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venerdì 24 marzo 2023

Labbra

L’ andirivieni dei treni
le pagine belle di un libro
tra la vita di tutti i giorni
rimbomba un fonema
come fosse metallo
a rugliare nelle paure.


Un Suono che Infrange il Quotidiano

Le labbra. Sono il confine tra il nostro mondo interiore e quello esteriore. Dalle labbra nascono i baci, i sussurri, le parole che consolano. Ma sempre dalle labbra può scaturire un suono capace di ferire, di incrinare la realtà, di piantarsi nella memoria come una scheggia.

La mia poesia "Labbra" esplora proprio questa seconda, più oscura, possibilità. È un frammento che fotografa l'istante esatto in cui la melodia rassicurante della vita di tutti i giorni viene infranta da un suono che si fa minaccia

I primi tre versi costruiscono volutamente una scenografia di ordinaria tranquillità.

  • "L’ andirivieni dei treni": È l'immagine del mondo che va avanti. È il simbolo della routine, del viaggio, di un movimento costante e prevedibile. Il suono del treno, in lontananza, è spesso un sottofondo quasi confortante della vita urbana.
  • "le pagine belle di un libro": Qui l'attenzione si sposta dall'esterno all'interno, in uno spazio privato di piacere e cultura. Il libro rappresenta l'ordine, la narrazione, la possibilità di rifugiarsi in storie che hanno un inizio e una fine. È un'oasi di bellezza controllata.
  • "tra la vita di tutti i giorni": Questo verso è il collante che tiene insieme la scena. Ci dice che i treni e i libri non sono eventi eccezionali, ma parte del tessuto della nostra esistenza, del flusso placido e familiare del quotidiano.

In queste poche righe, si delinea un'atmosfera di pace, una "quiete prima della tempesta" emotiva che sta per scatenarsi.

Ed è qui che tutto si rompe. Improvvisamente, in questo scenario pacifico, "rimbomba un fonema". Analizziamo questa scelta di parole:

  • "Rimbomba": Non è un suono qualunque, è un'eco potente, invasiva, che occupa tutto lo spazio acustico e mentale. Ha una qualità quasi violenta.
  • "un fonema": L'elemento geniale è questo. Non rimbomba una parola, né una frase, ma un "fonema", l'unità sonora più piccola di una lingua. È un suono quasi astratto, spogliato di significato ma non di potere. Potrebbe essere una singola vocale, una consonante dura. Questa scelta lo rende più primordiale, più inspiegabile e per questo più spaventoso.

La poesia prosegue con una similitudine agghiacciante: "come fosse metallo". Il suono, nato dalle labbra (un organo morbido, umano), assume le qualità del metallo: freddo, duro, pesante, industriale, privo di vita e di empatia. È un suono che ferisce, che non si può piegare. Il contrasto tra la fonte ("Labbra") e la natura del suono (metallo) è il cuore del dramma. Forse una parola detta con crudeltà, una notizia gelida, un'offesa che si conficca dentro.

L'ultimo verso è la destinazione di questo suono metallico: "a rugliare nelle paure". Il verbo "rugliare" è animalesco, primitivo. Appartiene a una bestia feroce. Questo fonema non è più un'eco passiva, ma un'entità viva e aggressiva che ha trovato una tana. E questa tana sono le nostre paure.

La paura non è più un'emozione astratta, ma un luogo fisico, una caverna interiore dove questo suono mostruoso si è insediato e continua a "rugliare". È l'immagine perfetta di un trauma, di un'ansia persistente, di un pensiero ossessivo che non dà tregua. È il rumore di fondo della nostra inquietudine che, a volte, si amplifica fino a diventare un ruggito che copre ogni altro suono.

"Labbra" è una poesia sulla vulnerabilità. Ci ricorda come la nostra pace interiore, costruita con la routine e le piccole gioie ("i treni", "i libri"), sia in realtà fragile. Basta un fonema, un frammento di suono nato da labbra umane ma trasfigurato in metallo, per far crollare tutto e risvegliare le bestie che dormono nelle nostre paure.

È un monito sul potere, spesso sottovalutato, delle parole e dei suoni. E ci lascia con una domanda sospesa: come si fa a zittire un ruggito che viene da dentro?


~mia.



martedì 21 marzo 2023

Venti

Leone
dal tuo naso in su,
per quanto grave
la terra

nemmeno una lacrima
indugia, rimane solo
lei.



Tra Forza Leonina e il Soffio del Tempo

A volte, la forza non ha bisogno di urla o di grandi gesti. A volte, la forza più profonda è un silenzio, uno sguardo fisso, un'assenza. L'assenza di una lacrima di fronte al peso del mondo. La mia poesia "Venti" è un tentativo di catturare proprio questa forma di quiete indomabile, un ritratto di resilienza scolpito in una manciata di versi.

Il primo indizio, la chiave di volta della poesia, è il suo titolo: "Venti". Questa parola in italiano ha una meravigliosa e potente ambiguità.

  • Vènti (i venti, plurale di vento): Questa lettura suggerisce una forza della natura. I venti sono invisibili ma potenti, capaci di spazzare via le nuvole, le foglie secche e, metaforicamente, le lacrime. Il vento è un simbolo di cambiamento, di purificazione, di una potenza che non si può fermare. Il Leone della poesia è forse sferzato da questi venti, ma non si piega; anzi, il vento stesso sembra asciugargli il volto prima che la debolezza possa mostrarsi.
  • Vénti (il numero 20): Questa seconda lettura trasforma completamente la poesia, dandole una dimensione anagrafica e umana. Il "Leone" potrebbe avere vent'anni. Un'età soglia, un momento di passaggio in cui si affronta per la prima volta la "grave terra" – le responsabilità, i dolori, le disillusioni del mondo adulto – con l'orgoglio e la fiera determinazione della gioventù. L'assenza di lacrime diventa allora un manifesto di forza giovanile.

È probabile che entrambe le letture convivano, arricchendosi a vicenda. La forza del Leone è elementare come il vento e fiera come quella di un ventenne che affronta il mondo.

La poesia si apre con un'invocazione: "Leone". Il leone è l'archetipo del coraggio, della regalità, della fierezza e della forza. Che si tratti dell'animale o del segno zodiacale, l'immagine è quella di chi non china la testa.

La scelta di inquadrare la figura "dal tuo naso in su" è una decisione poetica magistrale. Esclude la bocca (simbolo del lamento, della parola) per concentrarsi sulla parte alta del volto: la fronte, sede del pensiero e della volontà, e soprattutto gli occhi. Gli occhi, da cui dovrebbero nascere le lacrime, sono invece il luogo di una resistenza silenziosa. È lo sguardo di chi affronta la situazione a testa alta, senza distogliere la vista dalla gravità del mondo ("per quanto grave la terra").

I versi finali sono il cuore del mistero e della potenza della poesia. Di fronte a una situazione pesante, "nemmeno una lacrima indugia". Non è solo che il Leone non piange; è che la lacrima non fa nemmeno in tempo a formarsi, a esitare sul suo volto. Viene spazzata via, forse da quel "vento" del titolo.

E al suo posto, cosa rimane? "rimane solo / lei."

Chi è "lei"? La poesia, volutamente, non lo svela, lasciando a noi il compito di riempire quello spazio. "Lei" è la personificazione di un'essenza femminile, un principio che è più forte del dolore. Possiamo ipotizzare diverse identità, tutte valide e potenti:

  • La Dignità: Forse la più adatta al ritratto del Leone. Quando tutto il resto crolla, rimane la propria dignità, intatta e sovrana.
  • La Forza: La più diretta e istintiva. La forza interiore, nuda e pura, è l'unica cosa che non può essere sconfitta.
  • La Volontà: La decisione cosciente di non cedere, la determinazione che arde negli occhi.
  • La Fiamma: Un'immagine più poetica. La fiamma della vita, dello spirito indomito, che continua a bruciare anche senza lacrime a darle un aspetto tremolante.

"Lei" è, forse, la somma di tutte queste cose. È l'anima stessa del Leone, la sua essenza più profonda che si rivela proprio nel momento di massima pressione, quando ogni fragilità è stata erosa.

"Venti" è una celebrazione della resilienza. Ci insegna che la vera forza non è l'assenza di dolore – "la terra" è e rimane "grave" – ma la capacità di affrontarlo senza perdere la propria essenza. È un'ode alla dignità silenziosa, a quel nucleo indistruttibile che rimane in noi quando tutto il resto sembra perduto. È la forza tranquilla di un Leone, la furia purificatrice del vento e l'orgoglio invincibile dei vent'anni.

E ci lascia con una domanda che risuona a lungo, ben dopo la fine della lettura: E in voi, nei momenti più gravi, quando le lacrime non scendono, chi o cosa è "lei" che rimane?



~mia.

Random 3

Siamo Davvero Liberi di Scegliere o è Già Tutto Scritto nel Nostro Cervello? Ciao a tutti, appassionati della mente e curiosi dell'unive...