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sabato 2 luglio 2022

Leggero

Sull’ uscio d’ una camera 
oberata di ricordi
al tramontar d’ una giornata 
discola da quitare
dove
infida si sorseggia la gravità.



Peso dei Ricordi e la Fragilità della Quiete

"Leggero". È una parola che tutti desideriamo associare al nostro stato d'animo, specialmente alla fine di una giornata difficile. Eppure, raggiungere la leggerezza è spesso un'impresa tutt'altro che lieve. A volte, è un equilibrio precario, un'arte sottile che si pratica in silenzio, sull'uscio della nostra anima.

La mia poesia, intitolata ironicamente "leggero", cerca di catturare proprio questo momento di tensione: l'istante in cui si tenta di gestire il peso dell'esistenza con la delicatezza di un gesto, sapendo che la quiete conquistata è fragile e, forse, ingannevole.

"Sull'Uscio": Lo Spazio Liminale dell'Anima

La poesia ci colloca immediatamente in uno spazio liminale, uno spazio di mezzo: "Sull'uscio d’ una camera". La soglia è un luogo potente. Non si è né dentro né fuori. È il punto dell'esitazione, della riflessione, della scelta.

  • Dentro, c'è una "camera oberata di ricordi". La parola "oberata" è fondamentale: significa sovraccarica, appesantita. La stanza non è un rifugio, ma un archivio del passato, un luogo che porta un peso. Entrare significherebbe immergersi completamente in quel peso.
  • Fuori, c'è il "tramontar d’ una giornata discola da quitare". Il giorno che finisce non è stato sereno, ma "discolo": ribelle, difficile, indisciplinato. Il tramonto è il momento in cui si cerca di "quitare" questa giornata, di saldare i conti con la sua fatica, di placarla.

Il poeta si trova quindi in un doppio limbo: tra il giorno e la notte, e tra il mondo esterno e il proprio mondo interiore carico di memoria. È un momento di transizione perfetto per la riflessione che sta per compiersi.

Il Gesto Centrale: "Infida si sorseggia la gravità"

L'ultimo verso è il cuore pulsante della poesia, un'immagine di straordinaria forza e complessità. In questo luogo e in questo momento, "infida si sorseggia la gravità."

Analizziamo questo gesto apparentemente impossibile:

  • "La gravità": È il peso. Il peso della giornata "discola", il peso della camera "oberata di ricordi". È la serietà della vita, la somma delle nostre fatiche e delle nostre nostalgie. È una forza che dovrebbe schiacciarci.
  • "si sorseggia": A questa forza opprimente, il poeta non reagisce con violenza né con rassegnazione. Reagisce con un gesto delicato, quasi da degustatore. "Sorseggiare" la gravità è un tentativo di assumerla in piccole dosi, di gestirla, di non farsene travolgere. È l'atto di chi cerca di mantenere il controllo, di affrontare il proprio carico emotivo con una studiata lentezza.
  • "infida": Questo avverbio è la chiave che svela la vera natura della situazione. Perché questo sorseggiare è "infido", "traditore", "ingannevole"?
    1. È un auto-inganno: L'atto di sorseggiare la gravità è un tentativo di sentirsi "leggeri", ma è una leggerezza fittizia. È una performance. Si finge di poter gestire con eleganza un peso che in realtà è immenso. È un tradimento verso sé stessi, perché si maschera lo sforzo con un gesto apparentemente lieve.
    2. La gravità stessa è infida: Il dolore e il peso dei ricordi sono traditori. Ti illudono che tu possa gestirli a piccoli sorsi, ma sono sempre pronti a travolgerti, a trascinarti a fondo se solo perdi la concentrazione.

La Tensione del Titolo: La Fatica di Essere "Leggero"

E così, torniamo al titolo. "Leggero" non è la descrizione dello stato d'animo del poeta, ma la sua aspirazione, o forse la sua maschera. La poesia non parla di leggerezza, ma dello sforzo immane e precario che si fa per essere leggeri.

La vera protagonista è la "gravità". Il titolo "leggero" è l'etichetta ironica che diamo a quel nostro fragile equilibrio, a quella quiete conquistata a fatica che sappiamo essere costantemente minacciata. È la leggerezza di un funambolo che cammina su un filo sospeso sul baratro dei propri ricordi e delle proprie fatiche.

Un Equilibrio Precario

"Leggero" è il ritratto di un momento universale. È il silenzio che cala alla fine di una brutta giornata, quando ci troviamo a fare i conti con noi stessi. È la descrizione di un meccanismo di difesa psicologico: affrontare il peso della vita non negandolo, ma parcellizzandolo, sorseggiandolo con una cautela che sappiamo essere, in fondo, infida.

È una poesia che ci insegna che la pace, a volte, non è uno stato permanente, ma un delicato e continuo atto di equilibrio.

Vi siete mai trovati "sull'uscio", a fine giornata, a "sorseggiare" una gravità personale? E in cosa trovate la forza per non essere sopraffatti dal peso dei ricordi?


~Mia.

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