttura del quadro è concepita come un mandala-girasole. Il centro, il cuore pulsante dell'opera, è una griglia complessa, un reticolo che rappresenta la matrice dei semi. Qui ho passato ore a tracciare linee, a creare pattern dentro altri pattern, in un processo quasi meditativo. Questa sezione, realizzata con un marrone caldo e denso, simboleggia la terra, la fertilità, il potenziale di vita contenuto in ogni singolo seme.

Attorno a questo nucleo razionale, i petali esplodono. Ma anche qui, la geometria regna. Non sono petali morbidi e curvilinei, ma forme romboidali, diamanti di luce gialla e arancione che si irradiano verso l'esterno. Rappresentano l'energia, il calore, la manifestazione esteriore della vita. La loro ripetizione crea un ritmo, una pulsazione visiva che attira lo sguardo verso il centro e poi lo respinge verso l'esterno, proprio come l'energia del sole.

Un quadro con colori caldi e freddi vive di contrasti. La scelta dei colori non è stata casuale, ma fondamentale per trasmettere il significato del girasole in questa chiave di lettura.

  • Gialli e Arancioni: Sono i colori del sole, dell'ottimismo e della gioia. Qui sono usati in modo traslucido, quasi come vetrate di una cattedrale, per dare un senso di spiritualità e luce interiore.
  • Marrone/Rame: Il centro, come detto, è il colore della terra, della stabilità e delle origini. È il punto di partenza da cui tutto si genera.
  • Verde/Turchese: Lo sfondo, fatto di linee spezzate ed energetiche, rappresenta il mondo naturale circostante. Non è un prato tranquillo, ma un campo di energia vitale. Il suo colore freddo crea un contrasto vibrante con il calore del girasole, facendolo risaltare ancora di più e simboleggiando il contesto, l'ambiente in cui la vita fiorisce.

"Girasole" è per me la prova che arte e scienza, emozione e logica, non sono mondi separati. È un invito a guardare oltre la superficie delle cose, a cercare le strutture nascoste che governano la bellezza che ci circonda. È la celebrazione di come una regola matematica possa trasformarsi in pura poesia visiva.

Quest'opera mi ha insegnato la pazienza del tratto e la gioia della scoperta, la stessa gioia che prova un girasole nel volgersi, ogni giorno, verso la sua fonte di vita.


~Mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...