Un Suono che Infrange il Quotidiano
Le labbra. Sono il confine tra il nostro mondo interiore e quello esteriore. Dalle labbra nascono i baci, i sussurri, le parole che consolano. Ma sempre dalle labbra può scaturire un suono capace di ferire, di incrinare la realtà, di piantarsi nella memoria come una scheggia.
La mia poesia "Labbra" esplora proprio questa seconda, più oscura, possibilità. È un frammento che fotografa l'istante esatto in cui la melodia rassicurante della vita di tutti i giorni viene infranta da un suono che si fa minaccia
I primi tre versi costruiscono volutamente una scenografia di ordinaria tranquillità.
- "L’ andirivieni dei treni": È l'immagine del mondo che va avanti. È il simbolo della routine, del viaggio, di un movimento costante e prevedibile. Il suono del treno, in lontananza, è spesso un sottofondo quasi confortante della vita urbana.
- "le pagine belle di un libro": Qui l'attenzione si sposta dall'esterno all'interno, in uno spazio privato di piacere e cultura. Il libro rappresenta l'ordine, la narrazione, la possibilità di rifugiarsi in storie che hanno un inizio e una fine. È un'oasi di bellezza controllata.
- "tra la vita di tutti i giorni": Questo verso è il collante che tiene insieme la scena. Ci dice che i treni e i libri non sono eventi eccezionali, ma parte del tessuto della nostra esistenza, del flusso placido e familiare del quotidiano.
In queste poche righe, si delinea un'atmosfera di pace, una "quiete prima della tempesta" emotiva che sta per scatenarsi.
Ed è qui che tutto si rompe. Improvvisamente, in questo scenario pacifico, "rimbomba un fonema". Analizziamo questa scelta di parole:
- "Rimbomba": Non è un suono qualunque, è un'eco potente, invasiva, che occupa tutto lo spazio acustico e mentale. Ha una qualità quasi violenta.
- "un fonema": L'elemento geniale è questo. Non rimbomba una parola, né una frase, ma un "fonema", l'unità sonora più piccola di una lingua. È un suono quasi astratto, spogliato di significato ma non di potere. Potrebbe essere una singola vocale, una consonante dura. Questa scelta lo rende più primordiale, più inspiegabile e per questo più spaventoso.
La poesia prosegue con una similitudine agghiacciante: "come fosse metallo". Il suono, nato dalle labbra (un organo morbido, umano), assume le qualità del metallo: freddo, duro, pesante, industriale, privo di vita e di empatia. È un suono che ferisce, che non si può piegare. Il contrasto tra la fonte ("Labbra") e la natura del suono (metallo) è il cuore del dramma. Forse una parola detta con crudeltà, una notizia gelida, un'offesa che si conficca dentro.
L'ultimo verso è la destinazione di questo suono metallico: "a rugliare nelle paure". Il verbo "rugliare" è animalesco, primitivo. Appartiene a una bestia feroce. Questo fonema non è più un'eco passiva, ma un'entità viva e aggressiva che ha trovato una tana. E questa tana sono le nostre paure.
La paura non è più un'emozione astratta, ma un luogo fisico, una caverna interiore dove questo suono mostruoso si è insediato e continua a "rugliare". È l'immagine perfetta di un trauma, di un'ansia persistente, di un pensiero ossessivo che non dà tregua. È il rumore di fondo della nostra inquietudine che, a volte, si amplifica fino a diventare un ruggito che copre ogni altro suono.
"Labbra" è una poesia sulla vulnerabilità. Ci ricorda come la nostra pace interiore, costruita con la routine e le piccole gioie ("i treni", "i libri"), sia in realtà fragile. Basta un fonema, un frammento di suono nato da labbra umane ma trasfigurato in metallo, per far crollare tutto e risvegliare le bestie che dormono nelle nostre paure.
È un monito sul potere, spesso sottovalutato, delle parole e dei suoni. E ci lascia con una domanda sospesa: come si fa a zittire un ruggito che viene da dentro?